Il prof. Gianfranco Pasquino, ex senatore e illustre politologo , in una sua analisi delle motivazioni dell’astensionismo mette in evidenza tre cause principali: I) la tendenza a partecipare solo alle tornate elettorali ritenute più importanti: generalmente l’affluenza è parecchio più alta alle elezioni politiche che alle amministrative; II) la forte somiglianza tra proposte e idee dei vari candidati e delle diversi coalizioni, con la conseguenza che la vittoria di uno o dell’atro avrebbe uno scarso impatto sulla vita dei cittadini; III) la crisi dei partiti, i quali ormai non riescono più a mobilitare gli elettori e portarli alle urne.
In questa sede preme dare una misura, ancorché approssimata, della minor importanza che gli elettori attribuiscono alle elezioni regionali rispetto alle elezioni politiche per Camera e Senato alle quali viene invece data la massima importanza.
Le elezioni del 25 settembre 2022 hanno evidenziato un forte calo di partecipazione, già approfondito in precedente articolo, calo che ha trovato clamorosa conferma nelle elezioni del 12 e 13 febbraio scorso in Lombardia e Lazio (in questa regione anticipate di qualche mese per la fuga del suo presidente Zingaretti che ha cercato asilo in parlamento).
In questa sede si è provveduto a sviluppare un semplice esercizio aritmetico nel quale si è messo a confronto l’affluenza alle urne nelle diverse Regioni a statuto ordinario nelle elezioni politiche per il Senato delle elezioni del 2008, 2013, 2018 e 2022 (per queste limitatamente per le due regioni andate al voto nel 2023) con l’affluenza alle urne nelle elezioni regionali comprese tra due elezioni politiche.
E’ evidente che nella misura del differenziale influisce anche la maggiore o minor vicinanza alla data delle politiche per i possibili mutamenti che possono essere intervenuti nella situazione generale del paese.
Risulta evidente da questa tabella il calo di affluenza in tutte le tornate elettorali per il Senato, calo importante ma non drammatico.
Il differenziale tra le regionali degli anni tra 2008 e 2010 e le politiche del 2008 si mantiene attorno ai 20 punti percentuali, differenziale che più basso nel Mezzogiorno – anche in virtù di una affluenza più bassa alle elezioni politiche – mentre lo scarto tra regionali e politiche in Lazio e Lombardia si colloca al meno 20%.
Nelle elezioni successive tenutesi tra il 2013 ed il 2015 rispetto alle politiche del 2013 lo scarto nell’affluenza tende a crescere, con qualche eccezione legata a situazioni di più forte competizione quali dimissioni forzate di presidenti abbattuti da vicende giudiziarie a volte rivelatesi non giustificate o a eccesso di forza dell’incumbent sul concorrente ritenuto particolarmente debole.
E’ il caso dei due maggiori differenziali registrati, ambedue in regioni da sempre governate da schieramenti di sinistra:
- in Emilia Romagna la partecipazione al voto tocca un minimo storico nel 2014 (37,7%) quando fu eletto Bonaccini dopo le dimissioni, legate a indagini giudiziarie, del Presidente Errani, segnando un differenziale sulle politiche del 2013 di oltre il 44%
- in Toscana nel 2015 il presidente Enrico Rossi fu riconfermato contro Claudio Borghi con una affluenza al 48,3%, di oltre il 30% inferiore a quella delle politiche del 2013.
Rispetto alle politiche del 2018 i differenziali di partecipazione nelle successive elezioni regionali dal 2018 al 2021 si attenuano, restando in linea generale al di sotto del 20%.
Hanno suscitato scalpore i dati sulla modestissima affluenza alle urne registrate nelle regionali del 2023 nel Lazio dove l’affluenza è stata del 37,2% (-27,1% rispetto alle politiche del 2022) e in Lombardia dove si è fermata al 41,7% ( -28,4% sulle politiche del 2022).
Hanno stupito perché nel 2008 e del 2013 sia in Lombardia che nel Lazio per Lombardia e Lazio l’affluenza alle elezioni regionali era stata assai superiore, bel oltre il 70% nel 2013 e tra 65 e 70% nel 2018: una affluenza alta, frutto di doping perché quelle elezioni regionali si erano tenute lo stesso giorno delle elezioni politiche, beneficiando dell’effetto di traino svolto dalla competizione per il Parlamento.
Per questo le elezioni regionali del 2023 hanno suscitato sorpresa: non avendo potuto sfruttare la ruota delle elezioni politiche, sono tornate a segnare un differenziale superiore, ma non troppo, a quello evidenziato per queste due regioni nel lontano 2010 rispetto precedenti politiche del 2008.
I numeri confermano il terzo punto dell’analisi del prof. Pasquino: gli elettori “pesano” l’importanza del voto che sono chiamati a dare e si comportano di conseguenza. Nel comune con la minore affluenza nel Lazio, un cittadino intervistato al bar diceva che per le regionali tanti di quelli che vivono fuori (e sono la maggioranza) non tornano a votare per la Regione, caso mai tornano sì, per votare il sindaco che incide direttamente sulle loro esigenze.
Tanti intervistati in Lombardia hanno dichiarato che neanche sapevano che ci fossero le elezioni: poso spazio sulla tv nazionali, distrattamente seguite quelle locali, e indifferenza istituzionale.
Al tempo dei tempi, che c’erano imminenti elezioni te lo ricordava il vigile urbano che veniva a consegnarti il certificato elettorale.. Oggi, ammesso che uno sappia e voglia andare a votare, deve ricordarsi dove è finita la tessera elettorale e se l’ha persa difficilmente si sobbarca la fatica di andare a richiedere un duplicato e poi andare a votare. Troppo disturbo per elezioni di serie B
Lascia un commento