Nel secondo incontro del Trade and Technology Council (TTC) riunitosi a Parigi il 15 e il 16 maggio
scorso l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno concordato di accrescere gli sforzi comuni per contrastare adeguatamente la crescente influenza della Cina (e di altri Stati illiberali) nelle tecnologie avanzate ITC con particolare attenzione al 5G/6G e all’ultrabroad band della telefonia fissa.
Alla conclusione dell’ incontro TTC Gina Raimondo, Ministro del Commercio degli Stati Uniti e il Commissario europeo Margrethe Vestager hanno sottolineato come le due sponde dell’Atlantico stiano lavorando alla definizione di politiche tecnologiche e benchmarks pienamente coerenti con i valori democratici che caratterizzano il mondo libero.
La velocità dei processi di innovazione crea, infatti, il costante pericolo che le nuove tecnologie di computazione e comunicazione (ITC) siano utilizzate in chiave autocratica o totalitaria.
L’esempio più noto di sorveglianza digitale di massa é il “Social Credit System” in Cina. Per le autorità locali e nazionali (e per i funzionari del Partito Comunista Cinese) è facile controllare le opinioni e i comportamenti delle persone.
Da un lato tutti i cittadini cinesi (anche i più anziani) hanno, l’obbligo di installare l’App We Chat nei loro cellulari; dall’altro il paese è strapieno di una miriade di videocamere (palesi e nascoste) come se si vivesse in un aeroporto inter continentale.
Chi non ricorda il caso drammatico del medico Li Wenliang di Wuhan perseguito dalla polizia perché proprio tramite Whatsapp nel dicembre 2019 aveva tentato (su una chat di colleghi medici) di lanciare l’allarme per il Covid 19? https://www.bbc.com/news/world-asia-55963896
Rispetto agli Stati Uniti e più recentemente al Canada https://formiche.net/2022/05/cina-5g-canada-italia/ la dipendenza digitale dei paesi europei dalla Cina oggi è certamente maggiore. Non era cosi all’inizio del millennio quando le università e le Big Tech della California attraevano numerosi giovani talenti dalla Cina e consistenti finanziamenti dal Dragone.
Da più di dieci anni le cose sono radicalmente cambiate, ma l’Europa non ha colto il mutamento molto assertivo della politica estera cinese. Questa ingenua (?) lentezza europea si spiega con una buona dose di miopia politico-strategica da parte di Bruxelles (oltre alla incisiva attività di lobbying di gruppi di interesse molto potenti).
Pochi ricordano che nel 2015 l’Unione Europea tramite il Commissario tedesco Gunther Oettinger ha siglato con la Cina un accordo globale per il 5G. https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2015/09/28/tlc-siglato-accordo-ue-cina-su-sviluppo-rete-5g_f0c838c4-3d94-46d4-bfeb-9ee81ba0872f.html
Per la UE il lavoro istruttorio era stato preparato dalla DG Connect diretta dall’italiano Roberto Viola ed è stato attuato con maggiore o minore ampiezza in quasi tutti i paesi europei.
La più solerte é stata l’Ungheria che con una dichiarazione di Viktor Orban ha letteralmente spalancato le porte del 5G alla azienda cinese Huwaei. https://bbj.hu/business/tech/telco/free-to-do-business-in-hungary-huawei-looks-for-more-speed-less-energy
Dal 2018 in Italia un allarme politico sui rischi del 5G cinese é stato lanciato unitariamente dal COPASIR con un ruolo proattivo di Lorenzo Guerini, Adolfo Urso, Raffaele Volpi, Federica Dieni (e in particolare di Elio Vito come relatore), ma poi non se n’ è fatto niente.
Uno degli spunti del rapporto COPASIR che merita un ampio lavoro di inchiesta giornalistica è la cooperazione interuniversitaria e scientifica tra Italia e Cina soprattutto nell’ ambito delle tecnologie duali.
Le libertà di ricerca e di insegnamento costituiscono valori fondamentali. In ambito accademico sarebbe sbagliato fare censure preventive.
Occorre tuttavia accendere i riflettori sui finanziamenti cinesi ai nostri atenei per esaminare con accuratezza i progetti più sensibili e borderline (per esempio quelli legati alla Via Digitale della Seta) e ovviamente quelli finalizzati all’ambito della ricerca militare.
Nel 2021 lo IAI ha avviato un primo lavoro di notevole interesse su questi temi.
https://www.iai.it/it/pubblicazioni/legami-accademici-sulla-della-seta
Servirebbe un osservatorio nazionale di monitoraggio sui rapporti tra università italiane e aziende cinesi o quanto meno una maggiore interesse dei media.
Quest’ultimo aspetto è tuttavia difficile da realizzare. Negli ultimi 5/6 anni si si sono, infatti, consolidati numerosi accordi di collaborazione con il Dragone che coinvolgono ANSA, RAI, Mediaset, gruppo Sole 24 ore, editori come il gruppo Class, ecc…
Non possiamo andare oltre in questa sede, l’importante è sottolineare che la cooperazione italo cinese in ambito universitario e mediatico richiederebbe maggiore trasparenza.
E non c’è dubbio che esso si presenta (non meno delle indagini giornalistiche sulla macchina della disinformazione russa) come un filone promettente per le inchieste di tutti i media indipendenti nel nostro paese come in tutta l’Europa.
Per quel che vale anche il sottoscritto (in due distinte audizioni alle Commissioni Difesa ed Esteri della Camera) ha messo in evidenza i rischi digitali di natura geopolitica. https://www.camera.it/leg18/1099?submit1=invia&slAnnoMese=202102&slGiorno=3&shadow_organo_parlamentare=2803
Ben più autorevolmente l’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha dichiarato solennemente a Formiche “Cina fuori dall’Italia per il 5G” : https://formiche.net/2020/06/huawei-5g-covid-19-difendiamo-litalia-dalla-cina-intervista-matteo-salvini/
Sino a tutto il 2021 l’unità amministrativa deputata all’esercizio “Golden Power” a Palazzo Chigi non ha affrontato con l’attenzione necessaria i rischi connessi alle forniture 5G limitandosi a raccomandare ai gestori telefonici per i contratti con i fornitori cinesi prescrizioni di natura essenzialmente cartacea, di carattere formale e soprattutto non controllabili sul piano empirico.
Solo recentemente la normativa Golden Power é stata riformata e potenziata dal governo Draghi. Vedremo se funzionerà nel prossimo futuro, a partire dai vincitori dei bandi PNRR in materia di transizione digitale .
Qualora il PNNR finanziasse (anche solo in qualità sub fornitori delle supply chain ) le consociate italiane di gruppi cinesi (o russi) l’ effetto sarebbe quello di un boomerang in termini di. politica industriale nonché di una profonda lesione della reputazione internazionale dell’ Italia.
Ad oggi nei numerosi bandi di gara più recenti di CONSIP, infrastrutture critiche ed altre strutture pubbliche appaltanti (PNRR e non) non c’ è esplicito riferimento ai rischi geopolitici ed operativi connessi con l’adozione di tecnologie cinesi o russe. Lo stesso vale per la bozza di Strategia Nazionale che sarà oggi formalizzata nella sua versione finale.
In Italia cresce da alcuni anni la dipendenza digitale dalla Cina – anche se essa non raggiunge quella dalla Russia nel comparto energetico. Peraltro la Russia preoccupa non solo nel settore dell’energia: in alcuni segmenti della sicurezza informatica centinaia di enti pubblici hanno utilizzato sino al mese scorso 3 imprese russe ben radicate in Italia.
E’ vero che non è mai troppo tardi, ma è molto meglio prevenire. Con la Russia e con la Cina ci vuole molta, ma molta cautela ed una particolare attenzione in tutte le fasi di messa a terra del PNRR nei vari ambiti in cui si articolano i progetti di transizione digitale dalla sanità alle infrastrutture di comunicazione dalla scuola all’automazione industriale, dalla PA sino alla transizione ecologica (peraltro ancora priva di regole e parametri condivisi che legittimino pienamente i criteri di finanziamento in termini di risultati ) .
La domanda cruciale é pertanto la seguente: di fronte a questi rischi i partiti di maggioranza sapranno seguire lo stimolo lucido e costruttivo che in questi giorni arriva viene dall’opposizione di FdI: https://formiche.net/2022/05/putin-xi-delmastro-fdi/
E’ una occasione da non perdere per esprimere finalmente una volontà comune della maggioranza e della opposizione in un clima di unità e coesione nazionale. Le telecomunicazioni, le tecnologie digitali, l’automazione industriale, la modernizzazione tecnologica della PA, della sanità e del sistema educativo sono ambiti strategici per tutelare e promuovere i nostri valori e interessi nazionali (peraltro intrinsecamente collegati a quelli di tutta la comunità europea e atlantica). Se non ora quando?
(articolo ripreso con il consenso dell’autore. Pubblicato anche da Formiche.net)
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