Tutti i sondaggi concordano nel dire che il partito di Marine Le Pen RN (Rassemblemt National) sarà il primo partito alle elezioni legislative del 30 giugno (primo turno) e 7 luglio (secondo turno), e che però probabilmente RN non avrà la maggioranza assoluta dei seggi per formare un governo. Ma ammettiamo il caso peggiore: che RN abbia la maggioranza assoluta e che Jordan Bardella, il suo giovane leader, diventi il primo ministro di Francia. C’è da disperarsi?
Chi si dispera è perché ricorda che molto spesso le dittature fasciste hanno preso il potere per via democratica. Fu questo il caso del partito nazista in Germania nel 1933, giunto al potere attraverso libere elezioni. Ma fu anche il caso del fascismo in Italia, che già aveva una maggioranza parlamentare prima di diventare una dittatura. E sono stati democraticamente eletti dal popolo leader di oggi che assimiliamo a leader fascisti: Erdogan in Turchia, Modi in India, Orbàn in Ungheria, e persino Putin, giunto al potere quando ancora le opposizioni si potevano esprimere liberamente. Potrebbe accadere lo stesso in Francia?
Potrebbe accadere. Ma è improbabile. Mai dire mai, né mai dire è impossibile. La storia non è deterministica, quindi è sempre incerta. La politica si fa sulla base delle probabilità, non delle certezze.
Posso dire che è improbabile che Bardella e Le Pen instaurino una dittatura di destra anche perché sono italiano, ovvero vivo in un paese governato da circa due anni da una signora che non è molto dissimile da Marine Le Pen. Da tempo l’Italia è il laboratorio del Male politico in Occidente – noi abbiamo inventato il fascismo, abbiamo avuto il partito comunista più potente dell’Occidente, abbiamo inventato Berlusconi, e ora abbiamo una post-fascista che ci governa. Arriviamo sempre prima di altri.
Alcuni dicono: “Macron non è uno stupido. Se ha sciolto le Camere ora, è proprio perché sa che il RN vincerà e formerà un governo. Vuole che l’estrema destra governi per un po’ così che i francesi vedranno bene che non cambieranno niente della Francia, se non forse in peggio. Come suol dirsi, plus ça change, plus c’est la même chose, più le cose cambiano, più le cose restano come prima.”
Non so quali ragionamenti abbiano indotto Macron a promuovere queste elezioni da cui ne uscirà comunque sconfitto. Ma l’interpretazione più sopra, proprio perché molto sofisticata, potrebbe essere quella giusta. Il solo modo di disincantare da un partito anti-sistema è farlo governare. A meno che non diventi hitlerismo o putinismo, quel partito ben presto deluderà. E le masse frustrate – che non sono necessariamente quelle più povere – andranno a cercare qualche altro demagogo che prometterà di cambiare assolutamente tutto.
L’abbiamo ben visto in Italia. Anni fa il profeta Beppe Grillo lanciò un movimento rivoluzionario per trasformare la democrazia rappresentativa in democrazia diretta sulla scia di Rousseau, e ha creato il M5S, un partito che non rispettava nessuna delle regole del Galateo politico in uso ormai da parte di tutte le forze politiche. Per esempio, i suoi deputati non dovevano accettare gran parte dello stipendio da deputato. Nel 2018 il M5S ha vinto le elezioni e ha governato, risultato: il suo consenso è crollato. Dopo che un partito e una coalizione governano, alla successiva elezione saranno sconfitti. Anche Berlusconi, che pure godeva di una roccia di consenso inscalfibile, ha perso sistematicamente le elezioni dopo aver governato[1].
Perché governare fa perdere quasi sempre consenso? Perché nel voto politico la massa esprime un coagulo di frustrazioni e malcontenti che sono impermeabili agli interventi dei governi. La massa soffre in modo crescente di quel che Freud chiamò das Unbehagen in der Kultur, il malessere nella vita sociale, un malessere difficile da identificare, che trova però sempre in qualcuno o qualcosa il significante malefico in cui incarnarsi[2]. Oggi per lo più la causa del malessere viene vista nella “casta politica” in generale come fonte di ogni male, ma a parte questo rancore qualunquista il maleficio che ci perseguita assume forme diverse per ciascuno di noi, ragion per cui è difficile che un governo, qualsiasi governo, possa liberare me da questo maleficio.
All’inverso, vengono santificati leader politici che non hanno mai governato, rimasti eterna opposizione. Oggi in Italia vige il culto della figura di Enrico Berlinguer, capo del partito comunista dal 1972 al 1984, venerato come il politico più onesto, idealista, lungimirante, aperto… Ma questo perché ha perso tutte le elezioni, che venivano vinte sempre – dal 1948 al 1992 – dalla Democrazia Cristiana. Se Berlinguer avesse avuto modo di governare anche solo tre o quattro anni, il suo mito sarebbe presto crollato. Questo perché quando si governa si va incontro a problemi che i programmi politici di qualsiasi partito non prevedono. La realtà sociale è sempre troppo complessa perché un programma politico, per quanto elaborato ed esperto, possa incidervi. F.D. Roosevelt non fu eletto nel 1936 per fare la guerra mondiale contro Germania e Giappone; J. Carter non fu eletto nel 1977 per far fronte alla rivoluzione islamica in Iran; G. Bush Sr. non fu eletto per combattere Saddam Hussein, G. Bush Jr. non fu eletto nel 2004 per far fronte alla crisi economica del 2008, ecc. ecc.
Tanti che votavano il PCI nella 1° Repubblica non erano né comunisti né simpatizzanti per l’URSS. Il voto per i comunisti era “il voto di sinistra”, dato che il partito socialista (PSI) era al governo dal 1963 in poi. Ben pochi suoi elettori pensavano che, una volta al governo, il PCI instaurasse un regime leninista. Analogamente, credo che oggi il voto per Meloni (FdI) come quello per Le Pen (RN) non sia voto di fascisti o di reazionari ferrei, ma sia “il voto di opposizione al sistema”, com’era per decenni il voto al PC in Italia e in Francia. E come è stato il voto al M5S. Ma che cosa è il sistema?
Nessuno è in grado di descrivere un sistema socio-economico-politico, ma tutti diamo per scontato che esso esista e che siamo ingabbiati in esso. Il che è vero, nel senso che gli spazi dell’intervento politico sono abbastanza ristretti. Il voto anti-sistema è un voto che vuole quindi spezzare i limiti dell’intervento politico, che vuole rivendicare il diritto di poter cambiare radicalmente la realtà del proprio paese. Ma questo è molto difficile.
Meloni, per esempio, come il RN francese per la Francia, aveva promesso una politica italiana aggressiva nei confronti dell’Unione Europea e di emancipazione dell’Italia da essa. “È finita la pacchia!” gridava Meloni, ovvero, da ora in poi l’Italia si sarebbe fatta sentire! La realtà è che i margini di politica autonoma dell’Italia in Europa si sono rivelati molto ristretti. Uscire dall’euro e dall’UE non si può, sarebbe una catastrofe per chi uscisse. Le velleità anti-europee cadono una ad una.
Ma questo vale anche per politiche di sinistra. Mettiamo che il governo italiano cominci a tassare i grandi patrimoni in modo progressivo, come era un tempo. In questo caso gran parte dei capitali fuggirebbero verso paesi con tasse più basse, in Italia non investirebbe più nessuno, si amplierebbe a dismisura lo spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi… Anche io sono in teoria per la tassazione progressiva delle ricchezze, ma non lo si può fare da soli: tutti gli importanti paesi del mondo dovrebbero farlo allo stesso tempo. Nella rete mondiale un paese ha ben poche possibilità di scelta. Un paese singolo può andare contro-corrente solo pagando un prezzo altissimo.
Meloni aveva promesso di limitare gli afflussi migratori verso l’Italia e quindi verso l’Europa. Ma finora non ci è riuscita affatto, perché la migrazione da Sud a Nord e da Est ad Ovest è un fenomeno planetario che ha una forza ben superiore a qualsiasi misura di filtraggio che può essere adottata dagli stati. È uno tsunami demografico col quale bisogna convivere, non lo si può arrestare. Insomma, tra il dire demagogico e il fare governativo c’è di mezzo il mare, è proprio il caso di dirlo.
Trump proclamò la costruzione di un muro alla frontiera USA col Messico. Ma il muro già c’era! La massa di latino-americani che entra illegalmente negli US non scavalca muri, lo fa con ben altri marchingegni. Ma ai più è bastata la stupidaggine demagogica di un Muro contro l’Immigrazione, un muro disperato come quello costruito a Berlino nel 1961, per votare Trump.
Il paradosso è che per un governo è molto facile scatenare una guerra spaventosa – come quella di Putin in Ucraina – molto più difficile, talvolta quasi impossibile, controllare i prezzi delle verdure o degli affitti, o limitare gli aborti!
Per questa ragione di solito i governi si caratterizzano non per le loro “riforme strutturali” (come diceva in modo ambiguo quel PCI che perdeva sempre le elezioni) ma per misure direi bioetiche o “di costume”, che costano poco o niente. Sono misure narrative, come si dice oggi, che hanno un impatto minimo sulla realtà ma che danno gioia ai propri elettori. E questo sia a sinistra che a destra. La verità è che l’agone politico spesso appare focalizzato su questioni assolutamente irrilevanti sul piano concreto. Su “questioni di principio” che scatenano passioni pro e contro.
Si pensi agli anni di lotte contro la TAV (Treno ad Alta Velocità) in Val di Susa! Una lotta contro un’ottantina di chilometri di strada ferrata, una delle tante tratte ferroviarie che si costruiscono in zone alpine. Ma per la Val di Susa certa sinistra ha scatenato il finimondo.
Si prendano certe proposte di legge della sinistra per tutelare maggiormente gli LGBT+ dalle discriminazioni, ovvero dalla cattiva opinione che tanti hanno di loro. Ma davvero i politici credono che basta fare leggi che puniscano l’omofobia per cambiare la mentalità della gente? È infliggendo una multa o una denuncia a chi racconta una barzelletta contro i gay o contro gli Ebrei che si combatte seriamente l’omofobia e l’antisemitismo? È mettere il carro davanti ai buoi. Le leggi prendono atto di un cambiamento di mentalità, non lo creano. La repressione poliziesca, da Grande Fratello, dell’intolleranza tende a rafforzare l’intolleranza.
Stesso discorso per la destra che vorrebbe ripristinare le pene per l’aborto. In un mondo che svaluta sempre più la procreazione, e dove si è felici che la popolazione diminuisca, è quasi impossibile ormai tornare indietro. La Corte Suprema americana ha ridato la libertà ai singoli stati americani di promulgare leggi anti-abortiste. In pratica questo significa che se una donna di uno degli stati che proibiscono l’aborto vuole interrompere la gravidanza, andrà in auto nello stato liberal vicino per abortire. L’impatto pratico della sentenza della Corte Suprema è minimo, ma rientra nel feticismo narrativo degli anti-abortisti.
E gli esempi si potrebbero moltiplicare.
Tutto per dire ai miei amici francesi di sinistra che – forse – non è il caso di disperarsi. Anche se governasse Bardella, il governo francese, proprio perché costituisce da oltre mezzo secolo assieme alla Germania l’asse portante dell’UE, non potrà cambiare fondamentalmente politica. Se la Francia si isolasse, perderebbe tutte le possibilità di restare un paese prospero e prestigioso, non conterebbe più nulla. Non potrebbe nemmeno cambiare la sua politica anti-putiniana, anche se tutti sanno che Putin ha finanziato Le Pen e tifa per lei. A meno che non cambi la linea politica a Washington DC, che Trump non venga eletto.
Siccome Trump vuole la distruzione dell’Europa unita e della NATO, allora sì che i paesi europei sarebbero costretti a scelte inedite, difficilissime, autonome. Per esempio, difendere o meno l’Ucraina se gli US si ritirassero dalla partita? Far sopravvivere o meno una NATO senza gli Stati Uniti? C’è da rabbrividire. Trump vuole insomma la fine dell’imperialismo americano, il suo ritiro nella lettera della dottrina Monroe. Perciò, se fossi un americano di sinistra radicale, uno come Chomsky, voterei sicuramente per Trump: la sua è vera politica anti-imperialista! Egli riprende una politica isolazionista che ha caratterizzato i partiti conservatori americani da almeno un secolo.
Ma questo significa che, ancora una volta, il vero destino dell’Italia e della Francia non si gioca né a Roma né a Parigi, e nemmeno a Washington DC. Si decide in alcuni stati americani: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin. Gli stati che oggi decidono chi debba essere il presidente USA. Il destino delle politiche europee oggi si gioca a Phoenix (Arizona) e a Raleigh (North Carolina). E chi conosce Phoeniz e Raleigh?
Insomma, Français encore un effort pour n’être pas fascistes![3]
[1] Le ha vinte nel 1994, nel 2001, nel 2008, nel 2022. Le ha perse nel 1996, nel 2006, nel 2013, nel 2018.
[2] Negli ultimi decenni, il Male origine dei mali sociali è stato additato di volta in volta in: il capitalismo, la società secolarizzata, la televisione, la corruzione dei politici, il neoliberalismo, la crisi della famiglia, la teoria del Gender, il crescere delle diseguaglianze economiche, l’ecologismo…
[3] Tutti i francesi conoscono la famosa esortazione del marchese de Sade all’epoca della Rivoluzione: “francesi, ancora una sforzo per essere repubblicani!”
Lascia un commento