Fa impressione, negativa ovviamente, dover parlare del rapporto pubblico-privato a sinistra come se non ci fosse stato Blair e il riformismo inglese degli anni ’80, come se non ci fossero stati ovunque, nell’Accademia e nella Politica italiana da oramai 40 anni, studi e seminari di approfondimento sul tema tesi a chiarire di cosa si parla. E a chiarire, in particolare, che la privatizzazione dei servizi e la gestione privata dei servizi non sono la stessa cosa. Con buona pace dei banalizzatori di professione che, a sinistra, hanno avuto sempre, oggi e allora, un unico punto di riferimento: solo la gestione pubblica rende il welfare democratico, egualitario e di sinistra. Il resto è solo destra e rafforzamento delle diseguaglianze sociali.
E allora cerchiamo, ancora una volta come è successo in tanti anni, di chiarire che le posizioni in gioco non sono solo due e ben identificate. La destra e la sinistra. Ma sono almeno tre. Con la posizione della sinistra liberaldemocratica, riformista e, aggiungo con piacere, anche un po’ antistatalista che non si identifica con nessuna delle posizioni dei due eserciti contrapposti.
La sinistra ha da sempre una posizione chiara. L’economia è un campo di creazione di diseguaglianze. Si sa il capitalismo permea di sé la società. E il capitalismo crea di continuo vincitori e vinti. Lo Stato deve intervenire per riequilibrare la distribuzione del reddito che altrimenti sarebbe troppo diseguale. I servizi pubblici, che creano la vera cittadinanza sociale, pagati con tasse progressive, si è arrivati anche alla proposta di fasce al 70/80%, gestiti dall’operatore pubblico sono la sola risposta possibile. Meglio poi se, oltre alla tassazione del reddito prodotto, si introducono altre forme di redistribuzione come le tariffe progressive e altre amenità del caso.
La destra risponde con un eguale impianto ideologico. Le differenze sociali sono un portato dell’economia ma anche del diverso impegno e capacità di gruppi sociali e di individui diversificati e pertanto sono eticamente accettabili. Certo lo Stato deve intervenire per le fasce più deboli ma con un perimetro ristretto che eviti una tassazione troppo esosa per i cittadini. Oltre al perimetro pubblico si deve e si può sviluppare un’area di tipo privato nella quale possono confluire tutte le fasce sociali che, disponendo di un reddito disponibile più elevato a causa della minore tassazione, hanno la possibilità di affrontare un mercato privato, e libero, delle prestazioni sociali. Questa è la privatizzazione del welfare che convive con una bassa tassazione e con uno sviluppo privato dei gestori in concorrenza fra di loro.
La sinistra riformista e liberaldemocratica ha invece un altro approccio. Condivide con la sinistra l’idea di una tassazione adeguata, anche se non esageratamente progressiva, in grado di mantenere e sviluppare un welfare di tipo universalistico. In grado non solo di redistribuire le risorse ma ancora di più di sostenere l’eguaglianza delle opportunità che è il migliore strumento di redistribuzione del reddito in una società ad economia di mercato. In particolare, l’istruzione, che pone a base per la diffusione delle competenze e delle capacità individuali, e la sanità che rende l’uomo più libero da paure e da criticità personali nel corso della vita. Ma a fronte delle universalità della risposta in termini di “servizio pubblico” la sinistra riformista non nutre il mito statalista della gestione pubblica della produzione. Questa può essere fatta dal pubblico ma può essere fatta anche da gestori privati sia in concorrenza sia in complementarietà col pubblico. I punti forti della proposta sono l’introduzione, ove possibile, di una concorrenza fra operatori (con l’abbattimento ove possibile del monopolio pubblico) e, la cosa più importante, la libertà di scelta dei consumatori rispetto alla varietà e variabilità dei servizi resi. Sia dei servizi “centrali” sia dei “servizi di accompagnamento” (sedi, accoglienza, servizi complementari e aggiunti, etc). In questo caso non ha senso parlare di privatizzazione dei servizi in quanto i cittadini continuano ad avere un sistema di servizi pubblici universale e gratuito, a meno di tariffe di compartecipazione peraltro previste anche nel sistema “tutto pubblico”, ma con più libertà di scelta.
A sostegno del sistema integrato pubblico-privato sta la capacità del pubblico di regolare il mercato delle prestazioni, diciamo così “paritarie”, e di gestire il controllo sulla qualità e sui costi apprestati dagli operatori privati. Si tratta di una facoltà “superiore”, che richiede grande capacità da parte del pubblico e che non sempre è stata realizzata come è possibile rinvenire nei tanti casi di contrattazione mal impostata, di controlli inesistenti e di irresponsabilità rispetto ai cittadini. Tutte cose che hanno reso in qualche caso la prestazione i servizi pubblici da parte dei privati a livelli di qualità inadeguata e di costo eccessivo. Tutte criticità che vanno certamente attenzionate, verificate e quindi superate ma che anche nel sistema di produzione “tutto pubblico” esistono e danno luogo a insoddisfazioni, inefficienze e spreco di denaro pubblico.
I temi all’ordine del giorno ci sono e stanno tutti lì sul Tavolo del Governo: la scuola con l’attacco alla scuola paritaria da parte della neo ministro Azzolina, il tema delle concessioni autostradali che fa cattiva mostra di sé da una parte per il cattivo modello di contratto stipulato far il pubblico e il privato e dall’altra per la fretta e la superficialità con cui si tenta di arrivare al ritiro della concessione, il tema della sanità con l’approccio “tutto pubblico” che lascia fuori la possibilità di integrare con serietà e capacità di controllo il rapporto con i privati che rischia di lasciare fuori i migliori e di interagire, magari con accordi sotto banco, i peggiori.
Insomma, i temi ci sono tutti. Lo statalismo a sinistra, con l’ingresso della pseudocultura grillina nell’agone, sta aumentando di livello in maniera preoccupante. Si sente sempre di più la mancanza di una visione riformista in questo campo. Sarà dura per il riformismo reggere con idee innovative nella battaglia fra le falangi della destra dello Stato minimalista e della sinistra dello Stato massimalista. Noi continuiamo a credere alla “terza via” non tanto perché in questi anni questa impostazione abbia dimostrato di stare fuori dalle difficoltà, dagli errori e, in qualche caso,anche dagli orrori ma perché ci pare l’unica strada per chiamare il meglio della cultura pubblica e di quella privata ad un impegno effettivo per una riscossa del paese. Sinistra riformista se ci sei, batti un colpo. È il momento.
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