E così alla fine il centrosinistra ha il candidato. Eugenio Giani è stato “accettato” dalla quasi totalità dei partiti e movimenti partecipanti al Tavolo del centrosinistra toscano con la sola eccezione di quelli che si riconoscono, per identità e programmi, nell’area della sinistra più radicale.
Il motivo di tale “distinzione” appare abbastanza condivisibile laddove la sinistra critica la modalità con cui è stato selezionato il candidato molto meno allorquando pone problemi di identità programmatica che, essendo chiaramente minoritari nel panorama politico regionale, non possono essere portati a sostegno di un disimpegno nell’alleanza.
È condivisibile la contestazione che si fa verso il PD per la scelta tutta interna e del tutto priva di riscontro con il popolo dei militanti e degli elettori attraverso le primarie o qualsiasi altro sistema di ascolto della base. O per meglio dire, delle diverse “basi” che si riconoscono a qualche titolo nel centrosinistra. Che sono tante, con idee molto articolate e talvolta alternative anche su temi fondamentali e che sono molto meno legate, rispetto alla tradizione, da una appartenenza fortemente maggioritaria in un unico partito. E di questa pluralità e disarticolazione, che appare al momento ineludibile specialmente nel centrosinistra, il Pd avrebbe dovuto farsene carico con modalità di selezione meno di palazzo e più partecipate. Peraltro, il candidato Eugenio Giani è da mesi che, presentando in anticipo la propria candidatura, ha chiesto più volte di passare attraverso le primarie per rafforzare la propria immagine politica e per evitare di passare come l’uomo imposto dall’alto.
Ma alla data odierna è parso giustamente impossibile riavvolgere il nastro. E rilanciare il tema delle primarie con tutto quello che vuol dire in termini organizzativi e di gestione politica. E quindi la richiesta della sinistra al Tavolo regionale è parsa a tutti, al di là dicevamo della giustezza della critica ad un metodo chiaramente inadeguato, come la voglia di rafforzare una identità “alternativa” al candidato prescelto per strappare qualche posizione di peso politico nella coalizione insieme a qualche elemento più radicale nella impostazione del programma. Non pensiamo infatti che l’uscita dalla coalizione possa rappresentare, per la sinistra radicale ma governativa, una posizione sostenibile dal momento che si troverebbe relegata in una alleanza ultra minoritaria con gruppi come Potere al Popolo e Rifondazione Comunista che pensano esclusivamente ad una presenza identitaria fine a sé stessa e che avrebbe come unico risultato politico l’indebolimento del centrosinistra nella battaglia contro la destra nel paese e nella Toscana.
Ora la palla passa al candidato. Che ha bisogno di passare due esami importanti. Il primo è quello della credibilità. Una credibilità che non può fermarsi al fatto di essere una brava e onesta persona, cosa che ha riconosciuto anche un critico come Staino, e magari anche un amministratore preparato. Giani ha necessità di essere credibile anche come uomo del cambiamento e della non continuità. È certamente un ruolo più difficile per lui. Meno naturale data la sua esperienza e la sua storia nella politica cittadina e regionale. Ma è un elemento che deve sapere interpretare magari puntando non tanto sull’immagine fine a sé stessa, che pure richiede qualche elemento di affinamento, ma piuttosto sui contenuti della sua proposta politica. E qui si apre il secondo esame. Quello del programma. Per un candidato come Giani che non rappresenta appunto, come immagine immediata, l’uomo del cambiamento il programma deve avere una forte componente di radicalità. I toscani vivono bene nella regione e sono coscienti di farlo in un contesto istituzionale ben governato specialmente se paragonato ad altre realtà territoriali del paese. Ma questo non basta. Occorre dare a loro il senso che si vuole andare avanti, che si vogliono migliorare le cose e che c’è spazio e impegno per cambiare le cose che non vanno. Senza questa sensazione sarà difficile convincere tanti toscani ad andare a votare e ad andare a votare per il centrosinistra e per Giani Presidente.
E allora che fare? Bisogna ascoltare il paese reale. Parlare con la gente in carne ed ossa. Capire i bisogni, le insoddisfazioni e le criticità che si trovano ad affrontare senza avere la presunzione di dare per risolta, in qualche caso, o di irrisolvibile, in qualche altra, la richiesta che viene dai cittadini. E nell’ascolto privilegiare la scoperta dei problemi e non la riaffermazione delle soluzioni già date.
E cominciando a dare qualche indicazione comincerei da questi tre temi. La sanità, il lavoro e la sicurezza. Per poi andare sui temi di più forte impegno programmatico come le infrastrutture, l’ambiente e il nuovo welfare.
Sulla sanità il discorso è complesso. Ma bisogna cominciare dalle percezioni semplici dei cittadini. E la percezione è che la Toscana ha una buona sanità, con punte di eccellenza, ma che è difficile “entrare” nel “sistema dei servizi ed essere seguito”. Non si tratta soltanto di liste di attesa, del cup (o degli ormai diversi cup che governano, solo in parte, gli accessi) o delle altre modalità con cui si viene presi in carico. Ma si tratta di un sistema che ti “respinge”, che non ti dà risposte adeguate e che ti costringe sempre più spesso alla scelta privata. E di un sistema in cui, anche una volta entrato, a fronte di malattie croniche o lunghe ti dà la sensazione di non essere seguito da nessuno. Queste sensazioni sono crescenti nel sistema toscano. E devono dar luogo ad una presa di coscienza da parte degli amministratori e quindi ad un impegno serio a trovare le vie di uscita da questa criticità. Nessuno, nel centrosinistra, vuole affossare il sistema sanitario della Toscana. Ma continuare a dire che “è il più bello del mondo” non è più sufficiente. Ed anzi è deleterio in termini di consenso politico.
La stessa cosa vale per il tema del lavoro. E del sistema educativo e formativo ad esso connesso. Ci sono istituzioni che dovrebbero accompagnare i giovani e i disoccupati a darsi una competenza spendibile sul mercato del lavoro e quindi a trovare un impiego. Ma i pezzi di questo sistema, a cui si aggiungono ora i famosi “navigator”, non sembrano integrati fra di loro. E i giovani e i disoccupati non si sentono minimamente “presi in carico”. Ma si trovano soltanto davanti, spesso senza capacità di capire quale strada prendere, pezzi di servizi, magari utili, magari anche eccellenti, ma scarsamente coordinati fra di loro. E anche qui urge una risposta a questa debolezza.
Ed infine il tema sicurezza. La Toscana è una terra relativamente sicura. Ma, come il resto del paese, è attraversata da fenomeni criminali mafiosi da tenere sotto controllo per evitare il loro dilagarsi e radicarsi, e quindi da fenomeni di microcriminalità diffusa e di degrado sociale legato anche al fenomeno della droga che appaiono crescenti almeno in termini di percezione della popolazione. Mentre nel primo caso occorre una battaglia forte di intelligence e di polizia, nel secondo caso occorre lavorare in maniera coordinata fra istituzioni e forze dell’ordine per dare la sensazione, e non solo quella, di un maggiore e più efficace controllo del territorio. E questo può avvenire soltanto ristabilendo la legalità a tutti i livelli e combattendo il degrado e il senso di impunità che troppo spesso caratterizza le nostre città.
Ecco questi sono solo tre esempi. Importanti e sentiti dalla popolazione. Che necessitano un forte impulso di cambiamento rispetto ad un certo tran-tran che è invalso nella politica e nella amministrazione negli ultimi anni. Quasi che aver raggiunto dei buoni risultati esentasse il governo regionale a migliorare le cose e a dare risposte più avanzate. Il candidato Giani dovrà rispondere a queste domande. Dare la sensazione di aver capito i problemi. E formulare alcune risposte anche in modo molto diverso dalla tradizione. Riuscirà ad essere l’uomo del “cambiamento nella continuità”?
Attendiamo le prime mosse.
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