L’editoriale di Galli della Loggia sul Corriere di lunedì’ 23 dicembre è una boccata d’ossigeno. Soprattutto per due ragioni. La prima è che sintetizza in maniera encomiabile il pensiero e il disincanto di una parte d’Italia, minoritaria e oltretutto dispersa in più partiti e movimenti, che vorrebbe un Paese, per riprendere una formula felice del primo Craxi, che riconosce il merito e dà una risposta ai bisogni. Un’Italia, per dirla in tre parole, laica, riformista, liberaldemocratica. A vedere quello che passa oggi il convento della politica qualcosa più di un sogno. La seconda ragione è che, almeno per una volta, il Corriere è tornato ad essere, almeno per questo editoriale, il giornale che era e, da anni, non è più. Vale a dire il foglio che si fa interprete di un paese che guarda al futuro, che vuole crescere e che mette in campo le sue energie migliori. Visto l’andazzo, siamo certi che la scelta di pubblicare quell’articolo si ridurrà ad un episodio ma intanto è giusto sottolineare positivamente l’evento.
L’analisi di Galli della Loggia è perfetta. Ricorda l’ansia di rinnovamento che da anni pervade il Paese e i tentativi, tutti falliti, di trovare una risposta sul piano politico. Lui parte dal 2011, l’anno del fallimento conclamato del sogno berlusconiano, ma in realtà lo stesso Berlusconi, come in parte prima di lui, la Lega di Bossi, furono un tentativo di rispondere alla voglia di rinnovamento politico e istituzionale che veniva dal Paese. Anzi a ben guardare il processo risale ad ancora prima. Non dimentichiamo infatti che anche nella Prima Repubblica ci si era posti il problema di rinnovare le istituzioni, avendo intuito che quello era un passo fondamentale, e lo è ancora, per modernizzare l’Italia. Era il 1983 quando si insediò la prima commissione bicamerale per le riforme presieduta dall’On. Bozzi, fallì, come fallirono le altre presiedute da De Mita, Iotti e D’Alema. Poi è stata la volta dei partiti o movimenti politici che hanno suscitato l’attesa della palingenesi. Grandi speranze a cui inevitabilmente sono seguite grandi disillusioni. Ora, ricorda l’articolo, è la volta delle sardine. Ma anche questa volta – sottolinea Galli della Loggia – bisogna guardare al fenomeno con molto distacco perché anche le sardine rifuggono dal presupposto essenziale, quello che è stato alla base di tutti i fallimenti precedenti. Scrive Della Logga:
“È mancata innanzi tutto la verità. L’Italia ha bisogno che chi vuole governarla le dica la verità, le illustri la situazione in cui ci troviamo per quella che è. Cioè di un Paese che da ogni punto di vista sta perdendo colpi avviandosi se continua così a un declino storico. La quasi totalità dei nostri problemi — in certo senso anche molti dei problemi economici — si riducono sostanzialmente a due, tra loro strettamente intrecciati. Da un lato abbiamo uno Stato paralizzato da un delirio di norme e regolamenti, incapace di fare, spesso inesistente, dall’altro un sistema dei poteri pubblici (parlamento, governo, magistrature) mal concepito dalla nostra Costituzione, non in grado di decidere, sommamente inefficace. E’ qui che bisognerebbe agire avendo qualche idea. Cominciare a rifare lo Stato, rifare le sue amministrazioni, i suoi uffici; dargli poteri effettivi di intervento, di controllo e di sanzione. E non esitare a dotarlo, dove occorre — per esempio contro il cancro della criminalità organizzata che si sta mangiando l’Italia — anche di poteri straordinari. E insieme cambiare le regole che presiedono al funzionamento del parlamento, del governo, della giustizia.
Ma l’obbligo della verità di cui dicevo non finisce qui. Dovremmo anche riconoscere alcuni errori, a cominciare da quelli gravissimi commessi in tre ambiti chiave, anche questi tra loro intrecciati: la sanità, la scuola, l’ordinamento regionale. Errori commessi a stragrande maggioranza e a nobili fini di riforma, ma che hanno dato risultati talora pessimi, spesso contraddittori, quasi sempre dai costi rovinosi.“
La verità è quello che la gente non vuole sentirsi dire. E quindi ci si appella ai buoni sentimenti ma senza risposte politiche non si va da nessuna parte. Certo la verità ha un costo, ma se non si accetta di pagarlo non c’è futuro. Ecco, il nostro augurio per il prossimo anno è proprio questo: che nasca un progetto, una forza politica, un movimento, quello che volete, che faccia della verità il suo asse portante. Ci saranno momenti difficili ma l’Italia è un grande Paese. Ha risorse ed energie incredibili. Solo che bisogna canalizzarle nel modo giusto. Noi coltiviamo questo sogno. E, nel nostro piccolo, cercheremo di portare un mattoncino per contribuire a costruire una nuova speranza per il Paese.
Ada Grecchi
Dici cose giuste ma dove vuoi arrivare ? A un nuovo partito ? Ce ne sono già troppi . Servono persone preparate che pensino al Paese e non alla loro prossima collocazione. Penso a uno come Draghi .Lo vogliamo pensionato o presidente del Consiglio?