La pandemia, la guerra in Europa, la crisi energetica e le difficoltà nell’affrontare le epocali transizioni (ecologica e digitale) stanno riscrivendo la mappa mondiale, le sue logiche geopolitiche, le sue concrete ricadute sulla quotidianità di tutti noi, cittadini, imprese e qualsivoglia forma di aggregazione.
“Niente sarà più come prima” è ben più di uno slogan, è piuttosto la presa di coscienza della necessità di una cultura di governo (a tutti i livelli, specialmente a quello locale) responsabile e pragmatica, non tradizionalmente ideologica, idealmente ispirata ma consapevole della necessità di ricercare un compromesso, un compromesso al rialzo. Il che obbliga a considerare – e responsabilizzare – l’insieme di tutti gli interessi organizzati che animano il territorio. Tutti questi soggetti costituiscono risorse altrettanto preziose e insostituibili, che devono essere mobilitate nel loro complesso, per un progetto di sviluppo strategico, partecipato e, il più possibile, condiviso.
Questo approccio impone all’Attore Pubblico l’onere della leadership. L’obbligo di orientare, di coordinare, di ascoltare e, alla fine, di decidere. Anche a costo di scelte talvolta impopolari.
In quest’ottica, le esperienze politico-amministrative esercitate sulla nostra città – da almeno un ventennio – appaiono assolutamente deficitarie e inadeguate. È una questione di cultura politica.
L’“ecumenismo” elettorale – in nome del quale si assemblano ideologie e pratiche per principio divergenti al fine di garantire il massimo consenso – è diventato un alibi per stemperare programmi, proposte concrete e misure adottabili. Pur di accontentare ogni gruppo di pressione ci si è condannati a interventi parziali, di corto respiro, corporativi o, talvolta, puramente ideologici.
Ma l’ente comunale non si misura più dalla sua invadente pretesa di pianificare e di gestire (più o meno direttamente) l’insieme dei servizi, spesso in nome di un velleitario universalismo.
La capacità che ora il Comune deve mettere in campo è quella di coinvolgere tutti gli stakeholder – il privato sociale così come il privato for profit, famiglie e comitati civici – e di amministrare in maniera partecipata i processi del loro coinvolgimento e del loro apporto alle decisioni. Anche attraverso innovative forme di consultazione sociale dei soggetti di volta in volta interessati e interessanti da ascoltare, in ragione della loro competenza. E avviare azioni in co-progettazione.
Inoltre, i criteri di selezione dell’élite dirigente non possono più essere l’appartenenza ai partiti e la carriera mestierante (per quanto di esperienza) che si fa al loro interno, nelle istituzioni o nel “sottobosco” delle burocrazie para-pubbliche e della società civile. Gli elementi ineludibili derivano dalla conoscenza del mondo-là-fuori, la preparazione, l’informazione, le competenze, il merito, lo spirito critico, la professionalità lavorativa e politica.
E tutto questo è semplicemente, solo, RIFORMISMO.
A volte sembra che la questione sia nominativa e, con la leggerezza di chi gioca con le parole, si parla da un lato di riformismo e dall’altro di progressismo, quasi fossero due modi contrapposti di intendere la politica. Il riformismo è progressismo. È procedere per tentativi ed errori, con l’umiltà di cambiare nel caso la realtà sia difforme dal progetto e dall’intenzione.
Da queste riflessioni abbiamo maturato il convincimento che fosse necessario un Terzo Polo, slegato dalle logiche di partito, regionali e nazionali, che imbrigliano le scelte politiche locali secondo il loro tornaconto, che giocano con i territori come su una scacchiera, che impongono scelte e alleanze pianificate altrove.
Il nostro è un Polo Terzo, lontano dalle ideologie preconfezionate, da populismi e sovranismi. Un Terzo Polo libero da tutto ciò e pertanto in grado di scrivere un Programma in forza dei bisogni della città, solo della città.
Per questo è nata la Lista civica Pistoia Davvero.
Una lista che crede nei valori della Liberal Democrazia, Riformista ed Europeista.
In un approccio ideale che abbiamo conciliato con quello pragmatico.
Pistoia, per invertire il suo declino, ha innanzitutto bisogno di un nuovo e duraturo sviluppo economico e questo, dunque, è il primo pilastro da cui prende le mosse il nostro programma elettorale e di governo.
Uno sviluppo che sia sostenibile, che si inquadri pienamente nel nuovo scenario disegnato dalle strategie di crescita produttiva, sociale e culturale dell’Unione Europea. Vogliamo attivare un rilancio dell’economia del territorio che sia basato sulla creazione dell’humus necessario alla crescita delle imprese. Fatto di formazione professionalizzante, mobilità efficace di dati (accesso alla rete internet), merci e persone, incubatori con spazi di co-working, collaborazioni con enti di ricerca, accesso ai fondi europei e relativa implementazione delle idee progettuali, piano energetico in prospettiva circolare.
Creando un specifico Assessorato allo Sviluppo economico e alla Formazione, il ruolo dell’ente territoriale sarà di guida politica. Sarà quello di mettere in relazione e fattivo collegamento gli attori del territorio e la loro identità culturale, le idee e le risorse. Occorre partire da un approccio organico e integrato che tenga insieme le opportunità del mondo che cambia con le specificità del territorio (culturali e strutturali) e le potenzialità/sensibilità/talenti presenti (soprattutto) nelle nuove generazioni; così facilitando la crescita di una migliore qualità della domanda di lavoro, per ottenere una migliore qualità (e quantità) del lavoro per i nostri giovani, e non solo.
Il nostro secondo pilastro verte sulla digitalizzazione dei servizi ai cittadini. Devono diventare più snelli, efficienti, accessibili. Occorre partire da una revisione dei processi organizzativi, da un massiccio intervento formativo sul personale. Un progetto in tal senso è già stato elaborato e presentato nel febbraio scorso alla Commissione europea; dal prossimo settembre potremmo essere già in grado di avviare il progetto – finanziato dalla Commissione Europea – e, se saremo al governo della città, lo faremo sicuramente.
Il terzo pilastro sta nel ruolo nuovo che Pistoia deve riconquistare nell’area metropolitana: dobbiamo poter incidere sulle sfide relative alle infrastrutture, alla mobilità, all’esser parte attiva nella costruzione della nuova società dei servizi regionale, la cosiddetta Multiutility Toscana. Chi non partecipa ai tavoli della concertazione si ritrova a subire i processi decisionali presi da altri. Questo non va bene. Dobbiamo riprenderci il ruolo che spetta alla nostra meravigliosa città, colma di eccellenze e talenti, sconosciuti ai più.
Per fare tutto questo e molto altro – leggibile su www.pistoiadavvero.it – chiediamo fiducia agli elettori, per fermare il declino e fare di Pistoia una città del presente, una città europea, Davvero.
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