La Consulta boccia due Referendum, quello sulla Eutanasia e quello sulla liberalizzazione della Cannabis, e passa invece cinque Referendum sulla Giustizia.
Non mi interessa in questa sede, peraltro non ho competenze specificatamente giuridiche, discettare sulla giustezza di tale scelta. E addentrarmi su ogni singola proposta per esaminare quanto di politico c’è e quanto di giuridico invece nelle singole determinazioni della Consulta. Altri lo faranno.
Mi interessa invece capire cosa può succedere al “mondo della politica” dopo questa decisione e quali reazioni possono emergere nel rapporto fra mondo politico ed opinione pubblica.
La prima sensazione è che, a differenza di quanto accadde con i “grandi Referendum” sui diritti civili come il Divorzio e l’Aborto, che diritto a mio avviso non è ma in tal modo fu vissuto dalla opinione pubblica progressista, questa volta ha prevalso una visione “conservatrice”. Accostare l’eutanasia, questa di cui si sta discutendo nel paese, ad una qualche forma di eugenetica non rende ragione alla motivazione, profondamente di amore per il prossimo, dei proponenti. E ha ricacciato un dibattito serio in uno scontro di filosofie della vita fra credenti e non credenti.
Anche per quanto riguarda il Referendum sulla cannabis, che pur non so come avrei votato, sembra aver prevalso una visione conservativa. Esperienze di liberalizzazione sono presenti in tante parti del mondo e presentare la richiesta, molto sentita dal mondo giovanile, come un cedimento alla tossicodipendenza non ha certo contribuito a rasserenare la discussione. E a farla fare davvero senza ideologismi.
Insomma i Referendum sulla eutanasia e sulla cannabis potevano avere il potere di rilanciare una discussione “alta” nel paese coinvolgendo anche il mondo giovanile, di solito escluso dai dibattiti “tutto politicisti”, ed invece sono stati cancellati dall’Agenda politica. Non è un “buon segnale”.
Rimangono i Referendum sulla giustizia e questo avrà certamente un impatto positivo sul quadro politico nazionale. Due sono le ragioni per cui tale scelta va considerata positivamente.
La prima è quella strettamente di merito. E’ chiaro che il Parlamento non è in grado di attivare un processo di Riforma della Giustizia. Anche i piccoli passi avanti della Cartabia sono apparsi per il “grande corpaccione parlamentare” quasi come un salto nel buio. C’è troppa sudditanza fra Politica e Magistratura che è certamente dovuta ad una qualche forma di “preoccupazione personale” di fronte ad un Corpo apparso, a torto o a ragione, vendicativo rispetto ad affermazioni di principio tese a contrastarne il potere. Ma tale sudditanza è anche politico culturale di fronte ad un paese dove, nonostante un lungo e continuo processo di “lavatura delle mani” della politica e delle istituzioni da parte della magistratura, si sente ancora purtroppo impellente il bisogno di “mani pulite”. A fronte di questa sudditanza solo un esito positivo dei referendum, con una spinta chiara e forte dell’opinione pubblica, può dare un sostegno alla politica e quindi al Parlamento per avviare davvero una Riforma.
La seconda ragione riguarda invece la necessità di discutere di Giustizia nel paese cercando di uscire dalla logica delle “guardie e dei ladri” che si è venuta affermando nell’ultimo trentennio. Il paese è stremato da questo punto di vista. Anni e anni di repressione dei “vizi della politica”, da quelli più inaccettabili come la corruzione e il malaffare, a quelli più veniali come la ricerca del consenso attraverso comportamenti moralmente censurabili anche se non illegittimi, non sembrano aver abbassato il livello di corruzione nella politica e nelle istituzioni ma hanno certamente contribuito a creare un “solco” nella collettività fra rappresentati e rappresentanti. Con il susseguirsi di spinte qualunquiste, demagogiche e populiste che non hanno minimamente migliorato né la qualità degli eletti né la qualità dei processi democratici a sostegno delle istituzioni.
La magistratura è apparsa per molti e per molto tempo una delle risposte possibili. Mettiamo la politica sotto il controllo stretto dei magistrati e così sarà restituita la morale e la correttezza nelle Istituzioni. Così non è stato. E quindi è l’ora di discutere sull’assunto iniziale e mettere in discussione la consequenzialità del progetto.
La magistratura deve tornare a fare il suo proprio mestiere. Lo deve fare bene e lo deve fare secondo principi costituzionali che la spingano ad una forte, evidente ed esibita “terzietà” rispetto agli altri poteri e deve finalmente cessare il ruolo dei magistrati come “censori dei costumi” del paese. I magistrati devono indagare su reati, colpire i responsabili e comminare le pene. Meglio se nella riservatezza di un lavoro complesso e difficile piuttosto che nello sfarfallio di luci e interviste televisive.
Il tema della corruzione e dei comportamenti censurabili della politica deve essere affrontato con altri strumenti. Con una vera e propria Riforma dei Partiti, delle Istituzioni e della Politica. Riforma di cui si sente un grande bisogno e che per anni è stata rimandata per il “sogno” di alcuni di risolvere tutto con il suono delle manette.
La discussione sulla Riforma della Giustizia potrebbe essere l’occasione del paese di ripensare ad un nuovo contratto sociale della comunità nazionale. Una ripartenza nella quale si presume che tutti siano onesti, fino a prova contraria. Con leggi e regolamenti che si fondano su questa asserzione di fondo. E quindi con regole della politica e delle istituzioni improntate alla massima trasparenza e al massimo controllo sociale. Con partiti gestiti secondo un metodo democratico e non come “dependance” di un Capo, con Istituzioni controllate da cittadini e associazioni e che rispondono a regole semplici e condivise. Ed infine con una magistratura che, se e quando è chiamata ad intervenire per il contrasto a reati, lo fa con durezza e certezza della pena.
In effetti siamo stanchi di giocare a guardie e ladri. E vorremmo, se messi in condizione di farlo, ricominciare serenamente a tifare per i primi. Come quando si gridava sottovoce “arrivano i nostri”!
Sergio
Si certamente una occasione persa da tutti gli attori in causa
Magistrati. Politici istituzioni ed infine i cittadini che restano comunque sotto schiaffo di Giudici onnipotenti e secondi a nessuno. Non minoare un Sistema giudto .