Patrick Zacky deve essere difeso dallo Stato Italiano, dall’Unione Europea e da tutta la comunità internazionale, senza se e senza ma.
Una battaglia tanto ideologica quanto mai concreta tra libertà e oppressione, tra democrazia liberale e autocrazia militare.
Da studente universitario di Bologna e da giovane “cittadino del mondo non posso tacere, è mio dovere morale far luce su quello che potrebbe degenerare in un nuovo caso Regeni.
Chi è davvero Patrick Zaky?
Tante, infatti, le accuse ingiustificate, le ricostruzioni farlocche e le fake news che circolano da giorni sul web. Proviamo a riavvolgere il nastro della vicenda sulle base delle (poche e confuse) informazioni riportate dai principali media di tutto il Mondo.
Patrick Zacky è un giovane ventisettenne dal passaporto egiziano ma dal libretto universitario italiano. Partito da Bologna, la città in cui segue il master universitario in Gender Studies, per trascorrere in patria le vacanze coi suoi genitori, è stato prelevato dall’aeroporto dalle autorità egiziane, arrestato e torturato.
Per il suo legale rischia il carcere a vita con l’accusa di “rovesciamento del regime al potere” in Egitto, un reato non troppo dissimile da quello di terrorismo per il quale si rischia l’ergastolo. A dirlo all’Ansa è stato uno dei suoi avvocati, Wael Ghaly, ricordando inoltre che la custodia cautelare – provvedimento emesso al momento nei confronti di Zaky – “può durare fino a due anni, rinnovata ogni 15 giorni, e talvolta tale detenzione può protrarsi per più di due anni”.
Al fine di ripercorrere le tappe di quanto accaduto, la motivazione della detenzione sarebbe riconducibile “agli appelli a manifestare lanciati agli egiziani dall’imprenditore Mohamed Ali”, ha detto Wael, riferendosi implicitamente all’ex appaltatore delle forze armate egiziano che aveva creato una campagna social e politica per manifestare contro il presidente Abdel Fattah al-Sisi. Senza dimenticare che Zaky, nella primavera 2018, è stato manager della campagna presidenziale di Khaled Ali, un altro degli oppositori al Presidente, la cui notorietà è dovuta alla dura battaglia giudiziaria contro il regime.
Tuttavia, prosegue il legale del ragazzo, la causa ufficiale del mandato d’arresto è costituita dai dieci post del suo account personale su Facebook, antecedenti al 23 settembre 2019. Si tratterebbe tuttavia di “un account fake in quanto porta tre nomi” (quello proprio e due patronimici) “mentre il suo account ha solo nome e cognome”, ha specificato il legale, attivo anche per l’organizzazione non-governativa EIPR (Egyptian Initiative for Personal Rights), che aveva da subito dato la notizia del fermo del giovane studente, rientrato da Bologna in Egitto per una breve vacanza.
Da quanto emerge dalle dichiarazioni delle autorità locali, su Zaky pendeva un mandato di cattura dallo scorso 23 settembre 2019. Non era invece emerso che il ricercatore egiziano in Italia fosse in realtà sotto osservazione dallo scorso marzo, prima cioè del suo arrivo a Bologna. Come riportano alcuni media citando varie fonti, su di lui era proprio stato aperto un dossier da parte delle autorità egiziane.
Lo studente dell’Alma Mater di Bologna era perciò sotto osservazione prima che in Egitto scoppiassero le clamorose contestazioni del 20 settembre contro la Presidenza e quando ancora non era scattata la denuncia, alla base dell’arresto in aeroporto, per l’appoggio di Patrick alle manifestazioni di piazza.
Ma si fa sempre più strada, tra i sospetti dietro i suoi numerosi capi d’accusa per incitazione alla protesta e alla destituzione del governo, anche il possibile legame col caso Regeni. Secondo gli attivisti i due non si conoscevano, ma a Zaky sarebbero state rivolte delle domande sul ricercatore italiano.
E a Zaky, ahinoi, sarebbe inoltre stato rivolto il medesimo, brutale, illegale trattamento del nostro Giulio: Patrick è stato torturato -anche tramite elettroshock- senza che gli venisse riportata nessuna vera accusa.
Quali dunque le reazioni dell’opinione pubblica, del mondo accademico e della politica?
Partendo proprio da quest’ultima, l’intero Governo italiano ha denunciato l’illegalità del fatto, con il Ministro degli Esteri Luigi di Maio che auspica un monitoraggio e un intervento dell’Unione Europea.
A sua volta, David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo, chiede “che Patrick Zacky venga immediatamente rilasciato e restituito all’affetto dei suoi cari ed ai suoi studi”, citando il rapporto di Amnesty International secondo cui il ragazzo è stato interrogato, picchiato e torturato per 17 ore. “Voglio ricordare alle autorità egiziane che la UE condiziona i suoi rapporti con i paesi terzi al rispetto dei diritti umani e civili, come ribadito da molte risoluzioni approvate dal parlamento”.
Nel frattempo si moltiplicano le iniziative civiche e le manifestazioni spontanee di solidarietà: lo scorso lunedì Piazza Maggiore a Bologna si è riempita di studenti, docenti, personalità politiche quali il Sindaco Merola e semplici cittadini accomunati dalla volontà di far sentire la propria voce e la vicinanza a Patrick.
Amnesty International e la famiglia di Giulio Regeni in prima fila per difendere i diritti dello studente egiziano: Alessandra Ballerini, avvocato dei Regeni, ha elaborato una dichiarazione congiunta con l’Associazione Dottorandi e Ricercatori in Italia e alcune associazioni universitarie in cui si chiede al Governo Italiano di inserire l’Egitto nella lista dei Paesi insicuri e di richiamare immediatamente l’ambasciatore italiano da il Cairo.
Riccardo Noury, ambasciatore e relatore per Amnesty International Italia, sostiene altresì che le autorità italiane e il mondo accademico detengano l’obbligo di proteggere Zaky, in qualità di visitatore e studente in territorio nostrano.
Da parte mia, in qualità di studente dell’ateneo bolognese e giovane cittadino italo-europeo, non posso che rilanciare due appelli.
Il primo è quello della Pagina Facebook e dell’omonima associazione Patrick Libero, il cui scopo è avviare una mobilitazione globale per fare pressioni sul governo egiziano con queste richieste:
-L’immediato rilascio di Patrick e la caduta di tutti i capi d’accusa nei suoi confronti
-Lo svolgimento di indagini trasparenti sulle cause dietro il suo rapimento e le torture che ha subito
-La garanzia che né Patrick né i membri della sua famiglia siano nuovamente accusati
Il secondo appello è quello del noto scrittore Roberto Saviano, che chiede al Presidente Mattarella di concedere la cittadinanza italiana a Patrick Zaky.
Questo atto non avrebbe meramente una valenza simbolica, ma anche e soprattutto pratica, dato che l’acquisizione della cittadinanza italiana e – di conseguenza – europea aumenta la capacità diplomatico-giuridica delle istituzioni nazionali e comunitarie di influire nella vicenda Zaky.
Che il caso Regeni ci serva da lezione: concediamo l’ italianità a Zaky per offrirgli il bene più prezioso che una democrazia liberale come la nostra possa garantire. Libertà.
Perchè Patrick, studente “bolognese”, amante dell’Italia e cittadino del mondo, è e deve essere #1diNOI!
Lascia un commento