Le immagini che abbiamo visto recentemente di ragazzi e ragazze seduti davanti alle scuole chiuse a causa dell’emergenza sanitaria, con i loro tablet poggiati sulle ginocchia per fare la didattica a distanza, esprimono l’amarezza per essersi trovati ancora una volta a dover sopportare quella situazione di isolamento che per gli adolescenti è la peggiore punizione.
La loro protesta silenziosa ci colpisce molto di più delle chiassose manifestazioni che in passato hanno condotto lungo le strade cittadine, per motivi che non sempre risultavano comprensibili a noi adulti.
Ora ci stanno dicendo semplicemente che preferirebbero trovarsi nelle loro classi, a scuola, insieme ai compagni e agli insegnanti; anziché stare a casa davanti allo schermo di un qualsiasi “device”, ad ascoltare le lezioni ma senza la possibilità di comunicare in modo autentico.
Ed avrebbe pienamente ragione la ministra Azzolina a battersi per la riapertura delle scuole il prima possibile, come sembra che stia facendo, se però avesse fatto tutto il possibile nei mesi in cui si poteva e si doveva lavorare, affinché a ottobre le scuole non si trovassero nel caos e non si dovesse tornare necessariamente alla didattica a distanza.
Ecco perché le lettere affettuose della ministra agli studenti e ai genitori che protestano, le sue dichiarazioni strappalacrime ai media e le sue sfuriate durante i consigli dei ministri (che vengono rapidamente silenziate dal ministro della Salute), anziché suscitare gli applausi delle famiglie, fanno sorridere nel migliore dei casi oppure fanno girare le scatole, vedendo in quali mani è andato a finire il ministero dell’Istruzione.
L’ho già detto e scritto, e quindi mi scuso con i miei lettori se torno a ripetermi: durante i mesi in cui le scuole sono state chiuse (da marzo ad agosto, dunque, per ben sei mesi), occorreva organizzare un grande piano di edilizia scolastica e di trasporti pubblici per i nostri otto milioni di studenti, a cui si aggiunge il milione e mezzo degli insegnanti e del personale scolastico; e bisognava poi prevedere ingressi scaglionati durante la mattina oppure, se necessario, turni pomeridiani.
Ma niente di tutto questo è stato fatto, anche perché la ministra Azzolina si era concentrata sui banchi con le rotelle che, secondo lei, sarebbero serviti alla didattica sperimentale (ma quando?). Così, alla riapertura delle scuole, gli studenti arrivavano stipati in bus e treni come sardine; entravano senza nemmeno avere i termoscanner all’ingresso; e andavano a sedersi in aule dove il distanziamento era sì assicurato, ma solo fino alla fine delle lezioni; poi si ritrovavano di nuovo ammassati nei mezzi di trasporto, per cui diventavano veicolo di trasmissione del virus fin dentro le loro case, rischiando di contagiare genitori e nonni.
E’ così che i tecnici del comitato scientifico, a metà ottobre, hanno ordinato al governo di chiudere le scuole medie inferiori e superiori, e prima ancora lo avevano già fatto i presidenti della Lombardia e della Campania. Perché le ministre dell’Istruzione e dei Trasporti si sono mostrate totalmente inadeguate al loro compito.
Mi dispiace moltissimo per tutti quei ragazzi e ragazze che stanno perdendo mesi e mesi di scuola reale, nonostante gli sforzi dei loro insegnanti che li seguono da remoto. Ma la verità è questa e non può essere taciuta: a parte distribuire mascherine e gel disinfettante (il cui merito va attribuito al commissario Arcuri), nient’altro è stato realizzato per far ripartire le scuole nel modo giusto a settembre. E il fatto che ancora manchino molti insegnanti sulle loro cattedre ne è un’ulteriore dimostrazione.
Riapriranno le scuole a gennaio, dopo le feste natalizie? Io temo di no, ma spero di sbagliarmi.
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