Il comunicato stampa del DEF 2019 si intitola “..per il ritorno alla crescita e all’inclusione sociale”. La crescita non si vede neppure nelle tabelle dello stesso comunicato, quanto all’inclusione sociale vedremo nel 2020 e 2021, quando per disinnescare la clausola di salvaguardia sugli aumenti dell’IVA serviranno tagli di spesa o aumenti di imposte per oltre 23 miliardi.
Un DEF deve riportare i dati sintetici delle previsioni sull’economia e delle previsioni sulla finanza pubblica nella duplice veste della legislazione vigente (il DEF “tendenziale”) e programmatica (il DEF “programmatico”), la differenza rappresentando la manovra di bilancio d’autunno. Quanto ai dati sull’economia, le previsioni programmatiche prevedono, per il 2019, una riduzione del tasso di crescita reale rispetto al 2018 di oltre 2/3, da 0.9 a 0.2 (l’OCSE prevede addirittura un -0.2). Una riduzione talmente consistente che pone l’Italia in una posizione unica in EU e nel G7. Ciò si riflette in un aumento del tasso di disoccupazione, da 10.6% all’11%, e, per la prima volta in 5 anni, in una riduzione dell’occupazione. Il tasso di inflazione si attesta sull’1%, per cui il PIL nominale crescerà solo dell’1,2%, almeno 3 punti meno del costo medio del debito, generando automaticamente debito su PIL indipendentemente dal saldo primario.
Colpisce la quasi identità tra andamento tendenziale e programmatico della finanza pubblica nel 2019. Ciò ha due implicazioni: 1) è confermato che non si prevede una manovra correttiva per quest’anno e 2) peggiorano, rispetto al 2018, tutti gli indicatori nel DEF “programmatico”, per la crescita ridotta. L’indebitamento netto salirà in percentuale a 2,4 (da 2,1), l’avanzo primario scenderà a 1,2 (da 1,6), l’indebitamento netto strutturale a 1,5 (da 1,4). Soprattutto il debito su PIL salirà a 132.6 (da 132.2). L’Italia perde il controllo dei conti pubblici. Vale la pena ricordare che le regole di disciplina fiscale dell’Eurozona indicano per l’Italia un obbiettivo di medio termine (OMT) del saldo strutturale pari a 0 e una decrescita annua del debito sul PIL di circa 2/3 punti percentuali. La Commissione europea in autunno, sia composta da europeisti o da sovranisti (non si illudano i nostri di sovranisti!), presenterà al nostro paese un conto salato.
Ma le preoccupazioni aumentano se ci spostiamo al 2020 e 2021. I miglioramenti dei saldi riportati derivano tutti dagli aumenti di IVA e accise della clausola di salvaguardia. Qui emerge chiara la furbesca bugia del governo. Perché se il promesso disinnesco della clausola (sbandierato dai vice premier, ….ma non da Tria) fosse veritiero, delle due una: o peggiorano i saldi rispetto a quelli indicati o è prevista una colossale manovra sulla spesa, da predisporre già dall’estate per essere inserita in legge di bilancio. Tutta questa furbizia e reticenza non sfugge ai mercati che si muoveranno di conseguenza, soprattutto dopo le elezione europee a bocce ferme.
Due parole sulla parte del DEF dedicata alle riforme. Qui sono indicati mirabolanti e costosissimi interventi, come la Flat tax, da aggiungere al quadro programmatico 2019-2020-2021. Disinnesco della clausola di salvaguardia più queste riforme avranno una ricaduta finanziaria così devastante da far pensare che gli attuali partiti al governo programmino di lasciare questa splendida eredità ad altri, per tornare al più familiare e rassicurante esercizio di tuonare anatemi di opposizione in parlamento.
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