Per quanto possa apparire poco opportuno scriverlo sotto le insegne di una testata che s’ispira ai valori liberali – ma sono sicuro che i lettori di SoloRiformisti non se ne avranno a male perché i veri liberali accettano sempre le critiche – le proposte del programma di Azione/Italia Viva in tema di affidamento condiviso appaiono decisamente come un’occasione sprecata figlia della medesima impostazione culturale della legge 54/06.
Al di là della genericità della proposta di “assicurare i diritti ed i doveri del genitore non collocatario” – come si garantiscono i diritti del genitore non collocatario? In che altro modo si dovrebbe pretendere l’adempimento dell’unico obbligo di cui è gravato il genitore non collocatario (pagare tutti i mesi l’assegno di mantenimento) oltre a pignorarne i beni e mandarlo in galera, come già è previsto? – è proprio l’aver avanzato una proposta fondata sulla distinzione tra genitore accudente e genitore ludico a lasciare l’amaro in bocca per l’evidente incapacità (o volontà?) di andare oltre lo stereotipo della donna, madre ed angelo del focolare, e dell’uomo, padre e cacciatore.
Non fosse altro perché la Ministra per le Pari opportunità e la famiglia è un’esponente di primo piano dello schieramento liberale, e per prima dovrebbe avere a cuore la questione di come
E l’incoerenza è ancor maggiore laddove si consideri che mentre riguardo alla scuola s’è rivendicata la libertà di scelta educativa per le famiglie, non così è stato riguardo alle famiglie separate – si, anche quelle separate, sono famiglie – la cui vita continuerà ad essere disciplinata dalle scelte di un organo dello Stato che – per quanto animato da buona volontà e preparato – continuerà a sostituirsi ai genitori definendo i tempi ed i modi che le relazioni tra figli e genitori assumeranno dopo la separazione o il divorzio.
Ben venga perciò il doppio domicilio del figlio presso entrambi i genitori, ma non si vede perché non debbano essere i genitori, nella loro esclusiva sfera di libertà e responsabilità, a decidere quanto tempo ed in che modo debbano provvedere alle esigenze dei figli: perché hai voglia di voler “garantire il paritetico coinvolgimento dei genitori, a prescindere dalla loro convivenza, nelle cure domestiche” se poi modi e tempi della frequentazione e della relazione sono decisi da un giudice che, nel 95% dei casi (ISTAT) assegna il ruolo di genitore collocatario (rectius, badante) alle madri e quello di genitore non collocatario (rectius, contribuente) sempre al padre.
E questo anche a costo di apparire impopolari – ma fino ad un certo punto, visto che le ricerche più serie dimostrano che l’idea di parità nei ruoli familiari è amplissimamente condivisa dall’opinione pubblica – e rompere il tabù dell’assegno di mantenimento, vero e proprio convitato di pietra di tutta la questione: non basta, infatti, definirsi riformisti se poi non si ha il coraggio di affrontare le questioni più spinose e avanzare proposte coerenti con le idee di società che vogliamo.
Non fosse altro perché il mancato coinvolgimento del genitore non collocatario nell’accudimento e cura dei figli non dipende dalla sua volontà di non prestare collaborazione – legittimata, peraltro, dal dovere di pagare perché qualcuno si prenda materialmente cura del figlio – quanto dalla volontà del genitore collocatario di rifiutare ogni forma di coinvolgimento e collaborazione, consapevole della conseguente perdita del diritto a percepire l’assegno di mantenimento che deriverebbe dalla paritetica condivisione dei compiti di cura.
La mancata condivisione dei compiti di accudimento e cura non nasce, dunque, dalla volontà del genitore non collocatario di sottrarsi ai propri doveri verso i figli, ma dall’interesse economico che caratterizza il sistema del mantenimento indiretto che, come scritto nella proposta di riforma a suo tempo avanzata dal Partito Democratico, privilegia gli interessi “degli adulti (rectius, dei cattivi genitori), i quali sono ben felici di chiudere ogni loro rap-porto, guadagnando i padri assenti una pressoché totale indipendenza dalla vita prece-dente e le madri egocentriche la possibilità di gestire i figli e il relativo contributo eco-nomico in totale autonomia”.
La soluzione, dunque, non può che essere una ed una sola: valorizzazione e tutela sia degli aspetti relazionali figlio-genitore e della libertà e della responsabilità genitoriale coerentemente, peraltro, con le indicazioni che provengono dall’Unione Europea in materia di contrasto alla povertà infantile.
Solo così si può evitare che le famiglie separate finiscano inesorabilmente nel girone infernale dei tribunali italiani ingolfandoli continuamente anche per questioni bagatellari.
E la delusione riguarda anche la mancanza di proposte innovative riguardo all’assegno di mantenimento dei figli maggiorenni.
Se si vuole incentivare l’autonomia dei giovani occorre partire dalla loro responsabilizzazione: agganciare il diritto all’assegno di mantenimento dei figli maggiorenni ad un proficuo percorso formativo o alla ricerca attiva di un’occupazione, poterglielo corrispondere direttamente e prevedere comunque un limite d’età sarebbe stato un altro bel messaggio educativo verso i nostri figli e li avrebbe aiutati a comprendere quanto sacrificio e quanta soddisfazione vi sia nel costruirsi una vita propria.
In conclusione, quello di cui figli e genitori separati avrebbero bisogno, non sono ulteriori implementazioni di regole farraginose e di difficile (o nulla possibilità di) attuazione, ma la restituzione di quella libertà e responsabilità educativa che è riconosciuta alle famiglie unite.
L’affidamento condiviso è, dunque, una questione di pari opportunità per i figli e diritti e doveri per i genitori, ed anche per questo sarebbe stato bene parlarne con maggiore coraggio e lungimiranza se si vuole realmente modernizzare il paese.
Pisciotta
Il conflitto fra genitori separati si ridurrebbe drasticamente se vigesse un semplice principio: in mancanza di accordi si divide a metà, in primis i tempo di accudimento e la casa, per come è stato fatto con l’assegno unico.