La maggior parte degli italiani vanno in vacanze ad agosto: è una tradizione nata negli anni del boom economico, che si è mantenuta anche se i prezzi degli alberghi sono più alti e le spiagge particolarmente affollate. Questa è la tradizione in Italia; unica nazione al mondo dove si festeggia il Ferragosto che ha un’antica e nobile origine romana, visto che il nome deriva da “Feriae Augusti” perché volute dal grande imperatore.
Ma in questo agosto è successo qualcosa di molto insolito: quando siamo partiti per le ferie c’era un governo giallo-verde; e quando siamo tornati a casa e ai nostri lavori, abbiamo trovato, già quasi pronto e apparecchiato, un governo giallo-rosso.
La cosa non ci dovrebbe sorprendere, perché – come ci hanno spiegato costituzionalisti e dirigenti politici – la nostra è una democrazia parlamentare, per cui i governi ottengono la fiducia o la perdono in Parlamento; né il Presidente della Repubbica è obbligato a indire nuove elezioni ogni qualvolta ci sia una crisi.
D’altra parte una crisi c’è stata, dopo che il vicepremier Salvini l’aveva formalmente aperta. Perché l’abbia fatto non tutti l’hanno capito, ed io per primo; ma l’ha fatto. E’ pur vero che subito dopo ha chiesto di far tornare a votare gli italiani, i quali – si sa – alle ultime elezioni europee avevano decretato un vero trionfo per la Lega.
Ma questa non è una ragione sufficiente per ottenere nuove elezioni. Infatti, una nuova maggioranza si è subito formata, mettendo assieme due forze che in passato se l’erano suonate di brutto (Pd e Cinquestelle), ma che ora hanno cambiato atteggiamento l’uno verso l’altro e vogliono provare a governare.
E’ questo un sabotaggio della democrazia? Un mezzo colpo di stato? Un vergognoso “inciucio”?
Chi la pensa in questo modo non capisce come funziona la nostra Costituzione, che personalmente non considero affatto la più bella che ci sia; ma questa è, e fino a che non la cambiamo con una riforma decente ce la teniamo.
Anche se non vedo di buon occhio il prossimo governo giallo-rosso o giallo-rosa o giallo-fucsia che sia (ma neppure il giallo-verde mi era sembrato il massimo che potessimo desiderare), non mi unirò al coro degli indignati né andrò a manifestare sotto le finestre del Quirinale se mai qualcuno deciderà di farlo.
Vorrei però regalare a Matteo Salvini (che è stato un bravissimo ministro dell’Interno perché ha difeso gli interessi nazionali) una copia del Principe; dove Machiavelli spiega magistralmente che la vera difficoltà non sta tanto nel raggiungere il posto di comando e quindi nell’andare a governare, ma nel mantenere il potere. Per farlo, il principe deve dotarsi di “armi proprie” e non di un esercito mercenario (parafrasando, si potrebbe dire: una maggioranza omogenea e non frutto di un contratto); e in secondo luogo non deve sbagliare i suoi calcoli, facendo affidamento sulle dichiarazioni o le promesse degli altri, “perché uno uomo che voglia fare in tutte le parte professione di buono, conviene ruini infra tanti che non sono buoni”.
Insomma, se Cesare Borgia perse tutto quello che aveva conquistato (e l’Italia con lui perse una grande occasione per riuscire ad opporsi alle potenze straniere, almeno secondo Machiavelli) perché non riuscì a pilotare la nomina del nuovo papa, dopo la morte di Alessandro VI, suo padre e protettore; Matteo Salvini ha sbagliato scegliendo di rompere ora con i Cinquestelle, sperando di ottenere nuove elezioni e peccando, così, di intempestività e forse anche di ingenuità.
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