L’intera Toscana ha una popolazione che si avvicina a fatica a quella delle metropoli europee; in questo senso continuare ad immaginare una Regione frammentata in piccoli centri rischia di essere molto pericoloso. La dispersione, prima di tutto amministrativa, rende complesso infatti concepire una visione comune in grado di garantire servizi, infrastrutture e logistica tali da assegnare a ciascuna delle città toscane, compresa la stessa Firenze, una dimensione che non sia rinchiusa nel localismo. Saperi, innovazione, circolazione delle idee e delle risorse, produzione culturale e generazione di beni faticano a trovare spazio in geografie costrette. Riflettere sul rapporto fra Firenze e la Toscana dovrebbe significare quindi ragionare di come rendere la Toscana un’unica grande città, in cui mantenere in vita le peculiarità dei territori ma riorganizzandole attraverso forme di rappresentanza, e di rappresentazione, se non unitarie quantomeno decisamente omogenee. In tale ottica, gli spazi della pianificazione urbanistica, così come quelli dell’erogazione dei servizi e della programmazione infrastrutturale avrebbero bisogno di una regia d’insieme, attuabile mediante il duplice ruolo normativo e di gestione della Regione in un efficace confronto con le amministrazioni comunali, rese, a tutti gli effetti, parte di un governo unitario e condiviso. Si tratta, evidentemente, di un’idea che si scontra con resistenze profonde ma che potrebbe scongiurare il proseguire su una strada in larghissima parte già intrapresa. Le resistenze sono facili da intuire e hanno a che fare con la storia della Toscana. Come ha scritto, con estrema chiarezza Carlo Pazzagli, la nostra Regione è terra di città ed è composta da tante Toscane, contraddistinte nel tempo anche da una significativa frantumazione delle proprietà. Questo passato si è tradotto in un municipalismo orgoglioso e, al contempo, chiuso in maniera quasi feroce che ha preteso tante rappresentanze, purtroppo spesso così microscopiche da risultare del tutto inadeguate. Del resto la frammentazione amministrativa, scaturita dalla storia, non ha consentito neppure la formazione di una classe dirigente nelle condizioni di incidere a livello nazionale. Pensare ad una Toscana declinata come un’unica città sembra pertanto un’eresia in termini storici. Tale eresia permetterebbe tuttavia di evitare il rischio a cui si accennava. Ciò che sta accadendo, ormai da anni, è infatti il tentativo da parte di Firenze, e ancor più ad opera della città metropolitana, di affrontare il tema cruciale delle dimensioni internazionali “divorando” il resto della Toscana: in altre parole, “fiorentinizzando” la Toscana.
In questo senso ha pesato proprio la città metropolitana che ha rafforzato l’idea di un unico motore centrale destinato prima a convivere con l’organizzazione dei distretti e poi a subordinare anche queste realtà alla propria assoluta priorità. Sono testimonianza evidente di un simile processo le dinamiche delle infrastrutture a cominciare dalle soluzioni aeroportuali e dall’alta velocità, pensate nella logica di un’autosufficienza fiorentina che considera, per un processo di metonimia, la “capitale” della Regione come la Regione in quanto tale.
Invece di pensare all’Aeroporto di Pisa come lo scalo di una grande città unica regionale si allarga la pista fiorentina e si perde di vista, più o meno contemporaneamente, la centralità dell’area portuale di Livorno per un intero sistema di cui Firenze è parte costitutiva. Questa logica metonimica è palese anche nella ristrutturazione dei servizi pubblici che, sotto l’orchestrazione della metropoli fiorentina, sta producendo una Multiutility, orientata ad una pericolosa finanziarizzazione, interamente centrata sulla subalternità dei territori alla capitale, a cominciare dalla distribuzione azionaria, ben poco stemperabile con i patti parasociali. Nella stessa direzione si muove, sia pur in modo decisamente meno organico, il cambiamento di pelle del fenomeno turistico, travolto dagli airbnb, intimamente legati alla follia dell’overtourism, del sovraffollamento, che ha annebbiato l’esigenza di un turismo regionale e ha trasformato le attività ricettive in rendita immobiliare in grado di rendere Firenze un bengodi per i proprietari, ostili ad ogni forma di regolazione regionale. La “capitale”, in tal modo, diventa la terra del costante cambio di destinazione d’uso, senza alcuna norma, in cui si afferma il modello del lavoro precario, destinato a distruggere la stessa attività alberghiera. Con questa fisionomia il turismo alimenta la più volte ricordata idea della autosufficienza fiorentina e della automatica declinazione delle varie realtà regionali nella soluzione adottata, sia pur ora con qualche resistenza, da Firenze. Una considerazione a parte merita la tendenza che la “turistificazione” sub specie fiorentina della Toscana provoca sul mantenimento in vita dell’essenziale sistema manifatturiero che tende a concentrarsi – in coerenza con questa narrazione della fiorentinità – nel settore della moda, oggetto tuttavia, come nel caso di numerose altre attività produttive sofferenti, dell’acquisizione da parte dei grand fondi finanziari.
Le resistenze storiche nei confronti di una visione della Toscana come un’unica città favoriscono quindi l’idea di una Firenze capace di rappresentare l’intera Toscana; un’idea che ha trovato attuazione recente nella redazione del Pnrr, dove ben oltre il 70% delle risorse sono state destinate alla Toscana fiorentina e il resto è stato diviso fra la costa e le tante e rilevanti aree interne. Il rischio in termini politici di una siffatta dinamica è facilmente individuabile nella interpretazione delle elezioni per il Comune di Firenze come il punto decisivo su cui costruire anche le successive consultazioni regionali. Si tratta di una chiave di lettura che opera una impossibile sovrapposizione di piani e che corre il pericolo di alimentare un ulteriore sentimento antifiorentino per cui la formula politica adottata a Firenze diventa, ipso facto, indigesta altrove. Vincere a Firenze, per perdere in Toscana.
Alessandro Volpi, Università di Pisa
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