C’è un gusto un po’ retrò nella disputa sul ddl Zan: ci riporta indietro di qualche decennio ai tempi in cui in Italia (ma non solo) prevalevano le ideologie e, di conseguenza, si facevano ancora le crociate, i comizi in piazza, le tribune politiche in tv; si agitavano le falci-e-martello da una parte e i crocifissi dall’altra; si affiggevano i manifesti politici sui muri dei palazzi anche negli spazi non proprio corretti; al bar si discuteva e si parlava in politichese, mentre in parrocchia si citavano in latino i padri della Chiesa.
Non a caso la televisione in quegli anni era in bianco e nero; perché era quello il modo di vedere la realtà: il bene e il male chiaramente contrapposti, tutti certi delle proprie certezze e incapaci di ascolto e di dialogo. In Europa c’era la cortina di ferro, la Cia ci spiava e il Kgb riforniva le Botteghe Oscure.
Chi l’avrebbe detto che, dopo la fine della Storia tipicamente novecentesca, la morte di Dio cantata da Guccini e l’avvento della Coca-cola con le bollicine narrato da Vasco Rossi, le dimissioni di Benedetto XVI, la rottura persino tra Bill e Melinda Gates, il degrado ambientale e il successo planetario di Greta, la tragedia del crollo del ponte Morandi e, dulcis in fundo, la diffusione del Covid-19 con tutte le sue varianti, saremmo tornati a dividerci e scontrarci, come ai tempi del referendum sul divorzio, su una questione: come la vogliamo definire, culturale?
E se invece, da una parte, la piantassero con i toni da crociata sui diritti civili, per cui o si fa l’Italia o si muore, o prendere o lasciare, o tutto quanto il Ddl o niente?
E non sarebbe per l’altra parte più opportuno evitare di aggrapparsi alle note tranchant del Vaticano sulla violazione dei Patti lateranensi e uscirsene con affermazioni tipo: lo dice anche il Santo Padre; che fa veramente venire in mente il Fanfani di cinquant’anni fa?
Per quanto vogliono continuare a discutere sul sesso degli angeli, mentre è della Ricostruzione dell’Italia che dovrebbero occuparsi seriamente? L’ epoca della propaganda andrebbe chiusa definitivamente, e aperta invece quella del dialogo e del compromesso.
Ma diciamola tutta: quant’anche si aggiungessero le fatidiche parole indicate da Zan “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità” ai motivi di discriminazione già previsti e puniti nel Codice Penale (“razziali, etnici, nazionali o religiosi”), ebbene, l’odio e i pregiudizi che lo producono non sarebbero automaticamente cancellati. Lo sappiamo tutti, purtroppo, basta leggere le terribili cronache quasi giornaliere per capirlo. Ci vorrà ben altro: per esempio studiare Pasolini a scuola e cacciare dagli stadi i tifosi razzisti.
E’ davvero un paradosso questo ddl Zan: teoricamente giusto, in pratica non servirebbe a niente. Ma se Letta e Salvini proprio non ce la fanno a risolvere la questione sotterrando le asce da guerra ideologica, forse, ci riuscirà ancora una volta Matteo Renzi – il pragmatista, il realista – a trarci fuori dai guai. Chissà!
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