Un paese in mano agli anziani, spesso egoisti e con una visione novecentesca della realtà. In Italia hanno in mano il potere, politico, economico e culturale.
Mai una società è stata cosi gerontocratica. Gli over 60 sono sovra rappresentati non solo in Politica ma anche ai vertici del mondo delle Professioni e dell’Università (i docenti sopra tale età sono più del doppio da noi rispetto a Francia, Spagna, Regno Unito, ecc. per non parlare degli USA).
Ricordo un Direttore di una grande Azienda privata, era vicino alla pensione. Si lamentava con me, che a quel tempo ero Responsabile del personale, perche’ doveva organizzare riunioni nelle varie sedi territoriali per condividere i progetti innovativi di grande cambiamento a impatto medio/lungo periodo. Lui mi diceva: “Come faccio a parlarne con entusiasmo se non li vedro’ mai realizzati? “.
Questo e’ il senso che sta all’origine di ogni ricambio generazionale. L’energia, la forza, la determinazione, la mentalita’ e le conoscenze della propria contemporaneita’ di un trentenne sono imparagonabili a quelle di un over 70.
Certo, adesso si invecchia molto tardi, il confine si sposta sempre piu’ in avanti. E perche’ fare un passo, non indietro, ma di lato, quando si hanno, apparentemente, le competenze e l’ esperienza per continuare a essere protagonisti e a soddisfare il proprio ego?
La Rottamazione di renziana memoria aveva catturato grande consenso piu’ di dieci anni fa. Rottamazione che adesso pare rinnegata dagli stessi renziani, quando invece era stata forse, l’unica visione realmente innovativa del pensiero renziano. Certo, Rottamazione legata non solo all’eta’ ma alle logiche vecchie di potere. Renzi soprattutto per questa rivoluzione annunciata aveva generato grande consenso all’inizio della sua carriera. Ma siamo, dopo dieci anni, ancor piu’ cooptati di prima.
Ma non potrebbe essere che gli anziani siano davvero piu’ bravi? Questa e’ spesso la teoriaautoreferenziale, citata appunto da chi appartiene a quella generazione. Osserviamo i risultati: la nostra vecchia classe dirigente ha determinato un’ insufficiente crescita economica, ascensori sociali completamente bloccati e credibilita’ internazionale bassissima. (oltre a un debito pubblico sempre piu’ gigantesco).
Occorre anche notare che i nostri giovani di talento che espatriano, perche’ qui non trovano sbocchi, spesso trovano veloci e meritocratiche opportunita’ di carriera.
Quindi e’ vero il contrario: una classe dirigente vecchia crea un freno, direi proprio un tappo, allo sviluppo del paese.
La situazione e’ naturalmente peggiorata con la pandemia. Il Covid-19 ha aumentato le disuguaglianze tra generazioni.
Basti vedere come nel dibattito italiano sulle politiche di contenimento del Covid-19 l’argomento “giovani” è emerso principalmente in chiave critica, focalizzandosi su aspetti come gli assembramenti, le discoteche, le movide, gli aperitivi senza mascherina, e in generale su di una mancanza di rispetto da parte dei giovani verso le regole di distanziamento sociale.
Giovani percepiti come pericolosi per il loro stile di vita e percepiti soprattutto come “untori” come portatori di contagio, responsabili di infettare tutti coloro che si comportano “bene”.
Con questi luoghi comuni si alimenta una mentalita’ distorta e punitiva nei confronti dei giovani, che nega il loro diritto inviolabile di costruire e autoderminare la propria esistenza. Li rende o invisibili o colpevoli.
Il divario nella nostra societa’ tra giovani e anziani si sta sempre piu ampliando da vari punti di vista:
- psicologico: durante il lockdown soffrono psicologicamente le fasce piu’ giovani. Accusano disturbi psicologici i ragazzi, i bambini e i giovani in generale (insonnia, ansia, senso di solitudine, stress) mentre gli over 65 soffrono meno psicologicamente durante il lockdown
- economico: le conseguenze economiche del Covid-19 sono state e saranno più aspre per i giovani. L’ultimo rapporto dell’OCSE sull’occupazione, sottolinea che, assieme a quello delle donne, il gruppo che risentirà di più della crisi sarà proprio quello dei giovani.
L’aumento della disoccupazione giovanile, della fuga dei cervelli, della age dependency ratio ( l’Italia ha il primato del tasso di over 65 rispetto ai cittadini in età lavorativa, indice importante per determinare la dinamicita’ o meno dell’economia di un paese e anche le pressioni e i costi del sistema sanitario nazionale e pensionistico ), l’alto tasso di giovani che non studiano né lavorano, ne’ soprattutto cercano (i “NEET”), il calo della spesa pubblica in istruzione e il numero di laureati tra i piu’ bassi in Europa, erano indicatori molto preoccupanti già prima del Covid-19. A cui nessuno pensava come se il passaggio generazionale fosse solo un problema, abbondantemente affrontato, della PMI.
- culturale: l’istruzione pubblica vive da anni una situazione di collasso generalizzata. Scuole e Universita’, se prima della pandemia erano inadeguate, salvo rare eccezioni, durante l’emergenza Covid hanno dimostrato quanto una societa’ che non punta sul rinnovamento meritocratico degli insegnanti abbia abbandonato la sfida della dinamicita’ del paese.
Proposte
I giovani sono gli attori indispensabili per fornire una visione del futuro migliorabile. E’ impensabile costruire il futuro senza la partecipazione dominante dei giovani.
Dove può ritrovare l’Italia la possibilità di crescere, se non dal contributo attivo e qualificato delle nuove generazioni?
Occorre una reale partecipazione e inclusione dei giovani nella definizione delle politiche a loro destinate. Fino ad oggi, pur rimanendo un tema aperto e dibattuto, il paradosso della autoreferenzialita’ e’ sempre stato prioritario: la classe dirigente anziana non ha ne’ incluso ne’ preso decisioni a favore dei giovani.
Anzi. E’ aumentato nel nostro paese, il lavoro povero, figlio della GIG economy, l’economia dei lavoretti e figlio della GIG politic, la politica delle riformette e dei bonus, che realizzano qualche risultato nel breve periodo ma non determinano alcun miglioramento complessivo.
Una sintesi di alcune proposte:
- Superare la logica dei sussidi, utili nel momento in cui si e’ senza lavoro ma solo se supportati nelle ricerca attiva di lavoro, i sussidi devono essere temporanei.
- Uscire dalla logica di precarieta’ e dipendenza da un welfare famigliare: utilizzare i fondi destinati alla ricostruzione post- Covid adottando una visione di lungo periodo:
dedicando fondi da un lato soprattutto all’istruzione e ricerca e dall’altro alla creazione di PMI innovative.
- Assegnare ai giovani dai 16 ai 35 anni un reddito di opportunita‘ , da spendere in istruzione, mobilita’, formazione e acquisizione di competenze professionali, alloggi…
- Realizzare politiche di incentivi e formazione per l‘industria 4.0 affinche’ soprattutto i giovani possano essere in grado di affrontare le opportunita’ offerte da automazione e innovazione.
- Fornire ogni tipo di supporto economico a giovani e donne per la creazione di start up innovative. Fondi da poter restituire, come elemento di coscienza civile per aver utilizzato soldi pubblici, ad esempio lavorando nella P.A.
(Il tema della restituzione di soldi pubblici con il lavoro nella Pubblica amministrazione e’ adottato da alcuni paesi , soprattutto asiatici e sviluppa eccellenza nella P.A. Oltre a coscienza civile e senso di appartenenza nel cittadino).
- Utilizzare al meglio e rivalutare lo strumento dell’apprendistato, non solo per attivita’ tecniche o di basso livello organizzativo.
- Realizzare il Tutoring all’ interno delle aziende, detassando il passaggio di competenze tra lavoratori anziani e giovani.
- Soprattutto riformare le agenzie per l’impiego, in una logica di reale efficacia, e tutta la parte inutilmente burocratica che crea solo frustrazione in chi vi accede.
- Fornire aiuti reali immediati per l’apertura di nuove attivita’ creando strumenti di validazione delle nuove imprese.
- Diminuire il costo del lavoro per le imprese e ridurre la pressione fiscale sul reddito da lavoro.
L’elemento mancante per mettere in atto queste azioni è la volontà politica.
“Privare un giovane del futuro e’ una delle forme piu’ gravi di diseguaglianza” disse Draghi circa sei mesi fa.
Io aggiungo, se Draghi me lo consente, che privare una persona del lavoro e’ la piu’alta forma di restrizione della sua liberta’ .
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