Con il giuramento di Mario Draghi e dei ministri del suo governo si apre una nuova fase nella vita politica del paese in un tornante drammatico della sua storia.
La pandemia ha colpito pesantemente l’Italia in una fase di rallentamento della sua economia il cui lento processo di recupero dei livelli precedenti la crisi del 2011/12 era stato bruscamente interrotto dalle fantasiose – per essere generosi – politiche del governo gialloverde fatte di sussidi e pensioni, di fittizie ed inconsistenti liberazioni dalla povertà: il rovesciamento delle alleanze che aveva portato alla nascita del governo giallorosso non aveva inciso sostanzialmente su questa deriva.
L’impatto della pandemia, gestita più rispondendo alle pulsioni emotive che ad una razionale e ferma strategia di contenimento e risposta, ha fatto emergere tutti i limiti politici di quel governo e del suo leader.
La consapevolezza emersa nell’Unione europea della gravità della situazione italiana (già soggetta allo stress di un debito colpevolmente fatto crescere a dismisura) si è tradotta nella disponibilità a contribuire al rilancio dell’Italia destinando risorse imponenti perfino superiori a quelle assicurate dal Piano Marshall per la ricostruzione postbellica (anche queste in parte a debito).
Ma nonostante gli autorevolissimi richiami, in ampi settori della maggioranza, non solo nei Cinquestelle ma anche in parti consistenti di PD e LeU, è emersa la chiara volontà, assecondata dal Ministro Gualtieri, di proseguire nella distribuzione a pioggia dei fondi assicurati dal Recovery Plan, inteso come una sorta di grande albero della cuccagna sulla quale arrampicarsi alla svelta strattonando gli altri, senza affrontare le questioni irrisolte che frenano la ripresa della produttività e la crescita economica, dalla scuola e formazione del capitale umano alla innovazione digitale ed alla ricerca, dal contrasto/adattamento al cambiamento climatico ad efficaci scelte per una rinnovato sistema sociosanitario.
Non era questa la missione del Recovery Plan e autorevoli richiami sono venuti dal’Unione europea, dal mondo delle imprese e del terzo settore, dal mondo della scienza e della cultura e soprattutto dal presidente della Repubblica.
Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire: di fronte al perseverare imperterrito del premier Conte su questo sentiero, cieco alla guida un corteo di ciechi verso il dirupo, Matteo Renzi si è assunto la responsabilità di aprire una crisi di governo, rimbrottato per la sua impertinenza, ragazzino che ha osato gridare che l’Imperatore è nudo, che lo splendido vestito magnificato è frutto di pura fantasia.
Costretto alle dimissioni, Conte si è messo alla ricerca di una riconferma con una terza giravolta: con supremo sprezzo del ridicolo ha cercato di organizzare manipoli di responsabili da manovrare nell’aula di palazzo Madama, mentre il PD si è assunto l’obiettivo di dividere Italia Viva, sicuramente in sofferenza per gli scarsi consensi che riceve nei sondaggi.
Ma non c’è stato niente da fare e il Presidente Mattarella, giocandosi non poche simpatie nel PD, ha fischiato la fine della partita ed affidato l’incarico per formare un nuovo governo a Mario Draghi, la riserva della Repubblica.
E sabato 13 il governo Draghi ha giurato dopo giornate che hanno visto ripensamenti e riposizionamenti delle forze politiche di governo e di opposizione.
Finita l’anestesia prolungata praticata da Conte, in una dura operazione verità tutti hanno visto spalancate di fronte a loro le porte dell’inferno del dissesto economico e finanziario che farebbe arretrare il paese all’indietro di cinquant’anni.
Ascolteremo il programma e lo commenteremo. Oggi ci preme mettere in rilievo che nella morta gora nella quale era finita la politica italiana sono caduti i cumuli di detriti che la ostruivano ed è ricominciato il movimento, lo scambio: è ritornata la vita, la dialettica, lo scontro nel merito.
De Rita proprio ieri sul Corriere della Sera metteva in guardia contro i governi fatti solo di tecnici: ricordando altre esperienze, raccomandava il giusto mix di tecnici e politici e, tra i tecnici, consigliava di guardare a quelli che hanno sensibilità politica, capacità di dialogo e mediazione.
Draghi pare lo abbia ascoltato: accanto ad un nucleo di tecnici di altissimo profilo ed in grado di dialogare e mediare con le espressioni della società italiana cui è affidata la responsabilità del Recovery plan e delle riforme non rinviabili connesse c’è un nutrita presenza di ministri politici che dovrebbero assicurare il consenso a scelte che comportano cancellazione o radicale revisione di misure adottate dai precedenti governi (reddito di cittadinanza, quota 100..) ed insieme riorganizzazione profonda della pubblica amministrazione e dei servizi per i cittadini, dalla sanità alla scuola ai trasporti. Tanti saranno gli interessi colpiti e tante le reazioni, più o meno spontanee o sobillate da oppositori palesi ed occulti: per contrastare questo disegno servirà una forte capacità di dialogo con i cittadini, di informazione e di sollecitazione a diventarne attivi protagonisti.
Qui si vedrà se i partiti anteporranno gli interessi del loro insediamento elettorale alla responsabilità nazionale di assicurare sostegno al governo per svolgere il compito che ha affidato loro il Capo dello Stato e che dovrà trovare la sua conferma nel voto di fiducia del Parlamento. Ed anche Fratelli d’Italia, ad oggi unica forza di opposizione, dovrà svolgere il suo legittimo ruolo avendo a riferimento il bene del paese, rinunciando alla tentazione di scatenare la piazza.
Quindi, auguri al premier Draghi convinti che l’Italia sia nelle mani più capaci per progettare e costruire un futuro migliore.
E grazie per finire al “rinnegato Renzi”: non se ne faccia, la sinistra – quella ex comunista. Per progredire ha sempre bisogno di un eretico da mandare, in effige e qualche volta purtroppo di persona, sulla forca. Dopo un po’ di anni si son sempre accorti che l’eretico aveva ragione e loro sbagliavano, tornando sulla rotta che questi aveva tracciato…..
michele marrocu
Un gran bell’articolo questo condivisibile nella sua precisa e attenta analisi della situazione odierna in Italia … e meno male, aggiungo io, che c’è stata la lungimirante azione di “quell’eretico di Renzi” e di tutti glialtri “eretici di Italia Viva” … meno male … con questa “eresia” possiamo senz’altro dire che l’italia ha per davvero voltato pagina prima che fosse toppo tardi!
Salvatore Biasco
L’altro giorno Giannini, direttore della Stampa – sempre più convenzionale nei suoi frequenti interventi televisivi – ha detto, a proposito delle dichiarazioni programmatiche di Draghi: “si nota il cambio di passo, non si parla più genericamente di riforma fiscale, ma si indicano i suoi contenuti nella progressività, riduzione del carico, ecc”. Questo articolo è sulla stessa linea, della nuova alba all’orizzonte. . La realtà è che Draghi si attenuto alle idee della riforma fiscale già elaborata compiutamente dal passato governo; Sarà così su tutto, forse meglio infiocchettato nella confezione e nella narrativa, inclusa la spesa per i ristori (che ad un certo punto sarà meno drammatica, ma che ci sarà tale e quale finché i vaccini non avranno svolto il loro compito). Ci saranno sempre i Giannini che magnificheranno il salto di qualità. Tutto tale quale, forse con una differenza: che non ci sarebbe stata la necessità di legittimare Salvini, portalo al governo, liberarlo dall’angolo in cui era stato posto. Né la necessità di riportare Brunetta alla PA (quello che pensava che la riforma della PA si facesse a suon di tornelli) Ma tant’è. Comunque i miei sinceri auguri A Draghi (questo, sì, lo condivido)
luciano pallini
Il problema non è di fissare un obiettivo, ma di realizzarlo. E il precedente governo aveva un tasso di efficacia sotto zero. Lo spartito può essere sempre quello della Nona, ma c’è un pò di differenza se a suonarla c’è la banda dei pompieri di Viggiù o i Wiener Philarmoniker.. poi i capisco che tanti sinistri si sentano vedovi di Conte, ma questo appartiene ai misteri insondabili della psiche