La vicenda dei rapporti anomali fra politica e magistratura, messa in luce da intercettazioni per altro non penalmente rilevanti, sta agitando le acque della politica e del mondo giudiziario. C’è chi grida allo scandalo per gli accordi sottobanco fra politici e magistrati, chi si indigna per il tentativo della politica di influire sull’organo di governo della magistratura, chi sottolinea l’uso improprio delle intercettazioni, chi tenta di giustificare comportamenti chiaramente illeciti con la necessità di difendersi dagli altrui comportamenti illeciti, chi si richiama ai sacri principi della Costituzione, chi stigmatizza la deriva correntistica della magistratura, chi propone per il CSM il sorteggio fra magistrati, chi suggerisce la necessità della separazione delle carriere o dell’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale e così via. Tutti, comunque,proclamano con enfasi che bisogna cacciare le mele marce. E tutti, a nostro giudizio, fanno lo stesso errore di chi, entrando in una foresta, pensa di trovarsi in mezzo a tanti alberi e non, appunto, in una foresta.
Il problema infatti è proprio questo. Non siamo di fronte ad un sistema sano e a comportamenti individuali devianti, siamo immersi in un sistema “malato”, perché non più adeguato ai tempi, che induce, tenta, i singoli a tenere comportamenti devianti. L’uomo è quello che è, con i suoi vizi e le sue virtù. E’ compito dei meccanismi che regolano una società creare un sistema che riduca i rischi e favorisca i comportamenti corretti.
Se oggi facciamo decadere il CSM e nominiamo nuovi consiglieri laici e togati, se cioè eliminiamo le presunte mele marce, il sistema non si metterà come d’incanto a funzionare. Passerà un po’ di tempo e poi saremo daccapo. Anche perché continua questa voglia perversa di spiare e ascoltare, come attraverso il buco della serratura, tutto quello che fa e dice la gente, anche quando le conversazioni non sono penalmente rilevanti. Questo ovviamente non vuol dire che, quando serve, non si debba ricorrere allo strumento delle intercettazioni telefoniche, o che si debba giustificare, e tanto meno assolvere, i comportamenti sbagliati. Chi ha sbagliato, anche solo sulla base dell’opportunità politica e non della rilevanza penale del comportamento illecito, è giusto che paghi. Eleggiamo pure un nuovo CSM con la consapevolezza però che non sarà sufficiente. Senza una riforma globale del pianeta giustizia non si va da nessuna parte. E la riforma della giustizia va inserita in una più generale riforma delle istituzioni. In altre parole va riscritta tutta la seconda parte della Costituzione. La maggior parte delle disfunzioni italiane di oggi deriva dall’inadeguatezza delle regole che governano il sistema. Il mondo non più quello uscito dalla seconda guerra mondiale. Non sono passati 70 anni, sono passati sette secoli. Il tema delle riforme istituzionali deve tornare al centro dell’agenda politica. Piaccia o non piaccia, Renzi o non Renzi. Oggi siamo all’assurdo che gli sconfitti del referendum hanno perfino paura a tornare sull’argomento. E il PD di Zingaretti è alla testa di questi pavidi e di questi pentiti. Invece è da qui che bisogna ripartire, se non vogliamo che il declino dell’Italia diventi inarrestabile.
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