Non ci sono eventi storici più comprovati della Shoah e della mostruosa strage del 7 di ottobre. Ambedue pur con dimensioni diverse, certamente sono stati programmati con passione distruttiva verso gli ebrei: uno ad uno, bambini, genitori, nonni, sono stati cercati, scovati, uccisi con una preparazione specifica documentata, anche se in luoghi e tempi diversi. Sempre di antisemitismo genocida si tratta, e di sete di sangue. Tutte e due le cacce all’ebreo sono state compiute secondo una decisione ideologica specifica: se per il nazismo gli ebrei erano topi e scarafaggi, per Hamas sono figli di maiali e scimmie. Però i nazisti, a differenza degli uomini di Hamas hanno nascosto i loro crimini finché con una valanga di documenti e di testimonianze delle vittime e dei nazisti stessi, sono venuti alla luce. E allora, è cominciato il negazionismo: non è vero, hanno detto e scritto i vari Faurisson, Garaudy, Dieudonnè, Irving, David Duke, supportati da disegni politici antisemiti, soprattutto quello Iraniano. Anche Abu Maze ha scritto la sua dissertazione negazionista all’università di Mosca sostenendo che anzi, gli ebrei erano d’accordo con i nazisti.
Per i negatori della Shoah l’invenzione è servita agli americani per giustificare la loro prepotenza imperialista, e agli ebrei per vendere il loro sionismo. Il substrato, la criminalizzazione degli ebrei stessi e la assoluzione dei nazisti. Sta accadendo di nuovo, stavolta col negazionismo del Sabato Nero. “La strage inaudita è tutta una balla per giustificare l’aggressione ai poveri palestinesi, e, anzi, qui si certifica l’indegnità congenita degli ebrei”, è il tema. Più complicato tuttavia sostenerlo, perché qui non ci sono volute ricerche per trovare le prove della barbarie: è tutto filmato e registrato. Lo scopo antisemita è scritto nelle urla “Yehud Yehud” mentre i terroristi scannano, e nella telefonata entusiasta “mamma, ho ucciso dieci ebrei, ho il loro sangue sulle mie mani”.
Le sevizie dei neonati e delle donne incinte, gli stupri e le mutilazioni, tutto è stato filmato con orgoglio dagli assassini stessi. Chi scrive, ha visto i 53 minuti di footage delle loro stesse macchine da presa, e mai film dell’orrore fu più insopportabile. Quando dalle loro stesse telecamere sei dentro la marcia dell’orrore verso una casa del kibbutz, quando apri la porta non arrivano i nostri, ma coi mostri entra la strage, il bagno di sangue di una famiglia, un rogo, una mutilazione impensabile. Il negazionismo però insiste: magari è una fake news degli israeliani per giustificare l’attacco ai palestinesi? Solo chi non sa niente della storia della democrazia israeliana, dei suoi mille tentativi di pace, solo l’ignoranza sullo scrutinio ossessivo dell’opinione pubblica può concepire una simile idea. Ma Nasrallah, che vuole alla fine avere il diritto morale di uccidere gli ebrei, nega tutto: gli israeliani stessi, dice, hanno compiuto la strage di donne e bambini. Poi c’è chi suggerisce con tono saccente di verificare, meglio temere le fake news: lo fanno i politicanti invogliati dal consenso dei cortei che urlano “Morte agli ebrei”. Il fratello di Corbyn si sbraccia: i feriti e i morti sono tutti attori! o lo suggerisce educata Carmen La Sorella, o i docenti di qualche università liberal americana; intanto si mette in prima linea per stabilire la verità delle immagini il solito nemico di Israele “Human Rights Watch”, che certo sa bene bene che il footage non mente. Ma il coro dei social media canta coi negazionisti, ed è un facile ritornello internazionale. Solo la vittoria di Israele su Hamas impedirà che la memoria venga seppellita.
(questo articolo, già pubblicato da Il Giornale, è ripreso con il consenso dell’autotrice)
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