Sono passati 20 anni. Era il 14 giugno del 1999, avevamo appena votato per le elezioni europee e la lista Bonino aveva preso l’8,5% dei voti. Dal palco dell’Ergife, a Roma, Marco Pannella lanciò uno dei suoi appelli più famosi “Noi siamo un partito di opposizione alla maggioranza e di opposizione all’opposizione di questa maggioranza. Con questo risultato inizia una nuova gloriosa storia: quella della rivoluzione liberale per la creazione degli Stati Unti d’Europa”. Purtroppo la storia è andata in altra direzione. Il tentativo pannelliano di rivoluzionare il quadro politico italiano e poi quello europeo non andò in porto. Siamo ancora a quel punto. Anche oggi, forse ancora più di ieri, c’è una larghissima fetta di elettorato, largamente sopra il 30 per cento, che non si sente rappresentata dalle forze che sono presenti in Parlamento e, molto probabilmente, nemmeno da quelle che sono all’opposizione. Anche perché sia il PD che Forza Italia stanno in realtà cercando di sostituire, in maggioranza, uno dei due partiti che attualmente sono alleati. Forza Italia lo dice tutti i giorni richiamando esplicitamente la Lega al rispetto dell’alleanza di centro-destra che si presentò unita al voto per le politiche del 2018. Il PD di Zingaretti non lo dice in modo esplicito ma lo fa capire continuamente con dichiarazioni e proposte. Illuminante a questo proposito il saggio di Morlino e Raniolo, pubblicato dal Mulino con il titolo “Come la crisi economica cambia la democrazia. Tra insoddisfazione e protesta”. di cui parla anche David Allegranti sul Foglio di martedì 7 maggio. Ebbene, paragonando i programmi per le Europee 2019 di PD e 5Stelle si vedono moltissime coincidenze, addirittura per 8 punti sui 10 principali. Come se non bastasse recenti dichiarazioni di Zingaretti sulla possibilità di rivedere il Jobs Act, addirittura reintroducendo l’art. 18, o sul mantenimento, in caso di governo PD, del reddito di cittadinanza, la dicono lunga sulla reale linea politica della nuova maggioranza del Partito Democratico in vista di un eventuale ricorso anticipato alle elezioni.
Chi è convinto che per il nostro Paese sia indispensabile un riformismo radicale di marca liberaldemocratica, non può non essere all’opposizione sia di questa maggioranza che di questa opposizione. La strada è ancora di più in salita ma non è una strada impraticabile. Serve la pazienza di ricostruire dal basso, privilegiando la strategia sulla tattica. Senza avere la fretta di tornare subito al Governo del Paese.
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