Il 22 giugno, la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge: “Delega al Governo per la riforma fiscale”. Il Governo l’aveva trasmesso al Parlamento il 29 ottobre 2021. Ora, la Camera ha inviato il provvedimento al Senato per l’esame da parte sua. Dopo l’approvazione del Senato, la legge di delega entrerà in vigore. Dalla data di entrata in vigore, partiranno i diciotto mesi entro i quali il Governo, in attuazione della delega, dovrà emanare uno o più decreti legislativi per la revisione del sistema fiscale.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) colloca la riforma fiscale tra i provvedimenti che accompagnano l’attuazione del Piano stesso. Dopo aver osservato che la riforma fiscale fa parte dei progetti del Governo per la razionalizzazione e l’equità del sistema fiscale, si precisa che: “La riforma fiscale è tra le azioni chiave per dare risposta alle debolezze strutturali del Paese e in tal senso è parte integrante della ripresa che si intende innescare anche grazie alle risorse europee”. In soldoni: con la riforma fiscale il Governo prevede di incrementare le entrate dello Stato, e le maggiori entrate devono concorrere, con i fondi europei, per far ripartire l’economia. Se ne deduce dunque che il Governo ― anche tenendo conto della durata del PNRR (2021-2026) e della traballante situazione economica del Paese ― confidi in una rapida approvazione della riforma.
Orbene, la tabella di marcia seguita finora dal disegno di legge in questione non pare che si caratterizzi per particolare celerità. Diamo per scontato che, quando si parla di tasse, il dibattito politico si faccia subito acceso. La classe politica teme che cambiamenti nella tassazione possano ridurre ― o addirittura far cessare ― il consenso degli elettori. In questo caso, tuttavia, si tratta di una riforma più volte sollecitata dagli organismi europei e per la quale il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha dato loro ampie assicurazioni di approvazione per ottenere il benestare per il programma di riforme globali contenuto nel PNRR. Si sarebbe potuto pensare che questa volta la classe politica, abbandonando posizioni preconcette e tatticismi elettorali, avrebbe collaborato convintamente per giungere alla riforma in tempi rapidi. Non è così.
La Commissione Finanze della Camera ha impiegato otto mesi per modificare il testo governativo secondo le richieste avanzate dai partiti politici. Molto tempo è stato dedicato alla ridefinizione della norma riguardante la mappatura degli immobili e la revisione del catasto dei fabbricati.
In merito alla tassazione degli immobili si è eccepito che, prendere come base di riferimento il metro quadro anziché il vano (com’è previsto ora), e in più determinare il valore catastale dell’immobile sul quale si basa la tassazione moltiplicando i metri quadri dello stesso per il valore di mercato del metro quadro della zona di appartenenza, avrebbe determinato aumenti di tasse (IMU, TARI) e revisioni dell’ISEE ― l’Indicatore della Situazione economica Equivalente che costituisce lo strumento di accesso a bonus e prestazioni sociali agevolate ―, con perdite di benefici dei titolari. Ciò contrastava, tra l’altro, con le raccomandazioni della Camera espresse nella Risoluzione approvata sul Documento di Finanza Pubblica (DEF) 2022 per cui la riforma fiscale doveva condurre, tra l’altro, “alla riduzione complessiva della pressione fiscale”.
La composizione su questo punto è avvenuta, sostanzialmente, utilizzando le consuete forme italiche. La definizione “effettiva” della questione è stata rinviata ai decreti legislativi delegati. Inoltre, c’è stata un’accelerazione nell’approvazione della riforma da parte della Camera dopo l’annuncio del Governo di ricorrere al “voto di fiducia” in caso di ulteriori ritardi. I contrari alla formulazione governativa della norma hanno però ottenuto che le informazioni che saranno elaborate per ridefinire il classamento degli immobili e che dovranno essere disponibili dal 1° gennaio 2026, non dovranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali. Si dovrà altresì prevedere che per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante dalla normativa, sia prevista un’ulteriore rendita suscettibile di periodico aggiornamento. In buona sostanza, è saltato il riferimento al valore patrimoniale dell’immobile. Come previsto, tutta questa materia diverrà operativa nel 2026, cioè tra quattro anni.
Ora il disegno di legge è al Senato, ma l’esame non è ancora iniziato. Se la conclusione dell’esame dovesse arrivare dopo la pausa estiva, il percorso dei decreti attuativi potrebbe essere rallentato venendo a coincidere con il periodo del dibattito parlamentare sulla manovra economica annuale. In ogni caso, dall’approvazione definitiva da parte del Senato ― presso il quale potrebbe essere riproposto il “voto di fiducia” ― e dall’entrata in vigore quindi della riforma fiscale, partirebbero i diciotto mesi per l’emanazione dei decreti delegati. Soltanto dopo l’entrata in vigore anche di questi si potrà dire che la riforma comincia a non essere solo più sulla carta, senza scordare che la riforma del catasto partirà dal 2026. In questo quadro, non va dimenticato che, nel 2023, ci sarà la consultazione elettorale per il rinnovo del Parlamento, ulteriore fatto che potrebbe nuovamente far slittare il perfezionamento della riforma fiscale.
Conclusivamente. Se cogliamo, con uno sguardo d’insieme, l’intero percorso che dovrebbe fare la riforma fiscale per diventare veramente un fatto nuovo per il Paese, e confrontiamo le aspettative del Presidente del Consiglio Mario Draghi per una celere approvazione della riforma con i comportamenti parlamentari, viene bene ricorrere alla frase (diventata ormai proverbiale) che Alessandro Manzoni mette in bocca al Gran Cancelliere di Milano Antonio Ferrer che si rivolge al cocchiere affinché faccia uscire la carrozza dal tumulto del popolo per la carestia prodotta dalla peste. Ferrer gli sussurra: “Adelante, Pedro, si puedes”, Avanti Pedro, se puoi (I Promessi Sposi, cap. XIII). Parlando della riforma fiscale, e considerarti i comportamenti della classe politica, si potrebbe dire analogamente a Draghi: “Adelante Draghi, si puedes”.
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