Se questa tornata amministrativa doveva essere, come era stato detto, una prova generale per la strategia del “campo largo” sostenuta con forza dal PD, ebbene il risultato è stato il peggiore possibile. Dove si sono presentati, i 5Stelle, teorico asse portante del “campo largo”, hanno registrato una vera e propria debacle. Le città dove hanno preso più voti sono state Carrara (5,22%), Genova /4,40), Taranto (4,16). In tutte le altre la media dei voti ottenuti è stata attorno al 2%. A Rieti dove quel genio della comunicazione di Casalino si era inventato la lista Con Te per saggiare una possibile via di fuga puntando sulla figura del leader è stato appena raggiunto l’1%.
Eppure il PD, commentando il voto, si è precipitato a dire che non esiste un piano B, si va avanti con la strategia del “campo largo”. Perché…. “uniti si vince”. Cupio dissolvi? No, il fatto è che il Partito Democratico è ancora prigioniero di quello che era un vecchio must del Partito Comunista cioè non avere nessun nemico a sinistra.
Oggi il PD è come un Giano bifronte. Una parte guarda a sinistra e una al centro. Il “campo largo” gli permette di non scegliere ma l’esperienza dimostra che i due lati del campo non possono stare insieme, si elidono a vicenda. Quindi il PD deve optare per uno dei due schieramenti possibili, o più a sinistra o più al centro.
Scegliendo la sinistra radicale oltre a non esserci i voti per vincere si finisce anche per adeguarsi ad una rappresentazione della società che non corrisponde alla realtà. Su quella poi si modella una proposta politica nella quale la stragrande maggioranza dei moderati non può riconoscersi. E così ci si preclude la possibilità di espandere il proprio bacino elettorale.
I voti per vincere non ci sono nemmeno sul fronte moderato ma su questo versante ci sono le potenzialità per espandere il bacino elettorale di partenza. La difficoltà semmai è un’altra. Il Centro è ancora un soggetto dei desideri, affollato da tanti micro partiti essenzialmente personali. Qui scatta la responsabilità, grande, dei vari leader che devono essere in grado di mettere da parte la loro personale smania di protagonismo e fare squadra prendendo come base programmatica l’agenda Draghi. Cosa non facile da realizzare ma l’unica razionalmente possibile.
Piaccia o non piaccia, il centrodestra è maggioranza nel Paese. Se il centrosinistra vuole puntare al governo o riesce ad acquisire la fascia di elettori più centristi, schiacciando sulla destra Fratelli d’Italia, oppure non c’è partita.
Se il PD continua a rincorrere il “campo largo” il risultato sarà uno solo: la Meloni presidente del Consiglio.
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