Il blocco causato da COVID ha fatto precipitare la crisi dell’economia italiana: tutti alla ricerca di soluzioni e responsabili, ignorando che In Italia la produttività è ferma al palo da venticinque anni. Quali sono secondo lei le ragioni di questa disattenzione verso il tema, richiamato anche di recente da Ignazio Visco?
L’andamento declinante del tasso di crescita della produttività è il male profondo degli ultimi venti anni se non di più. Ha molte cause, che si intrecciano tra loro e quindi non ci sono facili scorciatoie da imboccare. Gran parte delle misure di sostegno alla produttività richiedono tempo, spesso molto tempo per dare frutti in termini di crescita e anche di consenso politico. Per dirla in altri termini la lunghezza del ciclo delle riforme (Il tempo che passa dalla approvazione delle misure alla loro applicazione) e maggiore di quella del ciclo politico. Ne segue che gli incentivi politici alla introduzione di misure per il sostegno della produttività sono molto limitati se non inesistenti. E anche vero che le crisi possono accelerare le risposte
Sono in corso gli stati generali dell’economia: una passerella dicono in molti dalla quale non uscirà niente di buono, un modo di comprare tempo e rinviare le scelte. Servono, dicono Prodi ma anche Cottarelli, due o tre misure importanti. Se Lei fosse chiamato a scegliere, quali misure riterrebbe più importanti ed urgenti?
Le misure da attivare sono sia di natura macroeconomica che strutturale, Hanno impatti diversi che si dispiegano su diversi orizzonti temporali. Quelle più efficaci, per esempio la riforma del sistema educativo, richiedono tempi lunghi, a volte anni. Nell ‘immediato le tre misure da prendere riguardano la velocizzazione delle procedure amministrative (la burocrazia) che implicano tra l’altro una maggiore protezione dei funzionari, la accelerazione degli investimenti pubblici (il modello Genova funziona per Genova e per altri casi simili, ma non per tutto) il sostegno agli investimenti privati tramite un rafforzamento degli incentivi 4.0.
Ma il tempo è decisivo ed i fondi del MES servirebbero con urgenza anche perché il Tesoro è costretto a finanziarsi a tassi elevati, segno di affanni sul versante della liquidità dello stato. Perché il PD non pone con decisione l’urgenza di una scelta?
Il PD da tempo ha chiarito la sua posizione favorevole al MES. L’opposizione al MES o è del tutto ideologica e strumentale o si basa sull’ignoranza dei fatti. Lo strumento di contrasto alla pandemia attivato all’ interno del MES ha un costo di circa un decimo rispetto a un finanziamento attivato sul mercato. Non comporta alcuna condizionalità se non quella di spendere i soldi per rafforzare, direttamente e indirettamente il sistema sanitario. Le risorse sono disponibili subito. Mi auguro che la decisione sull’utilizzo del MES si possa basare su un valutazione oggettiva delle alternative.
La trattativa in Europa sul Recovery Fund sarebbe più facile se l’Italia assumesse impegni irrevocabili per risanamento delle finanze pubbliche e rilancio della crescita. Secondo Lei questo atteggiamento sarebbe pagante e quali dovrebbero essere i punti essenziali di un patto con l’Europa?
4 il Recovery Fund è una grande occasione, direi storica per l’Europa e per l’Italia. Lo à doppiamente perche permette di accedere a un significativo ammontare di risorse (vedremo quante) . Probabilmente tante da rendere l’Italia un paese beneficiario netto all’interno dell ‘UE. In secondo luogo perche richiederanno al Paese uno sforzo di riforma di cui si ha assolutamente bisogno per sostenere crescita del reddito e della produttività. E questo con priorità definite da noi. Insomma il futuro è nelle nostre mani.
Abbiamo ricordato su Solo Riformisti a quarant’anni dalla morte Giorgio Amendola, le sue posizioni contro il mantenimento in vita di aziende decotte e per un atteggiamento responsabile dei sindacati. Una lezione che a sinistra sembra smarrita, soprattutto nel PD in questo momento ma anche nel sindacato, come testimoniano le dimissioni di Marco Bentivogli. Cosa si può fare perché si affermi anche nel PD e nelle altre formazioni progressiste una linea per uno sviluppo che non si illuda di fondarsi su politiche assistenzialistiche?
Questo aspetto è particolarmente importante oggi, in piena crisi covid19. Ora il paese deve passare dalla fase difensiva, in cui bisogna sostenere famiglie e imprese per farle sopravvivere allo shock, alla fase della ripresa, ripresa che dovrà essere sostenibile e non assistita. Questo permetterà di risolvere il problema della caduta della produttività di cui si parlava prima. Una ripresa sostenibile significa aiutare le imprese che mostrano capacità di creare valore quantomeno in condizioni di normalità. E questo potrà richiedere una fase di transizione e di gestione concordata tra imprese e lavoratori. In passato, penso per esempio alla esperienza dei primi anni 90, questa collaborazione ha molto giovato al Paese nella gestione della crisi.
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