Non passa giorno ormai che fra Lega e 5Stelle non scoppi una polemica. E non su argomenti secondari. I motivi di contrasto riguardano sempre temi di fondamentale importanza nell’agenda della politica: economia, infrastrutture, rapporti internazionali. Le differenze sono tanto profonde che risulta di difficile comprensione come, fino ad oggi, la maggioranza gialloverde sia potuta stare in piedi. Ha fatto indubbiamente da collante la gestione del potere. Entrambi sanno che in un quadro diverso non potrebbero portare avanti con tanta spregiudicatezza i loro cavalli di battaglia: reddito di cittadinanza per i 5Stelle, contrasto all’immigrazione per la Lega.
Solo che ora i vantaggi che ognuno dei partner ricava da questa situazione stanno diventando notevolmente inferiori ai costi, soprattutto per Di Maio e compagni. La Lega infatti, nonostante una certa sofferenza della base imprenditoriale del Nord per le scelte economiche del Governo, ha raddoppiato, rispetto al voto del 4 marzo, i propri consensi, proprio mentre i 5 Stelle stanno subendo una flessione non secondaria.
A rafforzare questo stato di cose anche il risultato delle regionali in Abruzzo. I 5Stelle cercano di minimizzare ma hanno perso voti sia sulle politiche, tantissimi, sia sulle regionali precedenti.
L’elettorato pentastellato è entrato in forte fibrillazione e aumentano nel movimento quanti vogliono reagire alla maggiore incisività politica di Salvini. Già prima del voto abruzzese i vertici stavano correndo ai ripari. Da una parte irrigidendo alcune posizioni, come quella sulla Tav Torino Lione, dall’altra mandando in tutte le trasmissioni televisive il Di Battista che è uno dei migliori interpreti del movimentismo politico delle origini (quest’ultimo aspetto merita una riflessione sull’”autonomia” del giornalismo italiano. Sulla base di quale posizione politica o istituzionale, tutti stanno sentendo l’esigenza di invitare il Di Battista, che non è altro che un privato cittadino?). Il risultato di questa strategia, che ora verrà anche potenziata, sarà un ulteriore innalzamento del contenzioso all’interno della maggioranza.
La Lega, che per ora incassa con grande soddisfazione il voto dell’Abruzzo, non può però assolutamente permettersi, pena una forte perdita di consensi, di dare un’immagine di se stessa subordinata a quella dei 5Stelle.
La rottura dell’alleanza è solo questione di tempo. Dal punto di vista politico è inevitabile.
Tutto bene allora per chi punta ad una svolta? Assolutamente no. Leghisti e Pentastellati potrebbero continuare a governare per mancanza di alternative sui fronti opposti. I due principali partiti opposizione, ognuno per suo conto, sono privi di una leadership forte e di una linea politica chiara. Dal voto abruzzese non hanno avuto indicazioni nette. Forza Italia ormai può essere solo subalterna a Salvini, ma questa sarebbe una posizione gradita al suo elettorato residuo?, e il PD, pur avendo ricevuto dalle urne, più come schieramento che come partito, una boccata d’ossigeno sconta ancora la mancanza di una guida sicura. Del resto l’altissima astensione che c’è stata anche in Abruzzo è lì a dimostrare che tantissimi elettori che non condividono la linea del governo, sia in versione Lega che 5Stelle, non sono nemmeno attratti dalle altre opzioni presenti nel panorama politico.
Il PD comunque resta ancora l’unico strumento per chi vuole una guida del Paese di stampo riformista ed europeo. Già, ma quale PD? SoloRiformisti apre su questo un confronto con i lettori.
Paolo Marangoni
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