Dopo trecento giorni di guerra, trascorsi nei bunker o visitando i soldati al fronte – e sempre vestito da militare -, Volodymyr Zelensky è uscito dall’Ucraina per volare a Washington scortato dai caccia della NATO, e incontrare il Presidente Biden e i rappresentanti del popolo americano.
Alla speaker della Camera Nancy Pelosi, Zelensky ha consegnato una bandiera ucraina che proviene da una delle città più martoriate dai bombardamenti russi; a Joe Biden ha portato una medaglia d’oro al valor militare; e ai deputati e senatori riuniti nella sala del Congresso ha detto poche e semplici parole, riassumibili nella promessa: “Non ci arrenderemo mai”.
Ci fu un altro leader europeo che, all’indomani del bombardamento giapponese su Pearl Harbor, sentì l’esigenza di andare a Washington a parlare con il Presidente Roosvelt e i vertici americani: era Churchill, che neppure concepiva la possibilità di arrendersi al nazismo e ai suoi alleati; e che un paio di anni prima, mentre quasi tutta l’Europa veniva soggiogata dalle croci uncinate di Hitler, aveva organizzato la difesa dell’Inghilterra al prezzo di “sangue, fatica, lacrime e sudore”.
Non è retorica ricordare che a Zelensky, il giorno dopo l’inizio dell’invasione, gli americani offrirono un volo aereo per mettersi in salvo oltre Oceano; un volo che lui rifiutò, per poi chiamare il popolo ucraino alla difesa della patria e della libertà. Ed è un dato di fatto che la difesa dell’Ucraina è stata possibile principalmente grazie a due fattori: il coraggio e l’eroismo di tutto quel popolo; l’appoggio decisivo degli Stati Uniti a cui si sono affiancati, non senza qualche distinguo, gli alleati europei.
Qui ora occorre essere molto espliciti: dietro l’intervento degli Stati Uniti c’è un nome preciso: Joe Biden. Perché il Presidente ha sostenuto dal primo momento e senza incertezze la resistenza ucraina, e, pur lasciando aperti canali di comunicazione con la Russia, ha sempre dichiarato che la pace non sarebbe stata possibile senza il ritiro degli invasori e il consenso degli ucraini.
Ecco, dunque, il senso del viaggio di Zelensky a Washington, che va oltre la richiesta di batterie di missili Patriot e nuovi sistemi di difesa antiaerea (richiesta per altro accettata dal Presidente e dal Congresso in modo bipartisan, alla quale si aggiungeranno presto altri 45 miliardi di dollari per aiuti di varia natura). Andare negli Stati Uniti, oggi, significa riconoscere che l’America di Biden è tornata a rappresentare, dopo gli anni dell’isolazionismo trumpiano e del pacifismo obamiano, la Casa della libertà e la difesa della democrazia.
Joe Biden si è riconquistato a pieno titolo il ruolo di leader dell’intero Occidente, ma senza la velleità di esportare a tutti i costi la democrazia, che, per esempio, portò al tragico errore della guerra in Iraq. Volodymyr Zelensky questo lo sa bene. Sa che il Presidente americano è dalla parte dell’Ucraina senza se e senza ma; e che anche il prossimo Congresso a guida repubblicana che sta per insediarsi, se si escludono le ali estreme dei repubblicani trumpiani e dei democratici di sinistra come A.Ocasio Cortez, continuerà a sostenere l’Ucraina e a difendere la libertà del suo popolo.
Elisabetta Briano
Allora siamo a posto