In una intervista a la Repubblica del 16 febbraio scorso intitolata Difficile ricollocare. Chi perde il posto non lo ritrova, Michele Tiraboschi sostiene che, in materia di licenziamenti, “non si vede la ragione di una misura generalizzata e rigida”, essendoci anche “settori che non sono stati colpiti dalla crisi”. Se capisco bene, M.T. aderisce all’idea molto diffusa, secondo cui il blocco dovrebbe essere tolto per la generalità dei settori e prorogato soltanto per i settori più colpiti dalla crisi: per questi – egli infatti osserva – “è difficile immaginare il superamento del blocco dei licenziamenti in nome di politiche attive del lavoro e di ricollocazione che, nel nostro Paese, non esistono”. Ora, a questa affermazione non basta certo obiettare che qualcuno capace di rimboccarsi le maniche e assistere efficacemente i lavoratori in cerca di nuova occupazione c’è e riesce a ricollocarli quasi negli stessi tempi occorrenti prima della grave crisi attuale; e che se i navigator non sono stati in grado di intercettare la domanda di manodopera espressa anche in questo momento da tante imprese e insoddisfatta, ciò non toglie che le situazioni di skill shortage e le hard-to-fill-vacancies ci sono oggi anche più di prima. L’obiezione decisiva è che mantenere il blocco dei licenziamenti per le imprese più colpite dalla crisi, dove non c’è speranza che il lavoro prima o poi riprenda, significa innanzitutto incoraggiare i lavoratori interessati a sopportare ancora a lungo a una drastica riduzione del reddito; significa incoraggiarli a non muoversi, dopo che sono stati fermi per tutto un anno: esattamente il consiglio opposto rispetto a quello di cui hanno bisogno. Se vogliamo stare davvero dalla loro parte, quel che occorre non è tenerli in freezer ancora un po’, ma semmai rafforzare il sostegno del reddito di quelli di loro che verranno licenziati e incoraggiarli a sfruttare subito il flusso delle nuove assunzioni regolari, che anche nel momento peggiore della crisi si contano in Italia a centinaia di migliaia ogni mese.
(Questo articolo, con il consenso dell’autore, è ripreso dal sito www.pietroichino.it)
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