Le iniziative recenti di Matteo Renzi ci dicono che Italia Viva ha preso atto dell’inesistenza di un centro politico in grado di superare gli sbarramenti delle leggi elettorali che operano per le elezioni politiche italiane – e ciò sulla base del risultato delle recenti elezioni europee – e della conseguente necessità di costituire un unico raggruppamento di tutte le opposizioni, sia di centro che di sinistra, all’ attuale maggioranza.
Sul piano politico si è discusso della possibilità di far convergere posizioni tanto distanti, come quelle tra il centro di Renzi (ma anche di Calenda) e i 5 Stelle e Avs (Verdi e Sinistra) nonché una parte del PD che si vede contrapposta al suo ex Segretario. In parte anche per gli altri centristi valgono le stesse considerazioni.
Vi è però un’altra problematica che deriva dal tipo di leggi elettorali esistenti.
E’ evidente che se si tornasse a un sistema proporzionale e senza clausole di sbarramento (o con soglie minime più basse) non vi sarebbe per tanti partiti la necessità di raggrupparsi prima delle elezioni, potendo essere valutata la possibilità di un’alleanza solo dopo acquisito il risultato elettorale.
Siamo invece nell’ ambito di un sistema misto, maggioritario e proporzionale con sbarramenti, che favorisce il bipolarismo.
Stante infatti la attuale legge elettorale, si comprende come Renzi e Italia Viva (oggettivamente sarebbe interessata Azione di Calenda che però non si esprime in merito) si pongano il problema di far parte di una coalizione che permetta loro di esprimersi in Parlamento. Altre formazioni di centro e di sinistra, come Più Europa e il Psi, paiono essere interessate più a questioni di programma politico o di riaffermazione identitaria che a logiche di schieramento.
E poiché siamo in un periodo nel quale si è discusso molto di riforme costituzionali, quali il primariato, e di attuazione di riforme, quale quella sull’autonomia differenziata, gli osservatori politici o esperti hanno valutato la possibilità di introdurre anche in Italia il meccanismo della sfiducia costruttiva .
Tale meccanismo rafforzerebbe la stabilità politica e il ruolo del presidente del Consiglio, rendendone difficile la sostituzione, ma ove fosse raggiunta una nuova maggioranza non si avrebbero vuoti di potere essendovi già l’indicazione di un nuovo Presidente dotato di fiducia del Parlamento e col potere di scelta dei Ministri (prerogativa collegata all’automatico subentro di un nuovo capo dell’ esecutivo, come previsto dalla costituzione spagnola).
Ovviamente la sfiducia costruttiva non si concilierebbe con l’ipotesi, avanzata dalla maggioranza in Italia, di elezione diretta del Presidente del Consiglio per cui, volendo rafforzare il ruolo del Governo, si tratterebbe di attribuirgli in alternativa altre prerogative quale la possibilità di provocare lo scioglimento delle Camere o decidere la nomina e revoca dei Ministri.
Mi è capitato di assistere ad alcuni dibattiti nei quali è stato toccato anche il tema della sfiducia costruttiva, che ho rilevato non essere considerato in tutti i suoi risvolti in un eventuale nuovo assetto politico costituzionale.
Rilevo che l’attenzione degli esperti della materia è in genere rivolta a sistemi tedesco, francese o anglosassone e la sfiducia costruttiva è, com’è noto, inserita nella costituzione della Germania, senza essersi rivelata in quel contesto di particolare utilità.
Ma si sottovaluta il caso spagnolo che è invece illuminante. E forse si tratta del riflesso che ci deriva dall’esserci considerati superiori agli spagnoli, magari anche inconsciamente e al giorno d’oggi….. immotivatamente !
Come è nata l’attuale maggioranza politica che governa la Spagna, pur in un periodo di divisione del paese e presenza di varie formazioni politiche, anche ai margini del sistema ?
Dopo un periodo di tempo successivo alla ribellione della Catalogna crebbe nel Parlamento spagnolo l’avversione al governo del popolare Mariano Rajoy.
Si poneva il problema di come avanzare la mozione di sfiducia nei confronti del governo di centrodestra. Se si voleva procedere in tal senso bisognava contestualmente proporre un nuovo governo e una nuova maggioranza che avessero la possibilità di ottenere la maggioranza nel Parlamento spagnolo.
La costituzione della Spagna democratica, approvata con referendum popolare del 1979 prevede infatti all’ articolo 113 l’ istituto della “ mociòn de censura constructiva” e fu così che nacque nel 2018 il primo governo del socialista Pedro Sanchez che si reggeva sui voti di partiti originariamente nati con caratteristiche “separatiste” come baschi e catalani, pur garantendo come Governo l’ unità dello stato spagnolo.
Infatti la prima fiducia al governo del socialista Sanchez fu approvata da parte di un’alleanza di forze politiche eterogenee, dai socialisti a Unidas Podemos ai nazionalisti baschi del PNV, fino agli indipendentisti catalani di Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) e del Partido democrata Pde-Cat unitisi principalmente allo scopo di rimuovere il governo in carica.
E una simile maggioranza si è riprodotta anche dopo le elezioni politiche svoltesi il 23 luglio dello scorso 2023.
Vi sono state in tale occasione aspre polemiche e manifestazioni di piazza perché l’opinione del centro-destra rifiutava l’inserimento, come maggioranza al parlamento nazionale, di formazioni ritenute “antisistema”, ma era stata la stessa costituzione del 1979 a prevedere come normale e anzi in un certo senso necessaria la convergenza di tutte le opposizioni. Perciò a supporto delle scelte compiute per formare la maggioranza che attualmente governa la Spagna vi era e vi è una giustificazione non solo politica, ma anche di carattere costituzionale, poiché nata col meccanismo della sfiducia costuttiva e finalizzata al funzionamento del sistema democratico.
Infatti a novembre del 2023 i socialisti (Psoe e Psc,socialisti catalani) Sumar (formazionedi sinistra a livello nazionale) e alcuni indipendenti hanno dato luogo ad un governo votato anche dai Catalani di Erc e Junts, dai Baschi di Bildu e del PNV oltre che da singoli parlamentari e hanno messo in minoranza i popolari del PP e Vox, anche se il Re aveva conferito il primo incarico, non riuscito, di formare il governo a Alberto Nùñez Feijòo, leader del PP risultato il partito più votato.
L’ esistenza di una pluralità di partiti che hanno superato la soglia minima prevista non ha bloccato il sistema, nonostante l’ assenza di un premio di maggioranza (che c’è in Italia e dovrebbe indurre a alleanze preelettorali, ma a quanto pare non è sufficiente !).
Se si optasse in Italia per un assetto più simile alla Spagna, la previsione costituzionale relativa alle modalità di sostituire un governo e una maggioranza in carica su iniziativa delle opposizioni farebbe ben comprendere come la convergenza delle opposizioni sia necessaria o comunque da ricercare: per cui discutere su Renzi sì o Renzi no diventerebbe davvero un esercizio di polemica politica inconsistente.
Ed il dibattito sulle alleanze resterebbe su un piano più alto e più oggettivo.
Pistoia 3/9/2024 Carlo Nicolai
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