Zeffiro Ciuffoletti, sul Corriere Fiorentino (“Oltre la Toscana sconnessa” 5 dic 2021), richiama opportunamente l’attenzione sugli equilibri territoriali, sociali ed economici della regione e su quanto sia importante azzannare il nodo della carenza di connessioni. Da qui l’auspicio che il flusso eccezionale di fondi comunitari e regionali sia utilizzato per potenziare la dotazione di infrastrutture materiale e immateriale della Toscana. In quello che per ovvie ragioni è solo un elenco incompleto Ciuffoletti richiama, tra gli altri, casi annosi come il nodo ferroviario fiorentino, l’Aurelia, la FI-Pi-Li, la Firenze Siena ecc. Le sue riflessioni eludono però un vincolo importante: a fronte di risorse consistenti, ma limitate, quali livelli di connessioni privilegiare?
Prima della pandemia economisti e geografi si interrogavano dubbiosi sulle prospettive delle città “intermedie”. Le attività di ricerca, lo sviluppo tecnologico e i servizi qualificati, infatti, tendono a localizzarsi nelle aree metropolitane che a spanne, nel nostro caso, potremmo identificare nella valle dell’Arno compresa tra Firenze, Pisa e Livorno. Qui, oltre alla maggiore densità di connessioni, le informazioni circolano più rapidamente, i mercati del lavoro sono più articolati e l’intreccio tra ricercatori, architetti, designer, manager e imprenditori genera cose nuove. Di riflesso, per giovani generazioni, imprese innovative, nuove professioni e, in generale, per tutte le attività creative l’appeal dei territori dipende sempre più da una serie di fattori che hanno nelle aree metropolitane il proprio habitat elettivo. Il resto della Toscana paga la mancanza di questi enzimi di sviluppo in termini di redditi pro capite, crescita economica e tassi di occupazione più bassi, scarti che solo in parte sono compensati da condizioni di vita meno massificate. È ancora presto per prefigurare l’impatto della pandemia sul dinamismo e sulla forza di attrazione di talenti delle aree metropolitane. Gli appelli al distanziamento sociale hanno impresso una forte spinta alla diffusione dello smart working mentre nelle scelte residenziali stanno risalendo le quotazioni dei piccoli borghi come quelli delle aree interne della Toscana. Le strategie di adattamento messe in atto da imprese, lavoratori e famiglie meritano di essere seguite con attenzione, ma per il momento non sembrano avere abbastanza forza per accreditare, da sole, una riduzione degli ampi divari che contraddistinguono la vita nei grandi centri da quella delle aree periferiche.
Tornando all’allocazione delle risorse sulle connessioni infrastrutturali, se il quadro è quello affacciato non serve puntare la fetta più consistente dei fondi su pochi grandi snodi; ha molto più senso disegnare un sistema logistico più articolato, decentrato e capillare. Grandi progetti come il nodo Alta Velocità di Firenze e la Darsena Europa hanno orizzonti di respiro decisamente più nazionale e europeo che regionale. La pandemia, tuttavia, oltre a ricompattare le filiere produttive, sta riducendo drasticamente e verosimilmente continuerà a contenere la frequenza dei viaggi a lunga distanza, sostituiti da conferenze su piattaforme digitali. Negli spostamenti aumenteranno soprattutto quelli sulle medie distanze. A maggior ragione ai fini degli equilibri interni di una regione policentrica come la Toscana diventano prioritari investimenti come il raddoppio dei binari della tratta Lucca Viareggio, la terza corsia sulla A11, i collegamenti con l’aeroporto di Pisa, la Tirrenica, la Firenze Siena, la Fi-Pi-Li. Non si tratta, ovviamente, di scegliere tra questo o quello, ma di battersi per soluzioni capaci di coniugare questo e quello. E la prima cosa da fare per armonizzare gli squilibri del nostro policentrismo regionale è rimodulare il rapporto nell’allocazione degli investimenti infrastrutturali (e non solo), da troppo tempo ingiustamente sbilanciato (per questo basta fare due conti sul retro di una busta) a favore delle aree metropolitane di Firenze e Pisa-Livorno. Ferma restando l’importanza degli investimenti nell’alta velocità, i borghi e i centri intermedi che tanto concorrono a caratterizzare l’immagine della Toscana si difendono solo se i residenti nelle aree della Toscana del Nord, di Arezzo, di Siena e di Grosseto possono raggiungere rapidamente i comuni capoluogo, la stazione Santa Maria Novella (o quello che sarà il prossimo nodo AV) e l’aeroporto di Pisa. L’esodo dalle periferie verso le aree metropolitane, infatti, si arresta migliorando la possibilità di fruire dei migliori ospedali, di istituti scolastici qualificati e di arene culturali vivaci. Solo tagliando le distanze materiali e simboliche tra le aree marginali e i grandi centri urbani, le città intermedie della Toscana potranno fornire il proprio contributo alla tambureggiante evocazione di una nuova ricostruzione del Paese.
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