Vorrei scagliare se non una lancia, diciamo un coltellino, a favore di Macron.
Oggi il presidente francese è sotto accusa sia in America che in Europa per aver detto, nel suo viaggio a Pechino (aprile 2023), che la difesa dell’indipendenza di Taiwan è una faccenda degli Americani, non degli Europei. Certamente non dei Francesi. Lo si è subito accusato di protervia “gaullista”, di esser venuto meno alla solidarietà atlantica, di voler fare una politica estera di grandeur anti-americana, ecc. ecc. Gli si è ricordato che è dovere dell’Occidente (inteso come insieme delle democrazie liberali, includenti quindi anche molti paesi orientali) difendere le democrazie, e Taiwan è una democrazia a pieno titolo, a differenza dell’autocrazia del partico comunista cinese.
Molti di questi commenti si basano su una profonda confusione, tipica di chi manca del senso della Realpolitik: che una cosa è sapere ciò che sarebbe bene, giusto e santo fare, altra cosa è poterlo fare. Una cosa è che uno stato A approvi il fatto che un altro stato B faccia qualcosa, altra cosa è che lo stato A faccia questo qualcosa.
Le critiche a Macron esprimono per lo più quel che un politologo di estrema sinistra, di cui non condivido le idee, John Mearsheimer, chiama the Great Delusion, il grande delirio dell’Occidente e in particolare degli Stati Uniti. Il delirio è pensare di avere il compito storico di portare al mondo intero il modello etico-politico incarnato dalla democrazia americana. Èdel tutto sbagliato pensare, come credono i più, che gli USA decidano le loro grandi linee strategiche sulla base esclusiva dei propri interessi nazionali, economici e militari. Sin dai Padri Fondatori, la classe dirigente americana ha creduto che l’America fosse il faro della libertà nel mondo, e – una volta superata la dottrina Monroe[1] – era missione americana portare la luce della Libertà e della Ragione in tutto il mondo. Non diversamente dal Cristianesimo, dall’Islam e dal marxismo, l’americanismo è una narrazione universalista: l’America lavora non solo per il proprio tornaconto nazionale, ma in vista di un’espansione generale della democrazia liberale dell’Occidente. La convinzione di fondo è che se tutti i paesi del mondo fossero liberal-democratici, non ci sarebbero più guerre. In un mondo improntato alla libertà politica e commerciale si impone una strategia win-win, ovvero la cooperazione conviene sempre. E’ questa la grande speranza anche delle teorie socialiste: in un mondo tutto socialista, le guerre non hanno più ragione di essere. (Ma abbiamo visto scontri bellici tra paesi socialisti, tra URSS e Cina, Cambogia e Vietnam, Cina e Vietnam…) La lunga serie di guerre in cui gli USA si sono impegolate in questi ultimi 120 anni aveva come obiettivo utopico la fine di tutte le guerre. Ma questa è un’illusione secondo Mearsheimer. Meglio accettare il fatto che ogni paese abbia il suo regime, anche se dispotico, corrotto od oligarchico, e cercare di convivere con esso.
(Certo, non è detto che questa vocazione missionaria dell’America duri per sempre. Il primo ad aver messo in discussione la missione civilizzatrice dell’America è stato Trump con il suo “America First!” Leggi: “del destino e della felicità del mondo ce ne freghiamo, l’importante è star bene noi, Americani.” Non a caso, paradossalmente, questo menefreghismo egoistico degli Stati Uniti trumpiani sotto sotto è piaciuto a molti di sinistra…)
Questo copione si ripete per Taiwan – un piccolo paese di 23 milioni di abitanti, una goccia rispetto al mare demografico cinese. I maligni dicono che gli US ci tengono tanto all’indipendenza di Taiwan perché questo paese produce una percentuale immensa dei semiconduttori. Ma se fosse prossima un’invasione cinese, l’America avrebbe i mezzi di trasportare questa produzione di semiconduttori in America o altrove lontano dalla Cina. Non sarebbe affatto un’operazione impossibile, certo meno costosa di una guerra guerreggiata con la Cina dall’esito molto incerto. Gli USA devono difendere Taiwan dall’attacco innanzitutto perché lo avevano promesso 74 anni fa, quando il Kuomintang si rifugiò a Taiwan fuggendo la vittoria maoista sulla Cina continentale. Poi col tempo Taiwan è evoluta come una democrazia impeccabile. Lasciarla sola sarebbe quindi una doppia umiliazione per gli USA: 1) venir meno a una parola data tempo fa, e 2) abbandonare un paese democratico, alleato dell’America, a un rivale storico non-democratico come la Cina. Questo farebbe crollare la credibilità internazionale degli Stati Uniti. Questi sono costretti a difendere Taiwan.
In effetti, quando nel 1972 Nixon e Kissinger si allearono di fatto con la Cina di Mao, l’America ammise che l’unica vera Cina era la Repubblica Popolare Cinese, la quale prese posto tra le cinque potenze del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Questo posto prima era stato occupato da Taiwan in quanto rappresentante dell’intera Cina. Insomma, gli Stati Uniti abbandonarono del tutto Taiwan, ad una condizione però: che la Cina non l’avrebbe attaccata per annetterla, rispettando la sua indipendenza. Ma si trattò di una promessa puramente verbale, un gentlemen agreement, nessun trattato è mai stato stilato in cui la Cina si impegnava a rispettare l’autonomia di Taiwan. Taiwan in effetti non è riconosciuta da nessun paese al mondo, nemmeno dagli Stati Uniti, non ha posto nell’ONU. Giuridicamente parlando, Taiwan è un res nullius. Non diversamente dalla Catalogna secessionista per esempio: se si separasse dalla Spagna, nessun paese la riconoscerebbe. L’indipendenza di Taiwan è un dato abitudinario, non ha alcuna giustificazione giuridica.
Si capirà subito l’enorme differenza con la crisi Ucraina. Quando qualcuno scrive che Macron molla Taiwan per abbandonare al suo destino poi l’Ucraina, dice una sciocchezza. L’Ucraina è un paese riconosciuto dall’ONU come uno dei suoi membri dal 1991, la sua indipendenza e sovranità fu riconosciuta dalla Russia all’epoca. Invaderla è un crimine di diritto internazionale… se ci fosse un diritto internazionale (il fatto che la Russia abbia aggredito un membro delle Nazioni Unite è la prova provata che non c’è un diritto internazionale!). Il conflitto Cina-Taiwan sarebbe paragonabile a un eventuale conflitto Italia-Veneto nel caso che il Veneto si dichiarasse unilateralmente indipendente, mentre il conflitto Russia-Ucraina sarebbe paragonabile al conflitto che nascerebbe se l’Austria, mettiamo, invadesse il Trentino-Alto Adige per annetterlo a sé, e per far questo attaccasse direttamente Roma per cambiarne il governo…
La maggior parte della gente crede di essere disincantata e profonda quando dietro queste lotte “filosofiche” in senso lato vede solo banali interessi nazionali o di classe, interessi economici soprattutto ma anche di pura potenza. Una persona colta mi dice convinta che Biden sostiene talmente l’Ucraina per interessi economici! Ma quali interessi? L’Ucraina non possiede gas né petrolio – anzi, se fosse per questo, l’America si dovrebbe alleare con Putin, che di gas e petrolio ne ha in abbondanza. L’Ucraina produce grano, che però non va all’America ma a paesi in via di sviluppo dell’Africa e dell’Asia. L’interesse economico degli USA per l’Ucraina è pressocché nullo. No, gli Stati Uniti appoggiano l’Ucraina per ragioni filosofiche… La filosofia fa storia non meno dell’economia e della demografia. Gli USA tengono a Zelensky perché è stato eletto con il 73% dei voti in elezioni che tutti hanno considerato corrette e pluraliste. Come nella guerra fredda del 1946-1989, gli Stati Uniti difendevano qualunque paese – anche non liberal-democratico – che rifiutava il comunismo, oggi difendono qualunque paese che adotti un sistema liberal-democratico.
Allora, tornando a Macron: egli rinuncia alla missione occidentale di difendere a ogni costo le democrazie liberali? Niente affatto. Macron non ha detto che gli Stati Uniti fanno male a difendere Taiwan se attaccata, né ha mai detto che la Cina ha ragione a riprendersi un territorio di fatto indipendente. Ha detto semplicemente “non è nell’interesse europeo partecipare alla difesa di Taiwan”. Tutto qui. Come dire: c’è un gioco delle parti. Per gli Stati Uniti è in gioco la propria credibilità internazionale in Estremo Oriente, ma l’Europa non ha interessi strategici in Estremo Oriente, ha tutto l’interesse di mantenere buone relazioni commerciali con la Cina. Molte volte accadono cose simili nella storia: sarebbe giusto intervenire, ma non si interviene. Per esempio, quando ci fu il corpo di stato di Pinochet in Cile nel 1973, sarebbe stato giusto che l’intera Unione Europea insorgesse e mandasse truppe in Cile per difendere la democrazia cilena contro il colpo di stato (peraltro incoraggiato da Washington). Ma nessuno ha mai rimproverato l’UE di aver tradito la causa della democrazia… Si trattava, in effetti, di un problema interno al Cile. E poi sarebbe stato troppo costoso iniziare una guerra contro l’esercito cileno situato a decine di migliaia di chilometri di distanza. L’opinione pubblica europea non avrebbe capito uno sforzo soprattutto economico di quel genere per ingerirsi in faccende di paesi lontanissimi. Analogamente, l’opinione pubblica francese non capirebbe uno stato di guerra della Francia contro la Cina per risolvere problemi che si situano all’altro capo del mondo.
Del resto, sia la Francia che l’Europa potrebbero fare ben poco per difendere Taiwan. La Cina è la seconda potenza militare mondiale, nessuna potenza militare europea potrebbe farvi fronte. Siamo ben lontani dall’epoca della rivolta dei boxer in Cina (1899-1901), quando bastò una spedizione di 18.000 uomini delle otto nazioni coloniali per ristabilire l’ordine in Cina… Realpolitik: l’Europa, anche se lo volesse, non sarebbe in grado di difendere Taiwan. Macron ha osato dire ad alta voce quel che tutti i leader europei di fatto pensano: che difendere Taiwan, difendere i principi della democrazia liberale, è compito degli Stati Uniti.
Durante la lunga guerra del Vietnam, i paesi della NATO solidarizzarono a parole con gli Stati Uniti, ma nessuno di loro mandò un solo soldato… Fu specialmente de Gaulle a prenderne le distanze, ottenendo così che i trattati di pace tra Vietnamiti e Americani si tenessero alla fine proprio a Parigi. In questo modo la Francia cercò di farsi perdonare in gran parte il proprio recente passato coloniale, alquanto infamante; compreso il proprio passato coloniale indocinese.
Se ci sarà un conflitto tra US e Cina per Taiwan, l’Europa prenderà una posizione pilatesca simile a quella che prese nella guerra del Vietnam. Senza la sfacciata chiarezza di Macron.
Credo che i leader europei avrebbero tutto l’interesse a inserirsi nella neutralità macroniana. Anche se il mio cuore batte, e forte, per la libertà dei taiwanesi.
[1] La dottrina Monroe (1823) stabilisce che gli Stati Uniti non entreranno mai nelle questioni politiche europee e degli altri continenti, e non permetteranno mai che le potenze europee o altre intervengano in qualche modo nelle questioni delle due Americhe. La dottrina Monroe è stata infranta quando, nell’aprile 1917, gli Stati Uniti sono entrati in guerra contro Germania e Austria nella 1° guerra mondiale.
(articolo ripreso, con il consenso dell’autore, da www.eu.jou.psy@gmail.com)
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