Il coronavirus ha spento l’economia (e non soltanto). Una buona parte delle imprese hanno smesso di produrre, quelle rimanenti operano in condizioni di grande difficoltà. Sospensione di tasse e contributi, di mutui e misure per assicurare finanziamenti bancari per attività correnti non bastano, anche per una burocrazia che abbiamo creato e che ora ci strangola.
Su questi temi abbiamo sentito il Dr. Giorgio Federighi, commercialista con grande competenza ed una lunga esperienza
Dal tuo osservatorio di commercialista di rango e di lungo corso, come valuti la situazione delle imprese in questo momento? Quale è tra tutte la misura più urgente?
Non c’è bisogno di essere dei luminari dell’economia per affermare che tutte le imprese stanno risentendo in maniera drammatica di questa situazione.
Direi quanto mai prima e, paradossalmente, ancora peggio che in tempo di guerra. Qui il nemico è invisibile, subdolo, per battere il quale c’è solo da difendersi, mettendo in primo luogo assoluto la questione sanitaria che, finché non sarà sotto controllo, condizionerà tutto il resto.
Sta cominciando un po’ di attenuazione del male? Speriamo ma, attenzione, non siamo ancora in convalescenza e c’è il pericolo di ricadute. Le sirene che fischiettano il “Ripartire, ripartire” dicono delle ovvietà o sono fuori dalla situazione reale.
Le misure più urgenti sono quelle che aiutano i consumi semplici, di tutti i giorni. Quindi messa a disposizione immediata della Cassa Integrazione nonché dei vari sussidi dei quali si parla, e che devono essere disponibili prima possibile. La mia opzione è per i buoni spesa, con la necessaria privacy, con cautela ma certamente preferibili ai mille euro a tutti. E poi come erogarli? Sull’IBAN?
Ci può essere il furbetto che mette in CIG il dipendente, e poi lo fa lavorare al semi-nero?
Se scoperto, punizioni esemplari.
Ma ora c’è bisogno di liquidità che non può che tradursi in beni di prima necessità, a tale riguardo riprendendo in mano l’elenco dei codici A.TE.CO possibilmente ampliando il numero di coloro che possono riprendere subito l’attività.
Un esempio: tutte le scuole, tutte le case, molte piccole strutture, commerciali, artigianali e industriali hanno bisogno di manutenzione ordinaria: imbiancature, accomodatura d’infissi, impianti elettrici ed idraulici, messa in opera di condizionatori, adeguamenti di hardware e software ecc.
Permettere alla grande platea di artigiani ora terribilmente senza lavoro di compierli senza alcuna formalità.
Per gli importi più piccoli, gli uffici pubblici, il dirigente scolastico, il funzionario comunale li affidano anche senza chiedere preventivi, magari tenendo conto di esperienze e modalità precedenti.
Abbiamo paura che, nei confronti del privato, lavorino a nero? Semplice, l’idraulico che viene a casa mia, prima di partire, manda alla Prefettura una mail sintetica con l’indicazione del motivo per il quale effettua il viaggio e del lavoro da effettuare, il cui pagamento deve avvenire in modo tracciato. Poi, a campione, se ne controllerà la regolarità fiscale. Nel frattempo, anche in considerazione del crescente utilizzo dello stesso smart working esperire tutto ciò che è possibile (bandi, autorizzazioni, documentazioni varie) per avere la possibilità di riaprire prima possibile con i lavori sulle grandi infrastrutture materiali e immateriali.
Le banche come si stanno muovendo? Sono in posizione di attesa o cercano di venire incontro alle imprese sapendo che da una impresa che muore difficilmente riavranno i loro soldi?
Non ho molte informazioni su come si stanno muovendo le banche, al di là delle paginate sui vari quotidiani che tutti stiamo leggendo. Butto là una proposta che ritengo di attuazione molto semplice. Eccola: supponiamo di essere una piccola e media impresa regolare cliente magari da tempo di una banca; quest’ultima nella documentazione a suo tempo consegnata, ha anche la mia dichiarazione del volume di affari IVA nel 2018. Questo volume di affari, tranne casi particolari, si ritiene si sia nuovamente prodotto nel 2019 e, probabilmente, lo sarebbe stato nel 2020.
A causa del coronavirus, questo volume di affari avrà una diminuzione fortissima.
Ebbene la banca, anche qui senza i soliti formalismi, fa un atto di fiducia nel suo cliente, non solo gli conferma le linee di credito già in vigore, ma gliele aumenta di un 10-15% in modo che, appena possibile, possa rifornirsi e tornare, e possibilmente aumentare, ai livelli di produzione precedente.
Se no, davvero, dopo il terrificante spettacolo dei carri funebri e dei cimiteri e dei forni crematori pieni, avremo la morìa di tante imprese, soprattutto piccole e medie
Il presidente di Confindustria Boccia ha invitato le imprese a pagare i propri fornitori: hai notizie di quali comportamenti concreti stanno tenendo? Non è come al solito che si scaricherà il peso sugli ultimi della catena, i piccoli fornitori, i terzisti gli artigiani?
L’invito del presidente di Confindustria ha una sua logica, ma può divenire, per i motivi che dicevo sopra, il cane che si morde la coda.
Caro fornitore, da me hai sempre riscosso. Vuoi continuare a tenermi come cliente? Devi avere fiducia in me, mi aumenti il plafond del credito per forniture, nella misura del 25/30% ed io riprenderò la normalità dei pagamenti quando, dopo 60 giorni, il mio flusso di riscossioni si assesterà.
Se no, mi dispiace, ma devo rivolgermi altrove.
Per tirare una riga verso un new normal con l’assorbimento della perdita di reddito del privato nei bilanci pubblici come sostiene Draghi che misure sarebbero opportune secondo te?
La famosa intervista a Draghi misura la grande competenza ed esperienza concreta della situazione, da parte di una “grande risorsa” del Paese per il dopo coronavirus.
Io credo che un accettabile accordo in sede europea si troverà.
La Merkel è troppo esperta ed intelligente per capire che l’Europa, senza Italia, Francia e Spagna non è Europa.
Forse ha da fronteggiare una situazione difficile interna e, ancor più, esterna da parte di coloro che sventolano ai quattro venti la circostanza che i paesi che sono stati in default, o rischiano di andarci (Argentina, Grecia, Spagna e Italia) sono tutti a maggioranza cattolica o cristiana orientale.
Una tesi che riecheggia un po’ certe idee di Calvino, ingenerosa soprattutto ora che l’elemento aggravante è una pandemia assolutamente imprevista e non collegabile al comportamento dei governi e alla rilevanza del debito pubblico pregresso.
Noi dobbiamo andare al confronto con gli altri Paesi europei, senza gridare “Che schifezza” come ha fatto qualcuno, ma con la determinazione e la fermezza della quali hanno dato prova in questi ultimi tempi Mattarella, e anche Conte. Nell’interesse di tutti l’Europa deve capire che il problema è generale e prendere gli opportuni provvedimenti. Si chiamino eurobond, fondo di solidarietà per il coronavirus o chissà cos’altro.
Ma noi cominciamo a mettere decisamente all’ordine del giorno, senza timori, il tema non più eludibile di una normativa fiscale Europea omogenea (e così il Benelux ed in particolare l’Olanda forse starebbero più buoni) e quello di una tassazione con una ricaduta certa sui territori nei quali le grandi catene di distribuzione e del web come Amazon, Google e compagnia bella producono profitti sempre più significativi.
Tutto quanto sopra, senza peraltro dimenticare che il grande debito pubblico nostro c’è e si aggraverà e che pertanto occorrerà una maggiore coesione e senso di responsabilità da parte di tutti.
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