Lo so, con le capitali europee e mondiali strette nella morsa del Covid, la crisi economica incipiente e la perdita di posti di lavoro, parlare del prossimo referendum sulla Costituzione ti colloca, anche comprensibilmente, tra quelli che si preoccupavano di lucidare l’argenteria sul Titanic quella tragica notte del 14 aprile 1912.
Eppure fingere che il problema non ci sia non risolve nulla, il Presidente della Repubblica ha fissato la data per il 20 e 21 settembre insieme alle elezioni regionali.
Quel giorno gli aventi diritto al voto saranno chiamati a confermare o respingere la legge costituzionale che prevede la riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200.
Non è poco ed il risultato della futura votazione sembra scontato, il referendum confermativo non prevede quorum dei votanti, quindi non si può contare sul disinteresse o sull’astensione come, disgraziatamente, per i referendum abrogativi, ed in più si tratta di un vero e proprio election day con ben sette regioni al voto.
Sono 345 rappresentanti del popolo in meno e per sempre, quindi Covid o non Covid, la questione sarebbe di grande importanza comunque.
Facciamo parlare un po’ le cifre premettendo che ci si riferisce solo ed esclusivamente alle cariche elettive.
L’Italia ha attualmente un parlamentare per ogni 63.900 abitanti, un vero record: Spagna 1/84.230¸ Regno Unito 1/102.769; Francia 1/116.118; Germania 1/116.220.
Dopo la riforma il nostro paese passerebbe a un rappresentante elettivo su 100.666 abitanti, come si vede, molto più in linea con l’attuale situazione europea.
Certo il taglio è consistente, ma anche perché noi eravamo molto “fuori squadra”.
Sento le grida di quelli che, per un motivo od un altro, considerano la costituzione qualcosa di sacro ed immodificabile:
“la riduzione numerica dei rappresentanti equivale ad una riduzione della democrazia”.
Mi sembra questa l’obiezione principale e quotidianamente ripetuta, ma, ci dobbiamo chiedere: “E’ un’obiezione convincente?” Secondo me non molto, tanto più se affermata in modo secco e perentorio come fanno i sostenitori del NO.
Dico questo non certo perché il Platone di “Repubblica” si rivolterebbe nella tomba a sentire che la quantità sarebbe la causa della qualità; purtroppo ormai la distanza culturale con quel modello è irrecuperabile. Oggi la “politica” è l’unico ambito del sapere e dell’agire umano in cui non si richiede alcuna competenza specifica (”Questo lo dice lei”, “I libici del Libano” …), figuriamoci.
Contare sulla quantità in maniera astratta è come dire “più siamo meglio è” che vale quanto “troppi cuochi imbrattano la cucina”, cioè siamo nel vasto campo delle battute da bar “Sport”.
Sembra che per i sostenitori del NO il requisito di una buona democrazia consista nella possibilità che dovrebbe avere un gruppo di minoranza di far saltare un progetto della maggioranza (naturalmente quei progetti che i sostenitori del NO ritengono scellerati), questa sì che sarebbe la prova che il sistema è rappresentativo ed in effetti, per questo, “più siamo e meglio è”.
Per me una democrazia ben regolata è quella in cui la maggioranza governa e la minoranza cerca di diventare maggioranza, ma finché non lo è, non blocca nulla.
L’idea dei sostenitori del NO ha un che di rousseauiano: gli uomini, e quindi anche i politici, nascono buoni e nel profondo lo restano, la politica è un’attività alta e pura, più siamo ad occuparcene meglio è, la somma di sempre più puri rende tutto più puro e migliore.
L’esponente di un partito che non è mai stato il mio diceva che “la politica è sangue e merda”, non sono d’accordo, tuttavia è ANCHE “sangue e merda”, in questo caso “più siamo e meglio è” susciterebbe qualche dubbio.
Io preferisco Hobbes, Nietzsche, Freud.
L’uomo nasce “perverso polimorfo” e solo con dolore e sacrificio riesce a superare il “disagio della civiltà” e diventare un sé per gli altri, ma molto più spesso rimane sempre un sé per sé: la politica semmai rinfocola gli istinti primari ed inoltre tutto si usura col tempo anche i sistemi costituzionali, non migliorano, il difettuccio iniziale con gli anni può diventare anche una voragine.
Porre un rapporto diretto e immediato tra numero dei rappresentanti e qualità della democrazia è quantomeno superficiale e fuorviante: se i criteri di scelta fossero competenza ed onestà potrebbe anche avere un senso, ma sappiamo bene che non è così.
Se lo fosse avremmo dovuto notare una differenza evidente tra i processi democratici in particolare di Francia, Germania e Regno Unito che hanno una rappresentanza numericamente assai inferiore alla nostra. Nel processo di formazione delle leggi, ad esempio, noi avremmo dovuto brillare e loro arrancare con fatica, non mi sembra che sia così.
In Gran Bretagna le leggi in vigore sono 3000, in Germania 5500 e in Francia 7000, in Italia 150/160mila. Questa non è maggiore democrazia, ma solo maggiore casino.
Noi abbiamo un livello di rappresentanza altissimo incrementato, e questo mi sembra che non lo sottolinei nessuno, dalla peculiarità mondiale italiana: quella di due camere che fanno entrambe le stesse identiche cose. Si converrà che se basta spostare una virgola alla camera o al senato per ricominciare tutto da capo (“navetta”) la possibilità di ciascuno dei parlamentari di incidere sulla formazione delle leggi (“rappresentanza”) trova in questa caratteristica italiana una eccezionale occasione di potenziamento assente negli altri paesi.
La quantità invece va a netto scapito della qualità, l’abbassamento del livello dell’attuale classe politica salta agli occhi (si può addirittura fare il ministro degli esteri senza conoscere la geografia!!!), allora è ragionevole credere che una riduzione dei posti favorisca i migliori: i Razzi e gli Scilipoti dovrebbero avere meno possibilità di passare.
Per me che sono per il sistema monocamerale ed il maggioritario da quando Renzi andava alle medie inferiori questo è chiaramente un referendum limitato e monco, perché la vera novità sarebbe stata intervenire, si anche sul numero, ma soprattutto sulle strutture ed il loro funzionamento, abolire il bicameralismo paritario, ma tutti sappiamo com’è andata a finire.
La legge sottoposta a referendum allinea qualcosa di noi alle altre democrazie europee, non c’è da far drammi, né da stracciarsi le vesti, nessun assalto alla democrazia.
Lascia un commento