Tra le varie proposte di programma per le prossime regionali, mi sembra che manchi al momento un riferimento importante. Quello riguardante il sistema bancario e la sua rilevanza per il rilancio della economia toscana.
Nell’ultimo decennio le banche toscane sono state ridimensionate con le crisi di MPS, Etruria, Bcc varie. Le Casse di Risparmio, asse portante di molte province, sono approdate ad altri gruppi bancari (Bpm, Intesa, Credit Agricole), più lontani dal territorio.
Oggi la Toscana non ha un proprio sistema, come fino a pochi anni fa, ma rischia un deficit creditizio in ragione della sua economia centrata sulla pmi esportatrice.
Inoltre vanno considerate gli impatti di alcune tendenze a livello delle autorità bancarie europee che mirano a ridurre il peso del bancocentrismo nel finanziamento dell’economia manifatturiera.
Esse possono avere nella regione effetti più negativi che in altre zone d’Italia.
Ampliare l’offerta di strumenti con accesso ai mercati di capitale o di debito di lungo periodo o ad altri intermediari, ovvero mediante lo sviluppo di processi più efficienti di gestione delle risorse finanziarie da parte della impresa, rappresenta uno snodo essenziale per contrastare le conseguenze di un modello banca-impresa che non sarà più riattivabile nelle modalità del passato.
Va rivisto anche il ruolo dell’intermediario finanziario pubblico quale Fidi Toscana, proponendo un ruolo di aggregatore di altre entità quale Sici e Sviluppo Toscano e una capacità di intervenire strategicamente nelle vicende dell’economia, lasciando in secondo piano finalità meramente assistenziali o di convenienza politica.
Fidi Toscana potrebbe assumere il ruolo di Banca Verde, da intendere non soltanto come promotrice di iniziative di tutela ambientale, ma anche di sostanziale rinnovamento di alcuni tratti del ben noto modello del distretto economico.
Assume valenza qualificante anche la riunificazione di competenze conoscitive andate disperse con la chiusura di strutture, quali l’Arsia.
Inoltre si nota una frammentazione intorno a fattori innovativi abilitanti quali la tutela ambientale, lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile, l’economia circolare e il mondo no profit.
La Toscana è anche territorio dove nell’impresa si registrano condizioni di arretratezza digitale, da rimuovere al più presto.
Il paradigma del coordinamento/integrazione tra settori in stretta relazione tra di loro (approccio di filiera come ad esempio per quella del legno, sostegno delle reti di impresa, promozione di iniziative pubblico-private per esempio per il rilancio dei servizi a vantaggio dei borghi) può offrire esternalità positive notevoli, ma pochi sembrano coltivare questa visione dei problemi.
Insomma si sostiene la necessità che nessun programma serio possa ignorare il ruolo della finanza a supporto delle attività produttive e per la selezione delle iniziative in grado di promuovere innovazione su tanti fronti, partendo dalla consapevolezza della perdita di posizione che la Toscana ha subito in questi anni di sottovalutazione dei suoi problemi strutturali.
La rottura degli schemi tradizionali è il messaggio che dovrebbe accompagnare lo sforzo di elaborazione e di implementazione di strategie che non possono consistere in meri elenchi di asserite priorità.
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