Un’analisi attenta del voto europeo ci dice qualcosa di importante sulla sensibilità ambientale delle opinioni pubbliche e sulle possibili conseguenze elettorali. Il risultato delle liste “Green” in Europa è stato molto buono, saranno il quarto gruppo nell’europarlamento con 80 deputati (+18 rispetto a 5 anni fa), l’unico partito in forte crescita insieme ai liberali. In alcuni Paesi i verdi sfondano, come in Germania con il 21% e si registrano buone affermazioni in Austria e in Francia. Il voto verde è prevalentemente urbano e giovanile, e probabilmente attrae un elettorale che potrebbe altrimenti non votare, stanco delle tradizionali offerte politiche.
In Italia questo non è accaduto, il partito dei Verdi si ferma a percentuali modeste, ed il tema ambientale non ha caratterizzato alcuna forza politica. Si va del negazionismo della Lega (i cambiamenti climatici sono esistono, come dice Trump), alla prudenza di PD e M5S, che sventolano tiepidi slogan generici e poco concreti.
Strano perché il tema ambientale preoccupa l’opinione pubblica e soprattutto i giovani che nati e cresciuti nell’Europa post ideologica, vedono nel tema ambientale un loro specifico orizzonte di senso, legato al presente ma anche al loro futuro.
I giovani quindi, la politica non li ascolta, ma loro non si fermano. Forti della loro freschezza e affamati di futuro, i ragazzi di Fridays for Future sono tornati, alla vigilia del voto di domenica, in piazza a manifestare in favore dell’ambiente, a strigliare i potenti, a chiedere che la crisi climatica venga affrontata con urgenza. Greta Thunberg e il suo cartello in svedese “Skolstrejk för Klimatet” – sciopero scolastico per il clima – non erano un bluff quando la giovanissima attivista ambientale iniziò i suoi scioperi, e oggi sono una consolidata realtà: in migliaia e migliaia sono scesi in piazza prima delle elezioni europee, orientando in molti paesi le scelte elettorali. Ma in Italia incredibilmente no. Qui da noi la politica non sembra aver colto questa opportunità. Fatta eccezione per alcune liste minori le grandi forze politiche hanno posto l’accento sui temi sociali ed economici, su quelli della sicurezza e dell’immigrazione, sui temi della governance europea. Il tema ambientale è assente nel programma di molti partiti sovranisti e populisti, forze politiche che, sulla scia della “dottrina Trump” considerano le emergenze ambientali marginali se non inutili o addirittura dannosi rispetto ai temi della crescita e dello sviluppo (poco sostenibile). Si arriva a veri e propri approcci negazionisti, come quelli relativi al cambiamento climatico e all’effetto serra, considerate “fake news” nonostante i dati sempre più evidenti e condivisi a livello della comunità scientifica mondiale.
Ma anche i partiti “di sinistra” o comunque non di destra, fanno prevalere i temi sociali ed economici e quelli istituzionali rispetto ai temi ambientali. Questi hanno depotenziato l’accento ambientalista dei loro programmi, relegando in secondo piano i vari capitoli su cambiamento climatico, green economy, economia circolare, biodiversità, lotta alla plastica. Questa scelta a non usare il tema ambientale come “parola chiave” della campagna elettorale è incomprensibile. I cittadini sono sempre più attenti e sensibili ai temi dell’ambiente sia scala globale, che soprattutto europea. Che gli elettori siano sensibili ai temi ambientali e soprattutto al tema del cambiamento climatico lo confermano tutte le analisi sulle preoccupazioni dell’opinione pubblica e le loro priorità.
Tuttavia, nei programmi mancano riferimenti alle tasse ambientali, proposte chiare e concrete sugli incentivi per fonti rinnovabili e riciclaggio nel quadro della strategia energetica 2030 e di quella sull’economia circolare, già definite a livello europeo. Manca una proposta concreta sulle risorse da destinare a parchi e aree protette, a meccanismi di protezione della biodiversità. Per non parlare della totale mancanza di attenzione sulle misure per l’adattamento ai cambiamenti climatici (alluvioni, frane, rischio idraulico) e per il potenziamento del trasporto pubblico in sfavore del mezzo privato. Peccato, l’opinione pubblica sembra più attenta e più matura della politica sul tema che appare sempre di più la vera sfida dei prossimi anni. Però attenzione, Fridays for Future non si ferma, e a settembre i ragazzi torneranno in piazza. Con loro la politica prima o poi dovrà fare i conti. Nelle prossime elezioni politiche il tema ambientale potrebbe diventare uno degli spazi di confronto simbolico e concreto e soprattutto le forze progressiste avrebbero tutto da guadagnare nell’includere questo tema nella loro comunicazione e nell’agenda politica e programmatica.
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