Si è pressoché concluso l’abbandono dell’Afghanistan da parte delle truppe degli Stati Uniti e della “coalizione occidentale”.
La Casa Bianca e il Pentagono hanno sprecato un fiume di parole per tentare di attribuire una qualche dignità al ritiro annunciato dal presidente Biden. Inutilmente, perché non v’è traccia di dignità nella decisione di Biden, peraltro in assoluta continuità con le intenzioni del suo predecessore Trump.
La presenza dei militari occidentali nel paese asiatico non era un esercizio di tardo colonialismo, né, per una volta, un accaparramento di risorse naturali.
Era una difesa di principi non negoziabili di dignità umana. Era un tentativo di debellare l’orrore talebano.
Vogliamo fare un breve ripasso? Ventotto sono i divieti espressamente previsti dai talebani per le donne, dal divieto assoluto di uscire di casa se non accompagnate da un parente stretto a quello assoluto di studio. Dal divieto all’uso di cosmetici (per le donne con lo smalto sulle unghie è previsto il taglio delle dita!) a quello di ridere ad alta voce. Dalla proibizione di mostrare le caviglie (oltre al viso e al resto del corpo, ovviamente) a quella di affacciarsi al balcone.
Vi sono poi norme e divieti validi per donne, uomini e bambini. Dal divieto di ascoltare musica a quello di guardare la televisione. Dalla proibizione di leggere libri non islamici (pena la morte) a quella di applaudire alle rare manifestazioni sportive, dove è lecito solo cantare “allah-o-akbar” (Dio è grande). Dal divieto di far volare gli aquiloni sino all’obbligo per le sparute minoranze non islamiche di portare cucito sui vestiti un pezzo di stoffa gialla per poter essere evitati (vi ricorda qualcosa?).
Il Presidente degli Stati Uniti ha affermato che al ritiro avrebbe fatto seguito un accordo tra i talebani e le truppe regolari dell’Afghanistan. Mentiva sapendo di mentire.
In pochi giorni i talebani hanno conquistato il paese, instaurando da subito il terrore.
L’intervento occidentale non configurava una vendetta verso la culla del terrorismo di Al Qaida. Non era neppure un disegno di esportazione di modelli di governo. Era la sacrosanta volontà di eradicare dal mondo la barbarie. Di eliminare dalla terra un sistema basato sulla violazione di ogni valore umano. Ci racconta Adriano Sofri, in un suo articolo, del carcere femminile costruito dagli italiani a Herat, che ha donato dignità alle 171 detenute insieme ai loro figli. Di queste ben 99 sono recluse, secondo la Sharia, per “tentato adulterio”, ossia per averlo immaginato! Fuori dalla struttura, tra i talebani, per loro c’è solo il rogo o l’impiccagione.
Sono stati commessi errori? Certamente, in special modo proprio dagli statunitensi. Il più grande è stato quello di non stringere accordi per la gestione del Paese con le forze dell’Alleanza del Nord, i famosi mujaheddin. Militarmente organizzati (hanno scacciato le truppe sovietiche!) hanno la capacità di gestione del territorio. Invece si è voluto basare tutto sulle popolazioni pashtun che, oltre a essere della stessa etnia dei talebani, hanno badato solo ai soldi e ai loro interessi. Si è instaurata una classe dirigente afghana imbelle, fallimentare e corrotta, pronta a mutar bandiera con il cambiar del vento. Una situazione tipica nei territori a presenza americana.
Due sono le considerazioni che sorgono spontanee.
La prima, inevitabile, è che il Jihad (nella sua becera versione odierna) appare oggi vincente.
Le frange terroristiche dell’islamismo sunnita non hanno mai avuto premura, confidando nella storia. Osama bin Laden diceva, rivolgendosi agli occidentali: “Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo”. I fatti gli danno ragione.
La lezione che sta circolando in questi giorni, con grande entusiasmo, nei forum degli estremisti jihadisti è che, sul lungo termine, il terrorismo e la violenza pagano.
Vi è una ulteriore considerazione. Dopo che avremo assistito – nei prossimi mesi – al riformarsi del cancro talebano in Afghanistan, non ci resterà che attendere le metastasi che – come negli scorsi anni – torneranno a diffondersi in Occidente.
Come le vittorie dello Stato Islamico (peraltro nemico giurato dei talebani) entusiasmarono migliaia di esaltati estremisti, poi ridotti ai minimi termini dalla sua successiva sconfitta, così la vittoria dei talebani darà nuova linfa ed entusiasmo ai combattenti – anche in Europa – di Al Qaida.
Quando, dopo aver assistito al sudario di orrore che soffocherà donne e uomini afghani, saremo raggiunti da queste metastasi sarà però troppo tardi.
Abbiamo abbandonato a loro stessi le ragazze che avevano iniziato a studiare. “Come potrebbero studiare se vengono rapite e date in sposa ai talebani a 12 anni?” si domandava ieri Pashtana Zalmai Durrani, direttrice della ONG “Learn” a Kandahar.
Abbiamo lasciato al loro destino i tantissimi che hanno aiutato le nostre forze armate nei contatti con la popolazione, gli interpreti già condannati a morte dai talebani per “collaborazionismo”. Ahmid, 43 anni, due lauree, conoscitore di cinque lingue e interprete per i nostri soldati ha raccontato in lacrime da Herat alla giornalista Marta Serafini: “Tutta l’area è presa: stanno portando via le persone. Pregate per noi!”.
Abbiamo abbandonato i ragazzi che, per la loro età, non hanno avuto modo di conoscere il regime talebano. Che non sanno che è previsto il carcere per aver fatto volare un aquilone e che si viene condannati a morte a 6 anni per essersi lasciati scappare la pipì su un tappeto della scuola di preghiera.
Soprattutto, lasciatemelo dire, abbiamo tradito i nostri 53 soldati caduti in Afghanistan non per una guerra di conquista me per il sogno – rivelatosi illusione – di agevolare la nascita di una nazione civile, umana e rispettosa dei diritti civili.
Bene ha detto il Commissario UE Paolo Gentiloni: “Anni di impegno italiano cancellati. Si discuterà a lungo su questa guerra e sul suo epilogo”.
Ma quando osserveremo, indignati, i frutti di tutto questo sarà tardi.
Altro non ci rimarrà da fare che ringraziare il meschino disegno iniziato da Trump e portato a termine da Biden. Il sovranismo da salotto.
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