Il welfare locale è da tempo oggetto di attenzione nel dibattito, da parte dei decisori pubblici e tra gli studiosi. La gestione ordinaria dei bisogni sociali (vecchi e nuovi) insieme alle crisi del 2008 e a quella pandemica lo hanno messo sotto pressione. Proprio l’emergenza Covid-19, con le sue varianti e le ondate di contagio ripetute, ha confermato sia la fragilità dei sistemi socio-assistenziali e socio-sanitari tradizionali, sia la loro insostenibilità e difficoltà ad adattarsi alle nuove sfide. I sistemi di welfare locale sono caratterizzati, infatti, da una grande distanza tra (nuovi) bisogni e risorse pubbliche (talvolta scarsamente) disponibili e si occupano prevalentemente degli stessi target da almeno quattro decenni, mentre sono deboli o assenti gli interventi su nuove emergenze sociali, prevenzione e attivazione. La crisi pandemica sembra tuttavia aver generato anche una serie di dinamiche positive tra cui, da un lato, la rapida sburocratizzazione e semplificazione dei processi di erogazione di molti servizi e, dall’altro, la ridefinizione dei modelli di governance pubblico-privati di diversi settori di attività, facendo apparire possibile un radicale cambio di paradigma nel welfare locale e una sua riconfigurazione in chiave di maggiore adeguatezza, sostenibilità e resilienza, secondo logiche coerenti con i paradigmi dell’innovazione e dell’investimento sociale.
È in questa cornice che studiosi di due Atenei, il Centro di ricerca CERGAS della SDA Bocconi School of Management e il Laboratorio Percorsi di secondo welfare dell’Università degli Studi di Milano, si sono dedicati alla scrittura di un volume che analizza i cambiamenti in corso e ne declina le possibili implicazioni sul piano operativo e dei processi. Il volume “Platform Welfare: nuove logiche per innovare i servizi locali”, curato da chi scrive (edito da Egea e pubblicato a dicembre 2021), pone le sue basi su tre ordini di considerazioni analizzate con un approccio interdisciplinare, frutto di una proficua contaminazione tra studi di management pubblico e analisi delle politiche pubbliche.
La prima considerazione riguarda le profonde trasformazioni sociali che interessano le società contemporanee. Ne è un esempio la frammentazione della struttura familiare (il 33% delle famiglie è composto da una sola persona, un dato che raggiunge il 50% nelle grandi città), il fenomeno dei NEET, i giovani che non studiano e non lavorano, che si attesta al 20,7% nella fascia 15-24 anni, la ridotta mobilità sociale soprattutto nel sistema scolastico, fortemente segregato per strati socio-culturali ed etnici di provenienza, in particolare nel passaggio dalla scuola media alla scuola superiore. Di fronte a queste trasformazioni i servizi di welfare tradizionali hanno mostrato evidenti difficoltà nel fornire risposte ai bisogni individuali e collettivi. I fenomeni citati non sono attualmente ricompresi nel paniere di offerta dei servizi tradizionali mentre necessiterebbero di forme di aggregazione sociale, di riattivazione capacitante e professionale, di connessione e scambio tra gruppi sociali distinti per favorire la mobilità sociale e arginare la polarizzazione culturale. Del resto, i servizi di welfare sono stati disegnati, organizzati e sviluppati tra gli anni Settanta e Ottanta e oggi hanno perso larga parte della loro capacità di rispondere alle sfide contemporanee per missione e finalità, per format di intervento, per modalità e approcci erogativi. Il passato ha lasciato in eredità logiche di intervento prestazionali, individuali, riparatorie e a domanda dell’utenza che non funzionano più e dovrebbero essere sostituite con servizi ricompositivi e aggregativi (di gruppo), con obiettivi promozionali e preventivi, di iniziativa ovvero proposti pro-attivamente dal sistema di welfare.
La seconda considerazione guarda alle conseguenze derivanti dalle grandi trasformazioni richiamate sopra. Transizione demografica, digitale, ambientale insieme alla sfida delle diseguaglianze crescenti sono di tale entità che è irrealistico pensare di affrontarle con le scarse risorse pubbliche oggi disponibili. Istat ci ricorda che il 24% della popolazione è anziana (di cui oltre 3 milioni sono persone in condizione di non autosufficienza), il 33% delle famiglie sono unipersonali e quindi rischiano isolamento e solitudine, la povertà riguarda circa 5,6 milioni di individui ed è sempre più multidimensionale, circa l’11,8% dei lavoratori sono working poor e il lavoro ha cessato da tempo di rappresentare un argine alla vulnerabilità. Questi problemi investono larga parte della società e possono essere affrontati solo attraverso la (ri)attivazione di processi sociali intrinseci nella comunità. Il pubblico, dal canto suo, deve utilizzare le sue risorse umane, finanziarie e regolative per attivare processi di cambiamento e agire sulle dinamiche sociali che possono rispondere alle criticità collettive emergenti.
La terza considerazione si riferisce alla “rivoluzione” in atto nei modelli di servizio e consumo che investe diversi ambiti della vita di persone e famiglie. Questa rivoluzione viene indicata con il termine Platform Economy, ovvero una nuova forma per acquistare servizi, ma anche per informarsi su di essi e compararli, così come per fruirli e per creare nuovi meccanismi e relazioni sociali che generano comunità digitali e fisiche, che influenzano le mappe cognitive dei suoi membri. Sebbene la Platform Economy rischi di passare per un fenomeno principalmente legato all’utilizzo della leva tecnologica, in realtà essa si caratterizza per la possibilità, in una società in rapida evoluzione, di coniugare l’utilizzo della digitalizzazione – nelle sue variegate forme – con nuovi strumenti e logiche di intervento. Le logiche caratterizzanti la Platform Economy possono essere adottate in diversi contesti tra cui quello del welfare per immaginare una radicale riprogettazione del welfare locale in ambiti di bisogno, tradizionalmente negletti, che oggi necessitano invece di risposte. Da qui deriva l’elaborazione del paradigma Platform Welfare, richiamato anche nel titolo del volume.
Il volume, quindi, analizza nel dettaglio gli strumenti di riprogettazione che utilizzano logiche di ricomposizione sociale, di valorizzazione delle risorse delle comunità e delle persone, non necessariamente correlati ad aumenti di spesa pubblica, pur avendo l’obiettivo di raggiungere consistenti aumenti del tasso di risposta ai bisogni. I framework esposti guardano alla creazione di piattaforme di marketplace locali che favoriscano l’aggregazione della domanda e la professionalizzazione dei servizi (l’opposto della badante “personale” e in “grigio”), che spingano le Pubbliche Amministrazioni verso un approccio sempre più orientato ai risultati e alla loro misurazione (outcome-based). Si tratta di piattaforme multicanale, che integrano sportelli (social point e hub) con call center e portali digitali, in modo da poter essere inclusivi e coerenti con le caratteristiche dei distinti cluster sociali e i loro bisogni. Il volume richiama anche l’importanza delle logiche sottese al paradigma dell’innovazione sociale e del service management e non manca di dedicare un affondo agli strumenti della co-programmazione e co-progettazione, che tanto rilievo sta assumendo in questa fase storica.
Il volume approfondisce in particolare tre target di utenti espressione proprio di quei nuovi bisogni che non trovano risposte attraverso il welfare più tradizionale: i ragazzi delle scuole medie, i working poor, gli anziani fragili. Nei confronti dei bisogni complessi espressi da questi target è necessario passare da una concezione di welfare di “attesa” dell’utente a un welfare di iniziativa e capacitante. Allo stesso modo, per ripensare efficacemente le misure rivolte a questi target bisogna tenere distinti due tipi di servizi da attivare. Da un lato quelli di back office volti a individuare e conoscere il proprio target attraverso la costruzione di un database nominativo che abbia le seguenti caratteristiche: dinamicità, clusterizzazione, aggiornamento dei dati anagrafici nel tempo, e meccanismi di autosegnalazione (in primis da parte degli assistenti sociali, possibilmente anche grazie agli enti del Terzo Settore e al mondo dell’associazionismo). Dall’altro, quelli di front office finalizzati ad assistere il proprio target ripensando profondamente l’offerta di servizi e favorendone la fruizione e l’accesso.
L’obiettivo è, in primo luogo, fornire pacchetti unitari di risposte coerenti anche se realizzati da soggetti diversi, così da creare una rete robusta di interventi, investire in prestazioni professionali di qualità, collegando maggiormente il sistema dei trasferimenti monetari alla rete dei servizi territoriali. In secondo luogo, il rafforzamento di prestazioni professionali per superare la logica assistenziale, oggi prevalente, fondata sull’aiuto informale fornito dalla famiglia. Persone e comunità hanno dunque necessità di servizi strutturati e integrati (pacchetti unitari, appunto), organizzati intorno a professionisti che operano in team e con un approccio multidimensionale al care, in grado di sostenere i bisogni sempre più multidimensionali delle famiglie. Infine, la sburocratizzazione dei processi e la semplificazione delle procedure dell’offerta pubblica di prestazioni per mettere in campo interventi e servizi flessibili in grado di rispondere a bisogni in continua evoluzione lungo il ciclo di vita. Obiettivi che presuppongono il superamento della frammentazione delle misure e degli interventi a tutti i livelli di governance (nazionale, regionale e locale) per favorire l’integrazione e il coordinamento delle risposte pubbliche e private e un significativo miglioramento in termini di accesso ai servizi, oltreché per evitare la dispersione delle (scarse) risorse e scongiurare il rischio di inappropriatezza nell’allocazione dei fondi e delle prestazioni.
Il volume affronta anche il tema del ruolo della governance. Definire assetti di governance funzionali, efficaci e adatti ai vari contesti è infatti la conditio sine qua non per garantire la formulazione e la realizzazione di interventi che diano risposte concrete ai bisogni della collettività. E questo è particolarmente vero nel caso si vogliano mettere in campo soluzioni ambiziose, trasversali e inter-settoriali come quelle proposte nel volume. La governance locale partecipata si realizza attraverso il coinvolgimento attivo di tutti gli stakeholder di un territorio (pubblici e privati, locali e regionali – e quando possibile anche nazionali -, individuali e collettivi) alla progettazione e realizzazione dei beni e servizi utili al suo sviluppo economico e sociale e al miglioramento della qualità della vita delle persone e delle comunità. In sintesi, il modello di governance a cui tendere adotta un approccio critico e di messa in discussione degli obiettivi che si prefigge e dei risultati che raggiunge, è attento al contesto esterno di riferimento, verso il quale si rivolge con un’intenzione proattiva, è capace di riconoscere le interdipendenze sociali e supportarle per generare maggiore valore aggiunto per la collettività nel suo complesso.
Se il 2022 può (e deve) essere un anno di svolta per i sistemi di welfare locali, anche grazie agli stimoli e alle risorse connesse con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), è necessario che si consolidi un cambio di visione radicale, strutturato e solido, basato su una rilettura dei bisogni sociali e del welfare e, inoltre, su un rinnovato modo di pensare, formulare e implementare le politiche e i servizi territoriali. Il volume auspica questo tipo di cambiamento e rilancia sulla centralità degli enti locali per attuarlo.
Il volume è liberamente scaricabile a questi link:
https://www.secondowelfare.it/studio/platform-welfare/
https://cergas.unibocconi.eu/platform-welfare-nuove-logiche-innovare-i-servizi-locali
Lascia un commento