Poiché amava ricordare i suoi studi liceali di letteratura e filosofia penso che non gli dispiacerebbe ritrovare in questo articolo un riferimento all’ alto dibattito sulla natura dell’ attività politica, se per sua natura prescinda dalla morale o sia addirttura immorale o altrimenti segua propri canoni morali. Certamente secondo Roberto la politica era una fondamentale attività umana che andava compiuta con serietà e secondo regole. Ma questa è solo una premessa.
Roberto Riccomi, da sempre esponente socialista pistoiese e toscano, si è recentemente spento in maniera drammatica per un malore che lo ha colpito durante un’udienza di Tribunale che lo vedeva imputato a seguito del fallimento della sua agenzia di viaggio. E’stato un finale di vita tragico, Roberto si sentiva male ma non voleva mancare, come non aveva mai mancato a un’udienza del procedimento. E del resto era sempre stato collaborativo con gli organi di giustizia: mai aveva criticato gli inquirenti, mai si era avvalso della facoltà di non rispondere, mai aveva inviato un certificato medico per far rinviare un’ udienza. Un comportamento esemplare in una vicenda che lo aveva segnato profondamente.
Ma dovremmo capire meglio le caratteristiche del suo personaggio e del perché era divenuto punto di riferimento della politica e della società locale nonché dei socialisti, non solo toscani.
Aveva iniziato a far politica iscrivendosi a 16 anni alla Federazione Giovanile Socialista Italiana, attratto a tale attività dall’ essere figlio di Lenio Riccomi, persona di cultura, politico autorevole del Psi all’ inizio degli anni 70 e soprattutto uno dei più ricordati Sindaci della città di Montecatini Terme, con ampie relazioni non solo locali, forti rapporti con i leaders e i ministri socialisti fiorentini Luigi Mariotti e Lelio Lagorio ed anche una stretta amicizia con l’ex segretario nazionale del PSI Giacomo Mancini.
Emblematico è il fatto che anche dai nomi dei suoi figli si percepisca come Roberto avesse forte il senso della propria appartenenza familiare e politica.
Roberto Riccomi era stato per un mandato consigliere comunale a Montecatini e poi consigliere dell’ Amministrazione provinciale di Pistoia e quindi dal 1983 segretario provinciale del Psi di Pistoia.
La sua ambizione infatti non era il ruolo amministrativo bensì la leadership politica : non se ne potrebbe comprendere la personalità applicandogli i canoni consueti alla maggior parte dei politici, che spesso lottano per un posto in lista, per le preferenze, per una nomina in un ente pubblico.
Dopo le esperienze amministrative non si era più candidato. Era buon conoscitore degli enti locali e di tutta la realtà politica provinciale e regionale ed interlocutore autorevole di amministratori, imprenditori, sindacalisti, rappresentanti delle associazioni e più in generale della società pistoiese e sopratutto della Valdinievole , della quale – come il padre Lenio – era ritenuto generalmente uno dei più autorevoli rappresentanti. Cercava di caratterizzare l’ attività del Psi come partito attento e portavoce delle realtà locali : la difesa degli interessi locali si era accentuata infatti con la caduta del vecchio PSI come grande partito nazionale.
Riccomi si è caratterizzato come politico coerente che non ha cercato di riciclarsi in altre formazioni politiche, come altri socialisti. E’restato, con il Psi divenuto un piccolo partito, sempre ancorato alle alleanze di centro-sinistra nell’ ambito di un criterio di affidabilità e stabilità amministrativa in un’ epoca nella quale erano crollati i partiti tradizionali.
In tale contesto ha anche guidato i socialisti verso la creazione di liste civiche o locali che potessero recuperare i vecchi militanti socialisti e attrarre nuove adesioni o comunque convincere a candidarsi o riportare alla politica persone rappresentative che suscitassero consensi e potessero condurre attività amministrativa.
Il suo obiettivo non è stato solo quello di far sopravvivere e proiettare nel futuro l’ azione del superstite Partito socialista e mantenere vivi i suoi ideali, il Partito socialista era anche lo strumento per potere intervenire in politica; la sua era una vera passione per la politica, per la presenza che consente di operare nella società, di partecipare alle scelte, di salvaguardare e promuovere quello sviluppo sociale ed economico dei territori cui era legato, senza mai perdere il riferimento a un quadro generale, al contesto entro il quale si muovono le azioni di governo. Certo non amava la demagogia e le fughe in avanti,
Era convinto che in politica vi fossero delle regole non scritte da riuscire in primo luogo a individuare e quindi seguire. Il rispetto del ruolo della maggioranza, ma anche della minoranza, il rispetto degli accordi presi, la ragionevolezza delle scelte anche relativamente alle persone e alle loro candidature. La razionalità della politica e non l’ uso arbitrario del potere politico. Un sistema, quindi, del quale conoscere i meccanismi per poter utilmente operare e far valere le proprie istanze; nel suo caso quelle del filone socialista e riformista: la politica come mezzo per il progresso della società.
Per lui l’avversario politico non era un nemico ed anche se si era stati avversari bisognava essere pronti ad aiutare gli altri, con la generosità e l‘altruismo che lo caratterizzavano. Anche così si spiegano la tanta commozione e le tante adesioni al lutto che ha colpito in primo luogo la sua famiglia e poi i suoi amici e compagni.
A ciò si aggiunga un modo di fare autorevole, un comportamento pacato e un senso dell’ ironia indispensabile per avere un atteggiamento distaccato rispetto agli avvenimenti e per elevarsi nei confronti degli accadimenti.
E, come è evidente, chi si eleva gode di una visuale più ampia ed è capace di una visione prospettica propria del politico di spessore, del politico di razza come è stato Roberto Riccomi.
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