Quel risultato del 7,8 per cento, con 21 deputati eletti alla Camera e nove senatori al Senato, sarebbe stato un fallimento per il Terzo Polo, secondo le analisi dei giornaloni schierati a destra ma anche di quelli posizionati a sinistra. Un fallimento perché l’obiettivo di raggiungere la soglia simbolica del 10 per cento, auspicata dal suo front-man Carlo Calenda, è stato mancato. È la dimostrazione del fatto che quella formazione liberale e riformista, con un programma chiaro e concreto, ha rotto le scatole non poco a entrambi i poli del tradizionale maggioritario.
E se invece avesse ragione Matteo Renzi quando dice che l’aver sfiorato l’8 per cento è un risultato straordinario per una formazione che aveva solo poche settimane di vita? E che pertanto deve continuare nel suo progetto di aggregare tutte le forze liberal-democratiche, consolidarsi, stringere i ranghi e lavorare per le elezioni europee del 2024?
Aggiungiamo un’altra considerazione, giusto per fare un po’ di conti: se la Bonino e i suoi di +Europa non avessero disgraziatamente fatto l’alleanza con il PD e la sinistra radicale; e avessero, com’era più logico fare, portato l’acqua dei loro voti al mulino del Terzo Polo, beh, allora la soglia del 10 per cento sarebbe stata superata eccome. E si sarebbe evitata quella battaglia fratricida nel collegio di Roma 2 tra Calenda e Emma Bonino, che si è conclusa con la sconfitta di entrambi.
Qui non si tratta di essere ottimisti o di vedere il bicchiere sempre mezzo pieno. È solo realismo quello che ci spinge ad assumere la visione renziana come giusta indicazione per il futuro.
Che ne sarà del PD dopo il congresso primaverile? Resterà quello delle alleanze impossibili e del campo largo voluto da Enrico Letta, che da segretario lo ha portato al risultato elettorale più fallimentare della sua storia (come aveva previsto Renzi)? O si disgregherà in un’ala radicale e grillizzata, e magari in un’altra moderata e riformista che a quel punto dovrà necessariamente affacciarsi a ragionare con i terzopolisti?
Per non parlare della Lega di Matteo Salvini, l’altro grande sconfitto del 25 settembre. Anche lì il malcontento per la scelta di affossare il governo Draghi serpeggia tra i presidenti di Regione come Zaia o tra quegli esponenti che hanno lavorato bene nella compagine governativa come Giorgetti.
Infine mi aspetto forti mal di pancia tra i forzisti e più in generale tra i moderati del destra-centro: come reagiranno quando si troveranno a fare la ruota di scorta di Fratelli d’Italia? Lasciamo stare Berlusconi che pur di rientrare in Senato avrebbe firmato un patto col diavolo, ma personaggi di chiara tradizione liberale ed europeista ce la faranno a reggere lo stress di un probabile capo (capa) del governo sovranista e statalista?
Il Terzo Polo ha bisogno solo di raccogliere e mettere a frutto il risultato non certo scontato che ha ottenuto finora. Le premesse per continuare sulla strada da poco iniziata e allargarsi e rafforzarsi ci sono tutte. Come gridavano gli studenti per le strade di Parigi un bel po’ di anni fa, quando accesero la miccia di una grande rivoluzione culturale: ce n’est qu’un début.
Luigi
Condivido l’analisi chiara e puntuale del Prof. Riviello.