Sui giornali comincia ad apparire qualche indiscrezione che naturalmente viene subito smentita dai diretti interessati. Ma giorno dopo giorno i segnali si moltiplicano. PD e M5S stanno, reciprocamente, mandandosi qualcosa di più di qualche segnale di attenzione. L’ipotesi di una possibile alleanza fra i due partiti sta uscendo dal novero delle cose impossibili. Del resto l’intesa fra i due soggetti è favorita anche da alcune condizioni oggettive come quelle derivanti dal sistema elettorale tendenzialmente maggioritario e dalla sempre più evidente incompatibilità fra Lega e grillini. Se infatti i 5Stelle risultano essere politicamente non conciliaboli con Salvini, e i contrasti continui sono lì a dimostrarlo, con chi altri può allearsi il movimento, sempre che voglia continuare ad essere forza di governo? Stesso discorso vale per il PD. Anche per il partito di Zingaretti, con questo sistema elettorale, è impossibile, stando ai risultati di oggi, pensare di arrivare a governare da solo. Ecco allora la nuova ipotesi di “convergenze parallele” versione 2000. In questo parlamento c’è, almeno sulla carta, una maggioranza PD-5Stelle. Se il governo dovesse andare in crisi, stante la volontà di Mattarella di privilegiare la stabilità politica per tenere sotto controllo l’economia e di tanti parlamentari a non lasciare un posto che in molti casi non riavrebbero più, la soluzione di un Conte bis, appoggiato dai due partiti, potrebbe essere percorribile.
Certo, c’è il peso del passato, dell’azione, ai limiti della denigrazione, che i 5Stelle hanno fatto per anni nei confronti dei Democratici, di una diversa impostazione di fondo sui temi stessi della democrazia e dell’economia. Ma la politica si sa è l’arte del possibile. Ed è per questo che non da oggi, lavorando sempre sotto traccia, diversi pontieri stanno cercando di favorire l’incontro. Fra questi, soprattutto Dario Franceschini e la sua corrente. All’ultima assemblea nazionale del PD, David Sassoli, fresco di nomina a Presidente del Parlamento europeo, ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo e, sia pure senza mai nominare i grillini, ha apertamente invitato il partito a valutare anche questo tipo di ipotesi. Queste le sue parole
“Dobbiamo riprendere a fare politica come sta facendo Nicola Zingaretti…Nel tempo della frammentazione nessuno può considerarsi autosufficiente né in Italia né in Europa. Ma se saremo forti della nostra identità, orgogliosi del nostro passato, cosa può metterci paura ad incrociare storie diverse, temperamenti molto lontani dai nostri, gente che ci ha criticato, gente che viene da lontano, interessi che non ci appartengono? Per fare questo abbiamo bisogno di maggiore laicità, di non chiedere da dove viene il nostro interlocutore, ma chiedergli dove vuole andare”.
Nello stesso lasso di tempo altri segnali venivano dal fronte europeo con l’elezione del grillino Massimo Cataldo a vice-presidente del P.E., con il voto determinante del PD e l’azione personale e diretta di Sassoli, e l’appoggio, anche questo determinante, dato dai 5Stelle all’elezione a Presidente della Commissione di Ursula von der Leyen. Segnali convergenti anche sul piano interno. Dalla quasi scomparsa degli attacchi reciproci, Zingaretti non critica mai Di Maio, all’ assunzioni di posizioni comuni contro la Lega sia sul piano politico che all’interno della RAI.
Naturalmente è presto per dire se questo tipo di ipotesi diventerà concretamente percorribile, c’è infatti da vedere anche le contromosse che all’interno dei Democratici metteranno in campo i contrari all’accordo, ma è un fatto che il quadro politico si sta muovendo in questa direzione. E questa è anche la ragione di fondo per cui Salvini, non essendo certo dello scioglimento delle Camere in caso di crisi, è molto titubante a far cadere il governo.
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