Assieme ad un risultato finalmente chiaro ed inequivocabile, dalle urne di domenica 25 settembre è uscito un nuovo assetto della politica italiana. All’archiviazione pressoché definitiva delle coalizioni e con esse dell’ambigua quanto insopportabile definizione di “centrodestra” e “centrosinistra”, si è accompagnata l’individuazione netta di una destra con un polo di attrazione in Fratelli d’Italia, di una chiara sinistra il cui fulcro di aggregazione insiste nel Movimento 5 Stelle e, in ultimo, di un’area centrista il cui embrione e volano si individuano nella cosiddetta “lista Calenda”.
Uno scenario di normalizzazione che mette fuori gioco ed evidenzia tutta l’inadeguatezza di Pd e Lega: non più partiti spiccatamente di parte o, come nel caso della Lega, territorialmente individuabili. Ma neppure e per contro, classificabili come moderati e quindi riconducibili ad un posizionamento di centro. Insomma partiti “mare e monti” (o, per contro “né carne, né pesce”), completamente inadatti ad un tempo che reclama a gran voce chiarezza, serietà e coerenza.
Partiti melassa; accozzaglia di anime contrapposte, visioni e culture spesso opposte (democristiani e comunisti nel Pd, autonomisti e nazionalisti nella Lega) che per ragioni di realpolitik (tradotto: per convenienze più o meno personali) hanno tentato di convivere rinviando (per decenni) il confronto con la realtà. Quella realtà che domenica scorsa ha presentato inevitabilmente il conto. dovranno decidere cosa fare da grandi e, se del caso, prendere atto dell’inevitabile: meglio una scissione che la marginalizzazione.
Silvano Dalpasso - Urbanista
Forse sarebbe il caso (così almeno io penso) che si consderasse il valore della democrazia come era inteso qualche tempo fa presso la civiltà greca. E precisamente nel significato etimologico originario che aveva il termine : quello del governo del popolo con orientamento verso quella “etica” aristotelica che vedeva nel bene (inteso come bene sociale comune) lo scopo di chi amministrava la città.
Occorrerebbe perciò una attenzione maggiore verso quella democrazia sociale nella quale ogni classe sociale potesse contribuire al governo della città-nazione. E particolarmente sia il capitale che il lavoro, elementi fondamentali per una società costantemente moderna. Una “democrazia sociale” ovvero una socialdemocrazia costantemente moderna e quindi prospera e sostenibile..
Forse è chiedere troppo? Io penso sia possibile. Basta leggere la nostra Costituzione.
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