Dopo aver letto l’editoriale di Nicola Cariglia ( https://www.pensalibero.it/pd-e-pensare-che-la-toscana-era-punto-di-forza) su Pensiero Libero una domanda sorge spontanea.
Simona Bonafe’ e Massimiliano Pescini possono rafforzare la loro leadership del PD toscano dopo i deludenti risultati delle ultime elezioni amministrative o il loro ruolo si è ormai troppo indebolito?
La mia risposta e’ che la partita non è ancora chiusa. Dipende da quanto coraggio politico riusciranno a dimostrare nelle prossime settimane in vista della conferenza programmatica di fine settembre.
Ci sono almeno due ambiti su cui (se lo vorranno) la segretaria e il vicesegretario possono imprimere una forte discontinuità nelle scelte del PD in Toscana.
Il primo è promuovere nel partito e nella società toscana una analisi impietosa delle amministrazioni locali e delle politiche regionali.
Ci sono situazione virtuose da valorizzare, ma In alcuni territori comunali e in alcune politiche settoriali il logoramento è evidente.
Una analisi puntuale è urgente soprattutto nei comuni toscani (come Siena, Pisa, Massa, Impruneta, Pietrasanta, ecc.) In cui si voterà nel 2023.
Sia dove il PD è all’opposizione, sia dove e’ al governo la scelta di programmi, alleanze e candidati sindaci dovrebbe innanzitutto prescindere dal peso delle diverse aree del partito.
Le lotte tra le diverse fazioni locali e i loro cordoni ombelicali con le correnti nazionali rappresentano il più grosso ostacolo ad una politica efficiente e virtuosa.
E nella stessa direzione va il secondo fronte su cui Simona Bonafe’ e Massimiliano Pescini devono dimostrare coraggio. In Toscana i candidati alla Camera e al Senato non dovrebbero essere scelti con il “bilancino”.
Nella crisi politica di oggi la scelta di persone popolari e competenti può fare la differenza. L’ immagine del partito è innanzitutto l’ immagine dei suoi candidati.
Non si deve decidere tutto a Roma e all’ ultimo tuffo. Serve una partecipazione “larga” – per usare un aggettivo di moda – che coinvolga da un lato circoli e iscritti e dall’ altro i segmenti più dinamici della società civile toscana.
Gli iscritti sono in gran parte anziani e non molti, ma questa non è una buona ragione per lasciarli da parte. Così come è irrinunciabile che il PD dimostri una capacità di ascolto dei cittadini e in particolar di chi vive e opera nei territori.
Purtroppo nel 2007 per la rinuncia di Pierluigi Bersani a competere con Walter Veltron il PD è nato all’ insegna di un falso unanimismo che in realtà celava una ferrea legge dell’ oligarchia.
Rispetto alla spartizione originaria tra le diverse componenti appartenenti ai DS e alla Margherita gli equilibri sono in parte cambiati ma la logica oligarchica è rimasta la stessa.
Se gli iscritti e i simpatizzanti si sentono emarginati nella vita del partito come si può pretendere che i cittadini si interessino nuovamente alla vita politica?
Essere democratici di nome e di fatto é molto difficile perché implica spezzare abitudini consolidate e conseguenti sistemi di potere.
Di fronte alle sfide elettorali dell’ anno prossimo per il PD toscano e’ difficile, ma non impossibile ribellarsi alle logiche centralistiche “romane”.
Sono certo che se Bonafe’ e Pescini sceglieranno la strada di democratizzare davvero il PD i consensi non mancheranno.
Un passo indispensabile e’ far partecipare gli iscritti che si sentono esclusi e impotenti.
Una seconda strada è un uso selettivo e mirato delle primarie, ma con giudizio solo se e quando veramente necessarie.
Una terza condizione e’ la scelta dei tempi: è indispensabile regolare presto i conti nel PD della Toscana. La sovrapposizione tra competizione interna e competizione esterna può, infatti, produrre risultati politici disastrosi.
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