A breve, l’Italia avrà un nuovo Governo. Insediandosi, dovrà mettere mano agli infiniti problemi che attanagliano il Paese. Primo fra tutti, quello economico: debito pubblico alle stelle e recessione generata da cause interne (burocrazia ― anche per inefficienza della pubblica amministrazione ― e crisi del sistema produttivo) ed esterne (guerre, crisi energetica, inflazione) non ininfluenti su quelle interne. Non c’è dubbio che l’azione del nuovo Governo dipenderà molto dalle linee che seguirà per il superamento del problema economico. Vale sempre l’antica massima per cui: “C’est l’argent qui fait la guerre”, sono i soldi a fare la guerra. Le difficoltà si superano più facilmente se si dispone di adeguate risorse economiche (che, nonostante le assicurazioni tranquillizzanti profuse dai Ministri dell’economia passati e presenti, purtroppo non ci sono per il nostro Paese).
Ma c’è un altro problema spinoso che il nuovo Governo dovrà affrontare. In estrema sintesi, come riformare le riforme. Vale a dire, come rivedere alcune riforme ― avviate o comunque impostate ― dal precedente Governo. Va infatti ricordato che alcune forze politiche che costituiranno il nuovo Governo (cosiddetto) di Centrodestra (Lega, Forza Italia, Noi con l’Italia e Unione di Centro) hanno fatto parte ― magari con denominazioni diverse ― della maggioranza del Governo Draghi che cesserà con la nascita del nuovo Governo. Unico partito rimasto estraneo è stato Fratelli d’Itala.
Le forze politiche che hanno sostenuto il Governo Draghi hanno quindi approvato i programmi di riforme presentati da questo Governo. Primo tra tutti, ed onnicomprensivo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), un piano di riforme strutturali del Paese predisposto per poter accedere al fondo di 750 miliardi del Next Generation EU (o Recovery fund ― Fondo per la Ripresa) disposto dall’Unione Europea. Il PNRR prevede erogazioni all’Italia per 191,5 miliardi se saranno realizzati i progetti di riforma e raggiunti gli obiettivi nel periodo 2021-2026, periodo di durata del Recovery fund. L’ottenimento di questi fondi è vitale per sostenere le traballanti finanze pubbliche del nostro Paese.
Ora, quelle stesse forze politiche ― unitamente a Fratelli d’Italia ― hanno indicato, nel loro programma elettorale, la revisione del PNRR. Se ne vorrebbe un adeguamento per far fronte alle nuove realtà createsi dopo la sua approvazione. Se si tiene conto dei fatti traumatici avvenuti dopo il 2021 ― anno di approvazione del PNRR ―, questa esigenza è assolutamente condivisibile. Tra i fatti più rilevanti intervenuti, la crisi energetica che rimette in discussione la transizione ecologica, Missione 2 del PNRR – Rivoluzione verde, e per la quale il PNRR stanzia il 40% delle risorse.
Questa revisione non è pacifica. Si avanzano perplessità sulla possibilità o non di modificare il PNRR. Al proposito, si dovrà avviare un confronto con gli Organismi europei per verificare se sussista questa possibilità, e in che misura, ovvero se sia assolutamente esclusa. Parrebbe che qualcosa potrebbe essere fatto, ma occorre delimitarne i confini.
Esaminando poi alcune riforme specifiche già avviate o impostate dal Governo Draghi, occorrerà comporre le posizioni di quei partiti i quali, facendo parte del Governo Draghi, le hanno approvate, tuttavia manifestando dissensi. Questi dissensi riprenderanno corpo per bocca delle forze politiche passate ad una maggioranza diversa. Vediamo.
In base agli impegni assunti con l’Europa, il PNRR prevede alcune riforme prioritarie necessarie per ridare competitività al Paese: Riforma della Pubblica Amministrazione, della Giustizia, dei Contratti pubblici,del Mercato e della Concorrenza. Inoltre, indica riforme di accompagnamento. Tra queste, la Riforma fiscale ritenuta “azione chiave per dare risposta alle debolezze strutturali del Paese”. È infatti del tutto evidente che un Fisco moderno ed efficiente costituisce il presupposto per garantire la giustizia sociale, e portare risorse alle casse dello Stato. È appena il caso di evidenziare che il problema del miglioramento dell’economia pubblica ― richiamato all’inizio ― è fortemente condizionato dalla Riforma fiscale.
Qual è il quadro che si presenta al momento della cessazione del Governo Draghi? La Riforma della Pubblica Amministrazione è, sostanzialmente, ancora tutta da scrivere. Sono stati approvati soltanto due provvedimenti preliminari: reclutamento del personale e sblocca concorsi. Il nuovo Governo potrà dunque trovare accordi per il proseguimento. La Riforma della Giustizia potrebbe dirsi giunta ad un completamento avanzato: legge di delega iniziale (L. 17/2022) e approvazione dei tre decreti legislativi attuativi per la riforma della giustizia civile, penale e dell’ufficio per il processo (quest’ultima per ridurre gli arretrati della Giustizia e migliorare l’efficienza del comparto). Le forze politiche che componevano il Governo Draghi hanno votato queste riforme della Giustizia. Ma le stesse forze ― ora al Governo ― non hanno mai nascosto che intendono riprendere in mano il pacchetto per riformarlo. Tra le questioni da rivedere, la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante e lo stop assoluto sulle porte girevoli.
Per la Riforma dei Contratti pubblici è stata approvata la legge di delega al Governo (L. 78/2022). Il nuovo Governo dovrà adottare, entro sei mesi (teoricamente entro la fine del 2022, ma si è già parlato di proroga), i decreti legislativi di attuazione. Per la loro stesura, è stato coinvolto il Consiglio di Stato. Indipendentemente dalle direttive contenute nella legge di delega approvata, la complessità della materia non mancherà di aprire vivaci dibattiti tra coloro che vorrebbero procedimenti semplificati e coloro che sostengono la necessità di norme rigide anche per combattere i fenomeni di corruzione. La Riforma del Mercato e della Concorrenza è stata inserita nella legge annuale sulla Concorrenza (L 118/2022). Ma restano aperti tutti i problemi più scottanti, da risolvere attraverso i decreti legislativi: liberalizzazioni dei taxi e concessioni balneari. Le forze politiche che costituiranno il nuovo Governo avevano già avviato accesi dibattiti su questi durante il Governo Draghi.
La Riforma fiscale è rimasta lettera morta. La Lega ha bocciato la legge di delega per il suo avvio. Contrasto di fondo: la riforma del Catasto. E quindi si riapriranno anche tutte le discussioni su rimodulazione dell’Irpef ― anche in applicazione di una eventuale flat tax ― e cancellazione delI’Irap.
Il nuovo Governo dovrà dunque riavviare il processo delle riforme e affrontare le questioni spinose che esistono in quelle in qualche maniera già in cammino
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