L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha istituito il 2020 come l’anno internazionale dell’Infermiere e dell’Ostretica e ogni anno, il 12 Maggio, sarà celebrato l’Anno Internazionale dell’Infermiere. Si tratta di un’occasione che vuole essere non solo celebrativa ma di revisione culturale collettiva per l’accettazione della centralità di questa professione sanitaria e per il suo contributo decisivo per il miglioramento della salute nel mondo.
Se si è visto come la pandemia da coronavirus abbia evidenziato la carenza di medici, specie nelle specializzazioni che più direttamente si sono dovute confrontare con le esigenze dei malati nella fase acuta. In modo ancora più serio, purtroppo, si è avvertita la mancanza del personale non medico e, soprattutto, degli infermieri. Abbiamo assistito, così, a una ricerca spasmodica di unità infermieristiche e si è fatto, in larga misura, ricorso a reclutamenti temporanei tramite avvisi pubblici per incarichi a termine, cui hanno partecipato un consistente numero di infermieri (si calcolano circa 16000 unità), provenienti per lo più dalle strutture sanitarie accreditate o dalle cooperative, mossi dalla prospettiva di una stabilizzazione nel pubblico, difficile ma possibile. Naturalmente, quando la coperta è corta, si è innescata una crisi gravissima nel comparto privato e molte strutture hanno dovuto ridimensionare la loro offerta sanitaria e, alcune, hanno dovuto chiudere.
Eppure, la carenza di personale infermieristico era nota da tempo. Già nel 2008 l’Ocse sottolineava che a fronte della assunzione annua di 8000 infermieri, ben 17000 lasciavano annualmente il lavoro a motivo del pensionamento. Alcune stime hanno prospettato la mancanza nel nostro paese di circa 50000 infermieri (nel 2055 erano occupate 371.000 unità), anche in considerazione della differente presenza percentuale per 1000 abitanti nel nostro paese rispetto ai paesi dell’Ocse (in Italia 6,6 per 1000 abitanti mentre la media Ocse è di 8,8).
In questo modo, mentre le indicazioni internazionali prevedono tre infermieri per ogni medico, la media italiana si attesta a 2,5 infermieri per medico.
Il Ministero della Università e della Ricerca ha voluto, anche qui lodevolmente, porre le basi per un recupero di unità infermieristiche e per il 2020 sono stati messi a bando per i Corsi di Laurea in scienze infermieristiche 16013 posti con un aumento di 924 unità rispetto al precedente anno. Naturalmente i benefici si vedranno fra tre anni ma bisognerà mantenere anche per i prossimi anni tale livello di reclutamento.
Purtroppo, siamo ancora lontani dalla soluzione del problema perché si deve ritenere sussistere la presenza di cause profonde che hanno determinato una minore capacità attrattiva da parte di questa fondamentale professione, tanto che capita che le domande di partecipazione ai Concorsi di ammissione al Corso di Laurea in alcuni casi siano inferiori ai posti disponibili.
Esiste, certo, il problema della remunerazione della professione giunta con il nuovo contratto a 1900 euro mensili lordi, davvero poco per una professione con turni notturni e festivi a carico per circa l’80% da personale femminile con gli inevitabili disagi della vita personale e familiare.
Peraltro, molte persone dopo il Corso di Laura triennale proseguono altri due anni conseguendo la laurea specialistica che accresce le loro competenze ma non modifica la loro retribuzione.
Appare però più acuto il tema della gratificazione professionale in termini di carriera per una professione che rischia di rimanere immodificata nell’arco dell’ intera vita lavorativa.
Si deve anche onestamente riconoscere che oggi gli infermieri sarebbero pienamente in grado di svolgere atti che la classe medica, volentieri potrebbe delegare senza confusione di ruoli e di responsabilità, se la legislazione lo consentisse. Allora, proprio la istituzione della Giornata Mondiale dell’infermiere, come si diceva all’inizio, può costituire la chiamata ad un grande confronto per l’alleanza tra medici, infermieri e politica per costruire una alleanza a beneficio dei pazienti.
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