L’appoggio offerto dal Governo italiano alla nomina della prima donna Presidente della Commissione Europea (la tedesca Ursula Von Der Leyen) e della prima donna Presidente della Banca Centrale Europea (la francese Christine Lagarde) oltre a garantire all’Italia l’uscita dall’orbita della procedura di infrazione per deficit eccessivo e l’elezione di un proprio esponente (di provenienza leghista come ha annunciato il Premier Contei) a Commissario per la Concorrenza sembra aprire al Belpasse un altro importante spiraglio: la nomina a Presidente del Fondo Monetario Internazionale (FMI) di Mario Draghi.
Nomina che per l’Italia significherebbe mantenere un presidio (fino ad ora garantito dalla Presidenza italiana della BCE) nella cosiddetta Troika (Commissione europea, BCE e FMI) che tanta voce in capitolo ha avuto nella negoziazione e nel risanamento dei bilanci di Paesi europei importati come Grecia, Spagna e Portogallo ma mai, guarda caso e nonostante i continui e pressanti avvertimenti, dell’Italia.
Un presidio quindi vitale per il nostro Paese che non ammetterà errori in sede di scelta del nuovo capo del FMI.
Ma il possibile scambio di poltrone tra Mario Draghi e Christine Lagarde eletta alla guida della banca europea, non rappresenterebbe solo una “polizza assicurativa” per l’Italia ma anche un buon viatico per un cambio di rotta nell’impostazione economia globale.
L’autonomia professionale e la sensibilità sociale oltre a quella istituzionale più volte manifestate dall’inquilino uscente dell’Eurotower, elogiate persino dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, potrebbe ridare vigore e ruolo ad una istituzione importate ed “universale” come il Fondo Monetario Internazionale istituito (assieme alla Banca Mondiale) nel 1944 con la nobile finalità di “promuovere e facilitare l’espansione e la crescita equilibrata del commercio mondiale”.
Afflato -come direbbe Papa Francesco- ad un “progresso integrale” (sociale/umano/ambientale ed economico) che negli anni è divenuto rigido e freddo approccio ragionieristico ma che una personalità preparata ed accorta come Mario Draghi potrebbe recuperare e valorizzare in risposta alle crisi innescate da una poco governata globalizzazione e dai nuovi scenari geo-economico-politici.
Ma non basta.
L’iniziativa politica del Premier Giuseppe Conte nella partita delle nomine europee conferma anche un altro aspetto sempre più evidente e politicamente dirompente: il vigoroso legame Palazzo Chigi-Quirinale. Binomio rinsaldato dall’appello di Sergio Mattarella contro l’ingiustificata procedura d’infrazione.
Un appello insolito, ma assai significativo che blinda la figura del Premier azzerando -in un amen- ogni velleità di voto anticipato.
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