Innanzitutto, il titolo: “SoloRiformisti”. Perché è semplice, perché la semplicità è sempre il prodotto della complessità e perché la complessità è impegnativa, è una sfida che oggi – nell’epoca dell’informazione approssimativa e gridata, delle prese di posizione impulsive ed emotive, dei convincimenti “a prescindere” – rappresenta il vero nodo di svolta della democrazia e della futura convivenza civile.
Siamo soltanto dei riformisti. Ma essere tali non vuol dire affatto rinunciare a coltivare alti ideali in nome del pragmatismo e di visioni politiche di corto respiro. Proprio il contrario: non c’è onesto realismo, non c’è saggio buon senso pratico, che non sia al contempo orientato da progetti di prospettiva, capaci di scaldare i cuori delle persone e di motivarle ad agire insieme. E, viceversa, non c’è idealità che – affinché non muoia nell’ideologia – non abbia bisogno di atteggiamenti (auto-) critici, di capacità argomentativa, di confronto e di ascolto reciproco, di “orientamento all’intesa” e di costante procedere per “tentativi ed errori”, secondo una logica di graduale aggiustamento che sola permetta di non tradire la direzione intrapresa.
Questo è, secondo noi, essere riformisti. E il giornale che oggi inauguriamo vuol essere, in questo senso, nel suo piccolo, un presidio di democrazia, in un momento storico in cui tutti i principi di questa specifica forma di governo – di più: di questa cultura che è il precipitato di secoli di storia, di lotte e di riflessioni, e che ha portato a un sempre maggior ampliamento della libertà degli individui – appaiono sotto attacco.
Noi siamo “popolari”, non “populisti”. Se qualcuno ci chiede cosa sia oggi il “popolo”, rispondiamo che, in sé e per sé, non lo vediamo. Ciò che scorgiamo sono una miriade di persone, ciascuna con una sua storia, con le proprie paure e con le proprie speranze, ciascuna ricca della propria specifica diversità anche quando viva nella stessa strada, nello stesso quartiere o nella stessa città, nello stesso territorio o nello stesso Paese. E, se vediamo il loro stare, il loro progettare, il loro soffrire e il loro gioire, il loro muoversi, non riusciamo a parlare il linguaggio ideologico di chi le vuole un tutt’unico, come materiale solido separabile in pezzi, e come pezzi da contrapporre, da scagliare l’uno contro l’altro come sassi pronti a colpire. Parliamo invece quel linguaggio le cui parole acquistano senso se colgono la dinamica vissuta degli incontri, e anche degli scontri, sì, ma che, nel farlo, in un caso come nell’altro, riconoscono il legame che unisce costitutivamente ogni essere umano, e forse di più: ogni creatura vivente. È la parola del “prendersi cura”, la parola della “carezza”, che tocca ma con mano aperta, e che dunque vincola ai doveri ma lascia l’altro libero di scostarsi, in nome dei suoi diritti e del Diritto ad avere diritti.
Noi siamo democratici, e non tali purché aggettivati con un qualche prefisso “post-”. La nostra è la Democrazia dei Moderni: consultiva, partecipativa, decisionale ma pur sempre, inevitabilmente, rappresentativa. Quando, fra il “sovrano” e le persone, spariscono i corpi intermedi – i partiti, le associazioni, le organizzazioni, i comitati civili – quelle diventano “sudditi” e non rimane altro che la legge del più forte. Ed è sempre il sovrano a schiacciare i singoli, anche quando li diletti con la magra soddisfazione numerica di un sì o di un no, di un “like” o di un “pollice verso”. È antica legge umana – questa − che non dovrebbe mai essere dimenticata, mai. Perciò ci piace la parola “compromesso”. È diversa da “compromissione”. Indica il faticoso lavoro del confronto, della rimessa in discussione delle cose apparentemente ovvie, della distinzione – in ogni fenomeno sociale e umano – di un significato e dell’esatto suo contrario, che sempre si accompagna al primo. È il lavoro costante, e mai definitivo, per una soluzione che li faccia vivere insieme, in una sintesi più ampia che stimoli ulteriormente ad andare ancora avanti.
Se dunque noi siamo tutto questo, il giornale che oggi vi offriamo sarà uno spazio aperto di dibattito e di argomentazione, di riflessione e di proposta concreta. Sarà una sede di discussione ma anche l’occasione di un impegno pratico: non partitico, ovvero “di parte”, né propagandistico, ma “civile”. Civile nel linguaggio che userà e in quello richiesto agli ospiti per potervi intervenire. Civile nel taglio degli editoriali – che, come tali, dovranno il più possibile basarsi su dati fattuali e su segnalazione delle eventuali fonti utilizzate – e civile in quello degli articoli e degli interventi, improntati all’argomentazione, all’accettazione delle critiche altrettanto suffragate e alla disponibilità alla replica.
Vi proponiamo, insomma, semplicemente, un giornale “SoloRiformista”
Filippo Buccarelli
Lascia un commento