Dispiace sempre (e molto) criticare la propria “Casa Madre” . Ma la Regione Toscana – l’ istituzione in cui nei mie anni giovanili mi sono formato sul piano amministrativo e politico – questa volta se lo merita. Ecco perché.
Nel febbraio scorso ho prenotato una visita specialistica per il 29 maggio in preparazione di. Intervento chirurgico di routine
Ieri – dovendo spostare la data – ho chiamato il CUP. Sono rimasto sbalordito quando ho scoperto che l’ appuntamento era il 29/5/2024 e non nel 2023 come avevo erroneamente immaginato.
L’ errore materiale è stato mio, ma non avevo controllato l’anno perché per me era inconcepibile l’idea che l’ attesa fosse talmente lunga da arrivare al maggio 2024.
Quando l’ ho scoperto ho chiesto se c’ era un modo di accelerare. Non è stato difficile rimediare. Ho prenotato telefonicamente per il prossimo 19 giugno nello stesso ambulatorio pubblico, con le stesse strumentazioni diagnostiche, gli stessi medici e gli stessi servizi. L’ unica differenza è il prezzo. La stessa visita tramite il SSN costa 38 euro con una attesa di 15 mesi e con la procedura accelerata intra moenia 161 euro con una attesa di solo 3 settimana.
Questa differenza è Inaccettabile. In un servizio sanitario pubblico che si rispetti si può aspettare 2 o 3 mesi, ma non e’ ammissibile un anno o addirittura 15 mesi di attesa.
Cosa è successo? Quella che sembrava una buona idea del Ministro Bindi (libera professione svolta in modalità intra moenia) si é trasformata in boomerang.
Nel corso degli anni con l’ aumento delle prestazioni professionali mediche all’ interno degli ospedali e degli ambulatori pubblici si sono notevolmente allungati i tempi delle liste di attesa.
Al comma 13 dell’articolo 3 della legge 124 del 1998 erano riportati i termini in tempi di massimi relativi alle visite con ticket. Nel caso in cui non vengano rispettati tali tempi, ll SSN sanitario aveva il dovere di fornire intramoenia la stessa prestazione, ma al prezzo del ticket.
Non so come questo principio sia applicato dalla Regione Toscana, ma è certo è che qualcosa non funziona.
Non si tratta di penalizzare i medici che svolgono la professione all’ interno del sistema pubblico, ma di ridurre una distanza (da 38 euro a 161 euro) che sancisce una divisione profondamente ingiusta tra cittadini di serie A e cittadini di serie B e che solleva anche delicati risvolti costituzionali.
Si possono immaginare misure correttive – ad esempio rimodulare i ticket in base agli scaglioni di reddito ed introdurre alcuni aumenti, ma andare avanti così non si può.
A meno che più o meno consapevolmente si intenda smantellare il servizio sanitario nazionale che – a mio avviso – in Toscana – come in poche altre regioni italiane – ha alle spalle un’ esperienza pluriennale positiva che sarebbe un delitto disperdere
Fermare il declino in atto nella sanita’ pubblica e tutelare il diritto alla salute come diritto universale e’ un preciso dovere della politica in Toscana. Serve una reazione immediata se non vogliamo rischiare che sia troppo tardi
Luigi
La sanità Toscana è in una crisi profonda e di questo passo la Regione è a rischio. Ma non solo per le clamorose liste di attesa. Sta perdendo, per il panico economico dovuto ad una gestione sbagliata, tutti i valori che ne hanno fatto per anni una gestione all’avanguardia. Con i risultati finali messi in luce dall’articolo di cui sopra, che saranno la fine del diritto universale alle cure per favorire l’inevitabile ricorso alle strutture private. Mi intendo, ad esempio, del mondo della riabilitazione. Il professor Milani Comparetti, apprezzatissimo in tutta Europa, era stato profetico nell’impostare una riabilitazione che prevedeva non tanto il prortarsi delle cure mediche necessarie per i primi anni di vita, quanto un processo riabilitativo h 24, con la partecipazione della famiglia, della scuola della società tutta. Un percorso che favorisca il reinserimento nella vita di tutti.
Si sappia che la Regione è in una regressione tale per cui prevede che a 65 anni, di fatto, un disabile sia rinchiuso in una RSA dove non conosce nessuno, dopo magari aver trascorso una vita in un centro diurno aperto, con compagni e personale con i quali è cresciuto. Una scelta indegna che magari elimina il problema perché- come è già accaduto-il soggetto si intristisce e dopo poco, lascia questa vita. Ma volete sapere un’altra perla,? Un centro di riabilitazione che funziona, avrà un personale impegnato a quello che deve essere il reinserimento nella vita di tutti. Alcuni soggetti, grazie al cielo, sono autonomamente in grado di affrontare la vita da soli e magari trovare anche un posto di lavoro. Per altri la cosa è più difficile. Ma pure loro e le loro famiglie hanno diritto ad una vita dignitosa. Cosa di meglio allora, che il personale loro addetto li aiuti ad affrontare la vita facendo loro da protesi, insegnando loro ad affrontare e superare le difficoltà nella vita ordinaria, .cosa che i genitori, durante la loro crescita, magari presi dall’angoscia nel pensare più che altro al dopo di noi, non sono in grado di fare?
Ebbene non sto a dirvi le scuse della Regione per non pagare la retta già prevista per il piano riabilitativo!! Hanno detto, dopo una esperienza fatta con tutto il personale addetto, in un ambiente scelto perché stimolante, emozionante, con possibilità di socializzazione, hanno detto che non pagano perché l’ambiente non era sanitariamente autorizzato! Come se le terapie domiciliari che l’ASL ordina di fare ogni giorno, avvenissero in ambienti sanitari!
No, di questo passo, la Regione Toscana, rischia grosso visto che la spesa per la sanità è di gran lunga la maggiore. Credo che, se è ancora in tempo, si debba dare una forte spinta per cambiare. Auguri.