Mentre la Cina imprigiona i leader democratici di Hong Kong, rafforzando la sua politica repressiva delle libertà e dei diritti delle minoranze, l’UE ha stipulato un accordo per gli investimenti con la Repubblica popolare cinese che lascia intendere una forma di avallo di quel regime, di cui si apprezzano i risultati economici volgendo dall’altra parte il viso per non vedere i risvolti negativi. Qual è il Suo giudizio?
La UE non ha siglato un accordo. Non esiste ancora neppure una bozza di testo, ma allo stato solo dichiarazioni di principio condivise dai leader. A mio avviso la Merkel ha voluto chiudere la Presidenza tedesca con questo comunicato congiunto per due motivi.
Quali?
l primo – se la mia ipotesi è condivisibile – è quello di parlare a nuora perché suocera intenda. Il messaggio a Biden è molto chiaro. L’ Europa così come le democrazie asiatiche hanno già pagato un prezzo troppo alto per l’unilateralismo erratico di Trump e per la sua ambigua relazione con Putin. La Cina e’ una realtà economica e militare sempre più rilevante ed è impensabile che gli Stati Uniti si muovano in solitario.
È fondamentale, viceversa, che cerchino la massima sintonia con i loro alleati storici sia nelle relazioni transatlantiche che nel pacifico e nell’ Oceano Indiano. In questa cornice anche la democrazia Indiana – tradizionalmente più vicina alla Russia – è destinata a svolgere un ruolo fondamentale sia con gli Stati Uniti che con l’ Europa.
E il secondo motivo?
Il secondo mi sembra più legato agli interessi nazionali di politica industriale sia della Germania che della Francia nel settore automobilistico. Non a caso nelle dichiarazioni si fa riferimento esplicito dell’ automotive che peraltro riguarda anche l’ Italia dopo l’ accordo di FCA con i francesi. Qui il rischio è che i cinesi entrino separatamente, ma con la stessa regia, nel capitale delle due holding automobilistiche e che Germania e Francia litigando per far crescere il loro peso nel mercato cinese facciano la fine dei capponi di Renzo.
Nell’energia succede qualcosa di analogo?
Si è quanto accade da anni ed è il punto di debolezza dell’Europa con la Russia nel comparto energetico. Il potere e l’influenza di Putin sarebbero impensabili senza le divisioni europee che persistono in materia di import energetico.
Ma i principi sanciti in questa intesa preliminare sono validi?
Questo è almeno in teoria l’aspetto più positivo dell’intesa tra XI, Merkel e Macron: l’abolizione del lavoro forzato e il rispetto dei principi dell’ILO. Ma la Cina potrà permettersi di attuare i diritti sanciti dall’Organizzazione internazionale del lavoro? I biker di Shangai (per inciso) ancora più sfruttati di quanto siano sfruttati in occidente potranno davvero organizzare un sindacato libero per lottare contro lo sfruttamento selvaggio del loro lavoro controllato da sofisticati strumenti digitali e di AI?
La sorveglianza tecnologica di massa impedisce la dialettica sociale?
Il punto è proprio questo. Penso che la lotta per la libertà sindacale sia uno snodo cruciale. Tuttavia per la classe dirigente cinese (che conosce e studia la storia moto meglio della nostra) l‘esempio di Solidarnosc in Polonia costituisce un precedente molto temuto. Se libertà religiosa e libertà sindacale dovessero diffondersi in Cina riforma politica del regime diventerebbe imperativa. Per questo il Papa ha fatto tanta fatica a nominare in modo indipendente i primi vescovi da Roma e la riapertura delle relazioni diplomatiche tra Santa sede e Pechino non è all’orizzonte
Un altro punto condiviso è che per gli stranieri sarà davvero investire in Cina senza gli attuali controlli e transfert tecnologici forzati?
È un po’ lo stesso discorso. I principi affermati sono giusti, ma la loro applicazione è realistica nel breve e medio termine? La mia impressione è una loro applicazione immediata porterebbe ad uno sconvolgimento del sistema politico. Non dimentichiamoci che da più di un anno nessuno può entrare in Cina dall’estero senza scaricare l’AppWechat di Tencent. Il continuo riferimento del Presidente Xi alla necessità che la Cina persegua la formula di “opening up” viene contraddetto dalle posizioni di crescente chiusura e di rafforzamento del controllo sociale. In sostanza la direzione sembra contraria e sempre più ‘ lontana dai valori di una società aperta,
L’Italia, in una confusa politica estera- ricordiamo l’incontro del Ministro degli esteri a Parigi con i leader dei gilet gialli – ha sottoscritto prima e forse unica in Europa l’accordo per la Via della Seta, rilevante soprattutto in materia di Information and Communication Tecnologies tecnologie avanzate, dalla rete 5G alla banda larga. Che ne pensa?
Prima di parlare del nostro paese il problema è di capire la cornice NATO/EU in cui l’Italia opera. In linea generale l’Alleanza Atlantica valuta la Cina una minaccia militare e l’ Unione Europea considera la Cina un rivale sistemico con cui competere sul piano economico e scientifico. Nell’incontro a distanza di cui abbiamo parlato Il presidente XI, Ursula Von der Layen e Macron hanno concordato che la cooperazione richiede la costruzione di un level play field che non penalizzi le imprese europee.
È possibile?
Difficile rispondere manca sia in sede UE che NATO una analisi dettagliata della realtà cinese fondata su un patrimonio informativo condiviso. Probabilmente non c’ è perché la Presidenza Trump ha creato una notevole sconquasso nelle file dell’intelligence americana. Basti pensare che il suo responsabile del Dipartimento di Stato Pompeo (già a capo della CIA) ha attribuito ai russi il gigantesco cyberattacco a “Solar Wind” scoperto di recente mentre all’ opposto il Presidente Donald Trump ha dato la colpa ai cinesi. C’è inoltre un dato concreto che giudico preoccupante. In tempi molto recenti con una nuova legge la Cina ha esautorato l’esecutivo dal comparto difesa e trasferito i poteri (in parte anche civili) alla potente Commissione Militare presieduta dal Presidente Xi. Quale è il significato di questo spostamento di equilibri?È forse in atto una maggiore integrazione tra Partito Comunista e Forze Armate? E se è vero essa è o non è a scapito di altri soggetti influenti nel regime cinese (imprese di stato e autorità regionali) ? Sono domande che richiedono risposte urgenti.
Per l’Italia sono domande importanti che richiedono risposte rapide e adeguate.
Assolutamente si, sia in ambito militare che civile, ambiti peraltro sempre più interconnessi. Occorre approfondire in sede parlamentare la sicurezza del porto militare di Taranto o di quella dell’aeroporto militare di Grosseto, tanto per fare due esempi pratici e soprattutto agire sul fronte delle reti mobili 5G e fisse a banda larga. Si tratta di sfide quotidiane per la ricerca informativa dei servizi segreti italiani, per la nostra intelligence militare e per i servizi collegati delle nazioni alleate. Per non parlare dei miliardi per il digitale dell Recovery Fund inserire https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/sicurezza-nazionale-nel-recovery-fund-il-ruolo-dellintelligence-nella-post-pandemia/
Una attenzione dei servizi è altresì necessaria per i finanziamenti per l’’ innovazione tecnologica e le start up che la legge di bilancio 2021 attribuisce al MISE. Non possono e non devono finire nelle mani di soggetti ostili all’ occidente.
Ho segnalato recentemente la penetrazione cinese nel 5G e la necessità che questa invadenza non si ripeta nel 6G. https://www.startmag.it/innovazione/tim-cosa-combina-conte-con-vivendi/
La Toscana (già penalizzata gravemente dal Governo Conte sul piano infrastrutturale) potrebbe candidarsi ad essere l’area sperimentale del 6G in una cornice euro atlantica riprendendo la sua grande tradizione scientifica e industriale in ambito computer science e telecomunicazioni.
I leader PD, in particolare alcuni di estrazione PCI – sembrano ispirarsi al una sorta di indifferenza tra USA e Cina (quasi all’insegna dell’antico Franza o Spagna, purché si magna) dimenticando la diversità dei due regimi e abbandonando al loro destino i dissidenti. È una impressione giusta?
Nel suo intervento al Cantiere della Sinistra della fondazione Italianieuropei – qualche settimana fa Goffredo Bettini (esponente storico della sinistra romana del Pci) ha indicato una prospettiva strategica che si basa su due elementi chiave come ho recentemente ricordato su Formiche https://formiche.net/2021/01/pd-cina-opinione-mayer/
1) “abbiamo da tempo pagato il debito con gli Stati Uniti
2) L’ Europa ha bisogno di una nuova “terzietà”.
Su questi due presupposti si deve procedere ad una rifondazione (anche ideologica) della sinistra. Il processo di rifondazione della sinistra che Bettini propone è quella di un Europa terza ed equidistante tra totalitarismo e democrazia, ovvero tra Cina e Stati Uniti. Questa visione è molto vicina a quella di Massimo D’ Alema che vedrebbe bene Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. E D’Alema, da qualche anno mio valente collega a Link Campus University a livello accademico e professionale, è da tempo uno dei più autorevoli e coerenti fautori di una ampia apertura dell’Europa alla Cina. La guerra commerciale è sbagliata, ma non capire le implicazioni del 5G e delle telecomunicazioni nelle società digitali è veramente incomprensibile. Già vediamo giustamente con preoccupazione Amazon o Google, perché mai aprire la strada anzi come è successo in Italia spalancare la strada al totalitarismo digitale cinese.
Le posizioni di Bettini si trovano peraltro in piena sintonia con Roberto Speranza di LeU e con il populismo di Beppe Grillo.
È evidente che in questo scenario le libertà di Hong Kong, le proteste degli studenti, i giornalisti dissidenti, la loro repressione e quelle delle minoranze in Cina non trovano posto.
Non è che l’oro di Pechino, come a suo tempo quello di Mosca, sta inquinando la politica italiano?
In questo momento la mia maggiore preoccupazione è sul fronte mediatico. Se esaminiamo le convenzioni in atto con testate giornalistiche e televisive e le massicce campagne pubblicitarie e di PR si intuisce una influenza molto forte. Non si trova un editoriale che parli di Hong Kong o di 5G cinese. Ci sarà pure un motivo o no?
Non sarebbe il caso di pensare a riproporre una riedizione della Biennale del dissenso che affronti questi temi e chiedendolo in particolare ai Sindaci di Venezia (da cui partì l’iniziativa) e di Firenze che quasi 50 anni fa organizzarono quella Biennale?
Nei panni di Nardella imiterei subito l’esempio di Elio Gabbuggiani che senza tanto clamore offrì agli intellettuali dissidenti russi uno spazio per affermare le loro idee con dignità e spessore culturale. Il punto è la ricerca di un equilibrio, non assumere iniziative estemporanee che come Trump ha ampiamente dimostrato fanno il gioco dei falchi di Pechino. Non mi è piaciuta l’empatia – almeno apparente – tra Di Maio e Pompeo. Firenze potrebbe giocare un ruolo insieme ad altre città del mondo e sarebbe grave che nel recente accordo tra Conte e Dario Nardella non ci fosse spazio per questo tema.
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