In queste ultime settimane, sono stati pubblicati tre documenti di rilievo in materia fiscale. Una lettura congiunta ne evidenzia le connessioni e suscita alcune riflessioni.
Il 29 settembre, il Consiglio dei Ministri ha approvato la “Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza”. Alla nota è allegato il “Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell’evasione fiscale e contributiva – anno 2021” Rapporti e relazioni – Ministero dell’Economia e delle Finanze (mef.gov.it) (dopo Rapporto). Nel Rapporto, si espongono le strategie adottate per contrastare l’evasione fiscale evidenziando, ove possibile, il recupero del gettito fiscale. Le norme stabiliscono che il Rapporto deve tenere conto, oltre che dei dati sull’evasione fiscale e contributiva, anche della cosiddetta “economia non osservata”.
Su questo tema, il 18 ottobre l’ISTAT ha pubblicato il Report “L’economia non osservata nei conti nazionali anni 2016-2019” Economia non osservata nei conti nazionali (istat.it). L’economia non osservata è costituita dalle attività produttive di mercato che, per motivi diversi, sfuggono all’osservazione diretta. Essa comprende l’economia sommersa (lavoro e fitti in nero, mance) e l’economia illegale (produzione e commercio di stupefacenti, prostituzione, contrabbando di sigarette). L’ISTAT informa che, nel 2019 (ultimo anno di rilevazione), l’economia non osservata vale 203 miliardi di euro, l’11,3 per cento del PIL. È di tutta evidenza che questa economia ― oltre a porre notevoli problemi di misurazione ― sfugge ad ogni tassazione
Frattanto, il 5 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge-delega per la riforma del fisco. Dopo cinquant’anni ― la precedente riforma tributaria risale, infatti, al 1971 (l. 825/1971) ―, s’intende procedere al generale riordino di una materia di estrema delicatezza che tuttavia, attraverso infinite evoluzioni e sovrapposizioni, si presenta ormai come un confuso ammasso di regole di difficile interpretazione anche da parte degli operatori di settore.
D’altro canto, la riforma del fisco rappresenta una delle riforme di maggior rilievo che dovrebbero accompagnare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Una disciplina della tassazione chiara, semplice, trasparente e attualizzata, oltre che a consentire un governo più efficace del settore fiscale, dovrebbe anche rendere più attrattivi gli investimenti in progetti di sviluppo da parte della finanza privata, compresa quella estera. La farraginosità del nostro sistema di tassazione ― similmente a quello della giustizia ― allontana gli investitori nel timore di avventurarsi in operazioni che potrebbero rivelarsi, a causa di un fisco opaco, scivolose e, in ultimo, ad alto rischio.
La riforma del fisco dovrebbe anche correggere i due fenomeni prima indicati dell’evasione fiscale e dell’economia sommersa attraendoli alla tassazione (più complessa la situazione per l’economia illegale). All’emersione di lavoro in nero ― e, quindi, al suo assoggettamento al prelievo fiscale e contributivo ―, potrebbero anche concorrere le recenti misure governative di controllo disposte per garantire una maggiore sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro (d.l. 146/2021).
La lettura congiunta ― ancorché rapida ― dei tre documenti consente di cogliere le connessioni tra i temi trattati. Al contempo, suscita alcune riflessioni. Come detto, il Rapporto deve impostare le sue valutazioni anche tenendo conto dell’economia non osservata. Per il Ministero dell’Economia, essa risulta nella “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva – Anno 2021” Relazione-evasione-fiscale-e-contributiva_25_09_finale.pdf (finanze.gov.it) (dopo, Relazione). Tuttavia, la Relazione aggiorna i dati in base al Rapporto dell’ISTAT sull’economia non osservata, documento quest’ultimo non ancora pubblicato al momento della redazione della Relazione 2021. La Relazione procede, dunque, alle sue elaborazioni basandosi sui dati anteriori al 2019, sebbene le serie storiche non evidenzino differenze significative da un anno all’altro.
Il Rapporto del Ministero dell’Economia, dopo aver fornito i risultati dell’attività di prevenzione e contrasto dell’evasione tributaria e contributiva nel 2019 ― che ha consentito la riscossione di 13,9 miliardi di euro per tributi evasi ―, analizza il fenomeno del tax gap, cioè del divario tra imposte effettivamente versate e quelle che i contribuenti avrebbero dovuto versare. Dalla Relazione emerge che, nel 2018, considerando anche l’economia sommersa, il tax gap ammonta a 102,8 miliardi di euro (90,6 miliardi per mancate entrate tributarie e 12,2 miliardi di mancate entrate contributive). Per quanto detto prima, questi dati andranno ricalcolati sulla base di quelli resi noti dall’ISTAT sull’economia sommersa nel 2019. Di questa l’ISTAT ci dice che, dei 203 miliardi di valore, 184 miliardi sono attribuiti all’economia sommersa e 19 miliardi alle attività illegali. Nel 2019, il tax gap non dovrebbe essere dunque molto diverso da quello del 2018.
Mettendo in linea le date di tutti questi documenti, emerge intanto un elemento un po’ sconcertante: c’è un Rapporto governativo datato 2021 ma che analizza dati riferiti a tre anni precedenti. Un reale governo dei fenomeni evasivi richiederebbe forse analisi più ravvicinate. Ma c’è un’altra riflessione drammatica di natura sostanziale. Mentre da un lato c’è un’affannosa ricerca di risorse finanziarie per rilanciare l’economia dopo la recessione causata da Covid-19, dall’altro si dà atto serenamente di dati imponenti sull’evasione fiscale e contributiva. Ci compiacciamo degli oltre 200 miliardi assegnati all’Italia dall’Europa sulla base del Next Generation EU, tuttavia distribuiti su un arco di sei anni e subordinati all’effettuazione dei progetti programmati. Contemporaneamente, perdiamo annualmente oltre 100 miliardi per evasione fiscale e contributiva. Checché chi governa cerchi di farci credere ― ma la politica parla poco di tax gap ―, il bilancio resta fortemente in perdita.
È auspicabile che la riforma del fisco, oltre che a fare ordine nel delicatissimo settore della tassazione, crei anche strumenti efficaci di contrasto al fenomeno dell’evasione. Per saperlo, si devono però attendere i provvedimenti delegati. Soltanto allora si capirà se la riforma del fisco contribuirà effettivamente allo sviluppo del PNRR e, soprattutto, a ridurre il fenomeno dell’evasione fiscale.
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