Il Louvre ha aperto ad Abu Dhabi, gli Uffizi a Dicomano. Detta così sembra la solita caustica battuta toscana che manda tutto in sberleffo, invece si tratta di una novità non proprio trascurabile sia per il futuro della più visitata istituzione museale italiana sia per la valorizzazione e la promozione culturale e territoriale di una buona parte della nostra regione.
Il passaggio da “museo cittadino” a “museo diffuso” sul territorio che il direttore Eike Schmidt sta promuovendo sui media locali e nazionali (in questi mesi è stato molto attivo dal punto di vista degli annunci su molti fronti) è da intendersi sicuramente come una grande opportunità sia per gli stessi Uffizi sia per quell’area allargata su cui il museo andrà a ridistribuire i molti tesori che ancora sono custoditi nei suoi depositi. Molte opere d’arte torneranno così visibili ma soprattutto torneranno là dove un tempo sono state prelevate.
L’idea di intensificare il raggio d’azione degli Uffizi fuori dal centro di Firenze ma seguendo una logica di prossimità ridona fiato ai contesti, alle storie e alla memoria delle opere, allontanando quel fastidioso rumore neoliberista che domina in una museologia d’attacco fatta di operazioni take away di cui l’esempio più illustre è proprio il museo francese con la sua sede nella penisola arabica. Mentre l’operazione che ha in ponte gli Uffizi trova la sua anima nel restituire alla collezione il suo valore spirituale che testimonia la storia di un territorio.
La lezione dello storico dell’arte G. C. Argan che voleva il museo in stretta relazione con la città e le sue vicende trova così nuova e contemporanea applicazione in una formula che coinvolge un “vicinato” allargato i cui terminali sono i piccoli, ma non minori, musei civici (in un mio intervento a fine maggio sulle pagine fiorentine di La Repubblica mi auguravo che l’operazione di duplicazione degli Uffizi andasse in questa direzione). Quel ricco mosaico di collezioni sparse sui territori in questo modo recupera visibilità ma anche un diverso ruolo in quel prolifico racconto della nostra storia dell’arte. Mettere a sistema e valorizzare quello che già è presente è senza dubbio la strategia più proficua anche per ridare spinta alle energie locali, bisogna però non farsi scappare l’occasione. La Regione Toscana che per voce del neopresidente Giani si è detta fortemente interessata a questa prospettiva dovrebbe prendere un’iniziativa concreta, oltre a quella finanziaria, e fin da subito iniziare a progettare insieme a tutti i soggetti una strategia che parallelamente alla valorizzazione a guida Uffizi affronti con idee nuove la promozione di quello che potrebbe essere un modello museale innovativo a livello nazionale. Si dovrebbe forse superare anche il modello della rete museale per guardare ad altro ma soprattutto si dovrebbe essere immediatamente operativi in modo da farsi trovare pronti quando potremmo tornare a circolare liberamente.
Ben altre considerazioni devono, invece, essere fatte per quell’operazione che ormai è stata denominata, per fortuna soltanto provvisoriamente, Uffizi 2. E da cui si è innescato tutto il dibattito sul diverso ruolo che gli Uffizi possono giocare in una dimensione non più esclusivamente fiorentino centrica. Nel caso Uffizi 2 si tratterebbe di una duplicazione della Galleria che avrà per sede la Villa medicea di Careggi. Anche per questa futura collezione le opere arriveranno dai nutriti depositi.
In quella che fu una delle ville più importanti della famiglia Medici troverà sede una collezione che racconti la storia della medicina e della scienza. Certo l’attuale “genius loci” del luogo, ovvero il più grande centro ospedaliero della regione da cui la villa è stretta, in maniera didascalica detta questo indirizzo. Ma proprio perché la collezione si andrà a innestare in uno dei centri sanitari più vivi e vissuti, e in un momento particolare come quello che stiamo vivendo causa Covid-19, forse la sola narrazione delle conquiste mediche e scientifiche anche attraverso affascinanti opere d’arte non può bastare. Ampliare l’offerta regionale dei musei con vocazione scientifica è senza dubbio importante (nel 2018 questi istituti rappresentavano il 3,2% dell’offerta museale toscana) e farlo con un’autorevole collezione come quella che gli Uffizi sapranno mettere in mostra è senza dubbio un’impresa lodevole ma forse non sufficiente a darle un ruolo di attrattore e di ricerca.
La villa fu sede di quell’accademia platonica che fu il vero spirito rinascimentale della Firenze medicea, ed oggi potrebbe tornare ad assumere un tale ruolo di guida al presente se, oltre a offrire una pregevole collezione, diventasse un luogo internazionale di ricerca e approfondimento intorno a quell’alleanza strategica tra Cultura e Salute a cui anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dedicato il suo rapporto 2019.
Ormai decenni di studi hanno dimostrato che la cultura è un’importante risorsa per la salute, nella dimensione delle medical humanities e della promozione della salute, oltre che per lo sviluppo di equità e di qualità sociale. Molti sono gli studi che evidenziano l’impatto delle arti sulla salute fisica e mentale. E in queste ricerche forse converrebbe continuare a investire. Innestare un’accademia alla Villa di Careggi che sappia guardare al mondo e in una prospettiva di crossover arte/salute, vorrebbe dire ancora una volta riportare la Toscana al centro della contemporaneità oltre che creare un nuovo grande vantaggio per tutti i suoi cittadini. E per la Galleria degli Uffizi significherebbe stare ancora avanti di un passo, anche se aprirà a Dicomano.
Ornella Bettinelli
Interessante e colto articolo! Complimenti all’autore
Massimo Gregorini
L’idea della villa medicea di Careggi, inserita nel 2013 nella Lista Patrimonio dell’Umanita’ dell’UNESCO, quale sede di una Accademia e’ interessante. Quando Mariella Zoppi era assessore alla cultura della Regione Toscana, fu avanzata l’idea di istituire nella villa una scuola di paesaggio in collaborazione con l’Universita’. Ma ora bisogna che il presidente Giani dia una sferzata alla burocrazia regionale affinché vengano utilizzati i 5 milioni di euro stanziati nel 2014 (Por Creo Fesr 2014/20) per completare il restauro della villa, decidendo urgentemente la destinazione d’uso, cosa che negli ultimi 5 anni l’assessore alla cultura non e’ riuscita a fare!