Perché ricordare un uomo politico, ancorché eminente, scomparso ormai da 40 anni? In fondo come ricordava già dieci Dino Cofrancesco “…per le giovani generazioni, parlare di Togliatti, di Longo, di Pajetta è come parlare di Crispi o di Depretis o del Generale La Marmora”. In fondo si tratta di riletture di uomini, idee e azioni che rientrano nel campo coltivato dagli storici mentre la politica se ne appropria quasi esclusivamente per una legittimazione delle proprie scelte o come clava con cui aggredire, a furor di citazioni, gli avversari.
Il gruppo di amici raccolti attorno a Solo Rifomisti colloca questo speciale dedicato ad Amendola in quella esplorazione, avviata da qualche anno, nei territori decisamente minoritari del riformismo in Italia.
Il riformismo socialista è riletto attraverso la pubblicazione, promossa e realizzata dalla Fondazione Filippo Turati ONLUS di Pistoia, della Piccola Biblioteca del Riformismo socialista, agili volumi antologici corredati di approfondite introduzioni testi che danno testimonianza della ricchezza di idee e della concretezza delle azioni di quel riformismo: citazione d’obbligo in questi giorni nei quali si parla tanto della necessità di ricostruire il Paese – dopo la grave – purtroppo mal gestita- pandemia – a Filippo Turati che 100 anni fa, il 26 giugno 1920, pronunciava alla Camera dei Deputati il discorso “ RIFARE L’ITALIA!”
Abbiamo dedicato al centenario dell’Appello ai liberi e forti di Don Luigi Sturzo un dibattito su TVL Pistoia il 19 gennaio 2019: l’appello, animato da forte tensione etica e civile testimonianza di un “riformismo messianico” come lo chiamava Piero Gobetti, esprimeva un forte e chiaro richiamo ai problemi e alla realtà del dopoguerra, alle attese di una pace secondo giustizia e alla necessità di profonde trasformazioni politiche, amministrative e sociali.
In questo cammino era prevista la tappa importante dell’anniversario della scomparsa di Giorgio Amendola: una rilettura focalizzata sugli anni Sessanta e Settanta nei quali si arresta ed entra in profonda crisi l’economia italiana, la società è attraversata, assieme a profonde istanze di cambiamento sociale e civile, dai sussulti drammatici dell’estremismo e del terrorismo, di diversa e contrapposta matrice: Amendola affrontava i problemi nella loro crudezza, senza smussare angoli, sostenendo le sue posizioni. Un caratteraccio che amava i caratteracci, come Ugo La Malfa o Carlo Donat Cattin.
Ugo Finetti, con il quale già era stata organizzata la presentazione a Pistoia del volume su Berlinguer e Napolitano, aveva accolto la richiesta di essere relatore ad un convegno su Amendola cui era stato dedicato un altro suo importante lavoro “Togliatti & Amendola. La lotta politica nel PCI. Dalla Resistenza al terrorismo” (Ares 2009).
Di fronte alla impossibilità materiale di organizzare il convegno si è scelto, e mi permetterei di aggiungere felicemente, di chiedere ad alcuni eminenti politici, storici, politologi ed economisti di rileggere le idee e le azioni di questo leader dal grande carisma e fascino intellettuale:
Chi scrive deve ammettere nel 1970 si iscrisse al PCI di Amendola, sentendosi lontano dagli astratti furori di Ingrao ma anche dal Berlinguer della indefinita “Alternativa democratica” cui non venne contrapposta una chiara e definita proposta riformista da parte dei miglioristi che da lui certo non avevano ereditato la propensione allo scontro spesso aspro.
La principale accusa che gli è rivolta – e non è da poco – sono le sue posizioni filosovietiche: un grande storico, Piero Melograni, sicuramente non compiacente verso i comunisti, ha scritto in proposito
“la discordanza tra le sue aperture di tipo socialdemocratico o addirittura liberal-socialista in politica interna e le sue frequenti enunciazioni filo-sovietiche in politica estera. Amendola era un politico molto avveduto ed è lecito pensare che tale contraddizione, in lui, trovò modo di ricomporsi. L’ipotesi più verosimile, è che Amendola proclamasse la sua fedeltà all’Urss, proprio per coprirsi le spalle nelle sue aperture di politica interna. Aperture, ricordiamolo, che si spingevano fino al punto di richiedere lo scioglimento del Partito comunista italiano e la sua trasformazione in un nuovo partito dei lavoratori”.
Ma chi è stato Giorgio Amendola? Ancora chiedo soccorso a Cofrancesco
“un vero ‘inattuale’ in un paese che, portato, anche nei suoi ambienti conservatori, a simpatizzare più con i ‘movimenti’ che con le ‘istituzioni’, rimane ogni volta dolorosamente colpito dall’incapacità dei primi di ‘sedimentare’, fecondando il terreno della società civile (v. i lamenti sul ‘Risorgimento incompiuto’, sulla ‘Resistenza tradita’ etc.). La ‘lectio magistralis’ di Amendola è nel richiamo implicito alla <dottrina dello Stato> che ha aperto e segna indelebilmente l’età moderna, alla consapevolezza che senza gli argini istituzionali—di cui tutti i partiti dovrebbero curare la manutenzione –il torrente impetuoso della vita e dell’innovazione si riversa sulle campagne trasformandole in acquitrini.
Ma ad esprimersi devono essere gli autori dei diversi contributi dedicati ad Amendola: Ugo Finetti, Gianfranco Borghini, Dario Parrini, Michele Magno, Mauro Grassi, Vannino Chiti, Amedeo Lepore e Valentino Baldacci cui si accompagna un articolo di Nadia Urbinati su PCI e democrazia parlamentare.
P.S. Chi scrive era anche al Cimitero del Verano quella mattina del 7 giugno 1980 a rendere l’ultimo saluto a Giorgio e Germaine, la moglie stroncata dal dolore per la perdita del compagno di una vita.
Per la biografia di Giorgio Amendola si rimanda a Michele Fatica “Giorgio Amendola” in Dizionario Biografico degli Italiani Vol. 34 1988
Per conoscere tratti della sua personalità si raccomanda l’intervista resa ad Oriana Fallaci “Intervista con la storia” I (2016 Milano) pp. 425- 463.
Gli articoli ed alcuni testi di Giorgio Amendola saranno raccolti in un e-book.
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