La mossa di Berlusconi che, senza se e senza ma, ha schierato Forza Italia a favore del MES è di quelle destinate a lasciare il segno. Non solo nel centro-destra ma anche a livello di maggioranza di governo. Dopo mesi e mesi di completo appiattimento su Salvini il Cavaliere si è smarcato nel momento di maggiore difficoltà del segretario leghista. Da un lato per il lento ma costante calo che la Lega registra a livello di sondaggi dall’altro per quella posizione sempre più anti-europea che non è nelle corde di una buona parte della base elettorale del Nord fatta di piccoli e medi imprenditori che con l’Europa vive e commercia.
Berlusconi non ha nessuna intenzione di rompere il centro-destra. Vuole tornare centrale facendo calare la Lega e recuperando quella parte di elettorato che non votava più proprio per l’egemonia salviniana. Non è un caso che nello stesso momento in cui Berlusconi prendeva posizione sul MES, Giorgetti, anche lui silente per mesi, abbia dichiarato che “l’Italia non può pensare di uscire dalla crisi senza un sistema di alleanze internazionali ed europee”. Si sta insomma avviando nella Lega una sorta di sommovimento che come minimo porterà a un cambio di linea politica sull’Europa, o, come massimo, ad un cambio nella stessa leadership con Zaia e Giorgetti che potrebbero aspirare al ruolo.
Ma la mossa apre a scenari del tutto nuovi anche a livello di governo. L’attuale maggioranza non può andare avanti per molto senza votare sull’adozione o meno del MES. Un po’ perché quello è l’unico strumento che è a disposizione del Paese nel breve/medio periodo e un po’ perché la decisione spetta oggettivamente al Parlamento. Sul si al MES sono schierati PD, Italia Viva e l’ala governista del M5S. Una parte dei grillini è ferocemente contraria ed è una parte, più o meno grande che sia, che è comunque sufficiente a far mancare la maggioranza. A questo punto ecco il sostegno esterno di Forza Italia e/o di parte del centro-destra.
Dopo il voto e sull’onda della necessità di far ripartire il Paese, oltre tre quarti dell’elettorato è favorevole, stando ai sondaggi, ad un governo di unità nazionale, si aprirà fra i partiti un confronto sull’opportunità di dar vita ad un nuovo governo che abbia come unico punto la ripresa dell’economia e che trovi nel riferimento all’Europa il suo minimo comune denominatore.
A guidarlo una personalità super-partes, ovvio pensare a Draghi, che al termine naturale della legislatura potrebbe anche essere eletto al Colle, restituendo il paese, con le elezioni, alla sua naturale dialettica politica.
Fantapolitica? Forse, ma certamente una strada seria per rimettere il Paese in carreggiata, per azzerare la sbornia populista e per avere un governo di persone competenti e credibili.
Se poi Berlusconi si limitasse a fare il padre nobile e alla guida del partito mettesse una come la Carfagna, ecco che Salvini e la Meloni sparirebbero quasi del tutto dalla scena.
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